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Colletti bianchi arrestati a Messina, il giudice: "Sistema di corruzione consolidato" - Nomi e foto

Era un «sistema di corruzione consolidato, che coinvolge, a vario titolo, soggetti che operano sia nel settore pubblico sia nel settore privato». È questa la definizione dell'intera inchiesta da parte del gip Maria Militello, che ha siglato l'ordinanza di custodia cautelare dell'operazione “Ottavo cerchio”.

Non a caso la Mobile ha preso spunto dall'iconografia dantesca, delle infernali bolgie dei fraudolenti e dei ladri, nel monumentale sottoscala letterario dell'Inferno rapportato alla desolante quotidianità. Al centro le “care e vecchie” mazzette che non passano mai di moda come scorciatoie per ottenere incarichi e appalti pubblici o privati.

E nello spiegare le esigenze cautelari che hanno portato alle misure restrittive il gip afferma che «... la gravità ed attualità delle condotte contestate rende oltremodo concreto il pericolo di reiterazione di condotte analoghe, tenuto conto che ciascun indagato, a vario titolo, ha strumentalizzato la posizione ricoperta». Poi il magistrato analizza le singole posizioni.

Antonino Bonaffini “Ninetta” «... non si è fatto alcuno scrupolo a strumentalizzare i suoi impiegati e uomini di fiducia per continuare a gestire la pescheria e un cospicuo conto corrente per sottrarre i beni ad azioni ablatorie», e «... il perseverare nella condotta delittuosa mostra, con tutta evidenza, come l'indagato abbia ormai acquisito una perseveranza e professionalità nel delinquere che difficilmente potrà essere sradicata».

Marcello Tavilla «... ha preso di mira il settore degli appalti pubblici e senza alcuno scrupolo ha intessuto rapporti corruttivi con diversi funzionari pubblici ottenendo la disponibilità di imprenditori accondiscendenti. Lo stesso, peraltro, pur di accaparrare denaro è stato il prestanome di Bonaffini nell'intestazione della società e del conto corrente e si è prodigato con Parialò, facendo assumere in una delle sue imprese una persona a lui vicina per cercare di essere messo in contatto con addetti al tribunale che potevano fare ottenere a persone a lui vicine l'incarco di amministratore di condominio ed ottenere conseguentemente i lavori di manutenzione degli ascensori e per ottenere informazioni segrete presso la Procura della Repubblica di Messina».

L'imprenditore Giuseppe Micali sarebbe «... artefice di plurime fattispecie corruttive», e i suoi «plurimi contatti e il ruolo preminente dallo stesso svolto nelle vicende corruttive nei confronti di Teresi e del Frigione mostrano, con tutta evidenza, come la misura degli arresti domiciliari anche con forme di controllo a distanza sia inadeguata a fronteggiare il pericolo di reiterazione delittuosa. Le diverse fattispecie delittuose - prosegue il gip -, in cui il Micali risulta coinvolto in un arco temporale circoscritto testimoniano come l'indagato abbia acquisito una professionalità nel delinquere frutto di una dedizione all'attività delittuosa».

Il gip Militello poi esamina le posizioni di Felice D'Agostino, Giancarlo Teresi, Giuseppe Frigione, Giorgio Muscolino, e poi di Giorgio Francalanza, Pietro Ferrante e Cinzia Fiorentino. E scrive che «... la misura degli arresti domiciliari in forma aggravata appare idonea a scongiurare il pericolo di reiterazione delittuosa. Una misura meno gravosa, quale la misura interdittiva, appare del tutto inadeguata, in quanto gli indagati, nelle rispettive qualità, non si sono fatti alcuno scrupolo a piegare la funzione ricoperta per ottenere dei benefici economici. Analoghe considerazioni valgono per l'indagata Fiorentino, che ha coadiuvato costantemente Tavilla nella pianificazione di tutte le attività delittuose».

L'ultima figura che il gip esamina è quella dell'autista giudiziario Angelo Parialò, e scrive che «...lo stesso ha strumentalizzato il ruolo ricoperto all'interno dell'Ufficio di Procura, gli incarichi che gli sono stati conferiti di volta in volta e la conoscenza con alcuni operatori all'interno degli Uffici di Procura per ottenere favori personali da parte del Tavilla, di cui conosceva lo spessore criminale, avendogli peraltro, rivelato notizie di un procedimento in cui erano in corso indagini».

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