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Messina, la sparatoria e poi la pace in trattoria: i retroscena dell'agguato di Giostra a Cuscinà

Paolo Gatto

Paolo Gatto e Peppe Cutè sono cugini. Agiscono insieme, quella mattina. E insieme vanno via, a bordo di uno scooter, dal luogo dell’agguato. Ma da quel momento i percorsi che i due (arrestati ieri per il tentato omicidio di Francesco Cuscinà, fallito a Giostra nell'agosto scorso) intraprendono nella “gestione” di quello che è un omicidio mancato, per via dell’inceppamento della pistola, sono profondamente diversi.

«Due comportamenti opposti – spiega Paolo De Alescandris, comandante della compagnia Messina centro dei carabinieri –. Da una parte abbiamo la madre di Gatto, che cerca di tutelare il ragazzo e gli consiglia di recarsi fuori provincia, anche per l’irruenza del ragazzo. Dall’altra abbiamo Cutè, un 39enne sicuramente più maturo, che ha cercato di avere una mediazione con la vittima e c’è riuscito affinché la situazione non degenerasse ulteriormente».

Il 28 agosto, tre giorni dopo l’agguato - si legge sulla Gazzetta del Sud in edicola -, la squadra Mobile della polizia “registra” un summit avvenuto in una trattoria del centro, a largo Seggiola. Attorno al tavolo ci sono, insieme a Cutè e a Cuscinà, il figlio di quest’ultimo e alcuni intermediari, cioè i tre collaboratori di giustizia Nicola Galletta, Pietropaolo Pasquale e Salvatore Bonaffini.

«Dovevano aggiustare un cosa», spiegherà poi Pietropaolo al telefono con lo zio. C’è anche un nome in codice: «Eravamo lì per il fatto di “Gorbaciov”». Pietropaolo rivela pure l’origine dell’attentato: «Alla fine tutto è successo per una c...ata, quello l’ha chiamato per dirgli due parole, l’altro gli ha detto “tu mi fai il malandrino a me” e quello è andato subito».

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