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L'agguato a Giostra per contrasti nel clan, Cuscinà salvo grazie ad una pistola inceppata

È l’agguato armato avvenuto a Giostra il 25 agosto di un anno fa, il punto di partenza dell’operazione che ha portato, all’alba di oggi, all’arresto da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Messina di Giuseppe Cutè, 39 anni, e Paolo Gatto, 22 anni.

I due sono accusati, in concorso tra loro, del tentato omicidio di Francesco Cuscinà, pregiudicato di 64 anni (alle sue spalle 25 anni di carcere già scontati). Quel giorno Cutè e Gatto - rispettivamente nipote e figlio di Puccio Gatto, storico boss di Giostra attualmente al 41 bis - si incontrarono per premeditare l’omicidio di Cuscinà e alle 8.45, a bordo di uno scooter, raggiunsero la vittima che si trovava in sosta, anche lui col proprio scooter, lungo la careggiata mare-monte del viale Giostra, di fronte al bar Micali. Un piano nato per contrasti interni al clan.

Si affiancarono al 64enne ed esplosero alcuni colpi d’arma da fuoco, colpendo il bersaglio alla testa, all’addome e al braccio. La pistola però si inceppò, ne scaturì anche una colluttazione, quindi la fuga dei due. Cuscinà riuscì a recarsi prima al punto territoriale di emergenza di Messina Nord e poi all’ospedale Piemonte.

Le indagini dei carabinieri sono partite dall’interrogatorio di Cuscinà, dimostratosi però fin da subito non collaborativo. I militari dell’Arma sono riusciti comunque a ricostruire i fatti, grazie anche alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, Giuseppe Minardi, fin dai primi anni ‘90 addentro al clan mafioso di Giostra capeggiato da Luigi Galli, anche lui al 41bis. Durante le indagini è emersa anche l’attribuzione fittizia ad un prestanome della titolarità di un cento scommesse a Villa Lina, nel cuore di Giostra, di fatto gestito da Cutè ma intestato ad una 20enne incensurata. Il negozio, recentemente chiuso, è stato sottoposto a sequestro preventivo.

Paolo Gatto, invece, è stato individuato come responsabile di una rapina a mano armata perpetrata a gennaio scorso, ai danni di una stazione di carburante sul viale Giostra: sotto la minaccia di un coltello, puntato alla folla e al ventre del benzinaio, il 22enne si era fatto consegnare l’incasso della giornata (circa 500 euro). Particolare importante: la stazione di carburante era di proprietà della famiglia Irrera, da sempre in rapporti di “rispetto” coi Gatto. Dall’inchiesta è emerso, come riporta il gip nell’ordinanza, “il clima di omertà e reticenza che ha contrassegnato l’intera vicenda, quale traspare dalla renitenza della stessa vittima a fornire agli inquirenti elementi utili per lo svolgimento delle indagini, renitenza spintasi fino alla rappresentazione dei fatti in modo totalmente diverso rispetto al loro effettivo svolgimento”.

Un quadro da cui emerge “l’allarmante caratura criminale degli indagati”. Come sottolineato dal procuratore aggiunto Rosa Raffa, “è chiaro il consolidamento di cliché mafiosi, così come l’esecuzioni di azioni che vanno oltre ogni regola di convivenza civile”, come emerso anche dai colloqui tra Paolo Gatto e la madre, che dimostrava riprovazione nei confronti delle azioni del figlio. “L’estorsione ai danni del distributore di benzina dimostra come siano saltati tutti i punti di riferimento delle consuete dinamiche mafiose”. Ed i movimenti interni alle dinamiche del clan di Giostra, che mantengono sempre alto il livello d’allerta tra le forze dell’ordine.

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