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"Molto rumore per nulla" a Messina: tragico e comico, l’amore muove tutto

L’opera di Shakespeare, prodotta dal Teatro di Messina, segna il ritorno del grande pubblico

“Molto Rumore per nulla” è una delle opere di William Shakespeare più rappresentate al mondo e metterla in scena a Messina è stato un atto giusto e bello, perché questa celeberrima commedia è ambientata proprio nella nostra città. Messina, con il suo Stretto, è stata sempre un topos letterario, un luogo di mitopoiesi; ambito geografico e simbolico, citato, descritto, cantato da tanti autori come Omero, Ovidio, Boccaccio, Moliere, Cervantes, Schiller, Pascoli, De Amicis, Consolo, D’Arrigo. Venerdì sera, e in replica anche ieri e oggi, è stata rappresentata al Teatro Vittorio Emanuele la prima dell’opera del Bardo, di fronte ad un pubblico traboccante in presenze e partecipazione.
Sembrava un miraggio, un teatro nel teatro, vedere un così numeroso e attento pubblico, un colpo d’occhio e di ossigeno. La costruzione meticolosa della coraggiosa produzione del Teatro e la lunga preparazione di un anno con supervisione di Simona Celi, direttrice artistica della Prosa, si è vista tutta nello spettacolo, andato in scena con la sapiente regia di Gianpiero Cicciò, che ha curato anche la traduzione e l’adattamento. La sua direzione ha saputo valorizzare tutti gli aspetti tragicomici del testo drammaturgico e fare sintesi in quel complesso caleidoscopio di temi, piani narrativi, vicende contenuti in questa mirabile scrittura teatrale e perfetta macchina scenica.

Il regista ha dato peso e fisionomia anche ad un personaggio particolare, in scena all’apertura del sipario, Carruba, interpretato magistralmente da Luca Fiorino. Carruba, una figura semplice, tanto che si esprimeva a tratti in gergo dialettale, ma in realtà profonda e poetica; uomo ai margini, “ ridicolo”, molto umano, capace di compassione ma anche desideroso di verità; disvela lui i significati dell’opera che è sempre sul labile confine tra vero e falso e, come dice il titolo, strutturata sulle sabbie mobili delle dicerie, maldicenze, il rumore del detto e non detto, che forma una realtà fittizia e vacua, senza consistenza, ma capace subdolamente di incidere sul destino di tanti. È una voce narrante quella di Carruba, suggeritore di senso ma anche personaggio che interviene nella trama con pochi, ma decisivi atti. Nella trama notissima di “Much Ado About Nothing”, si sviluppano sostanzialmente le vicende parallele di due coppie, quella di Claudio e Ero e quella di Benedetto e Beatrice. I personaggi maschili sono due cavalieri al seguito di Don Pedro D’Aragona che, reduce vittorioso da una battaglia, viene ospitato a Messina in casa del governatore Leonato. padre di Ero e zio di Beatrice (interpretata brillantemente da Federica De Cola). Ero e Claudio scoprono un sentimento che sembra destinato a durare e invece si sgretolerà di fronte al sabotaggio, intessuto con veleni, allusioni, calunnie, menzogne, insinuazioni, sospetti, del fratellastro di don Pedro, il cupo e rancoroso Don Juan (interprete, la bravissima Adele Tirante). Piano che verrà recuperato grazie all’intervento di Leonato ( interpretato da uno strepitoso Daniele Gonciaruk) che, dal personaggio iniziale di “cicisbeo”, servile verso il principe, si dimostrerà padre protettivo e giusto; di frate Francesco che ha sguardo illuminato sulla triste vicenda; di tutti gli amici ( come Benedetto) disposti a duellare per salvare la reputazione infangata di Ero e dare giustizia ad un’ innocente.

L’altra coppia è quella di Benedetto (intrepretato con scioltezza e grande pathos da Eugenio Papalia), un impenitente scapolo“ meravigliosamente scapolo” , allergico alla monogamia e Beatrice, cinica, bisbetica indomabile: «Preferisco ascoltare un cane che abbaia a una cornacchia, che un uomo e i suoi spergiuri d’amore». I due sono legati da uno strano rapporto fatto di schermaglie, dispetti, dialettica violenta, battute pungenti, che mascherano orgoglio e attrazione fatale; le resistenze si sgretoleranno e cederanno, loro malgrado, all’amore. Amore che vince e ricompone, in un clima di festa per le doppie nozze, celebrate alla fine, malgrado gli interventi dei due principi, Don Pedro che costruisce e agevola e don Juan che demolisce. Ma c’è un lieto fine e il bene prevale: Don Juan, che era fuggito da Messina, viene preso e messo nel sacco da Carruba, dalle mani cioè della purezza.

Nel labirinto di fatti e misfatti delineati da Shakespeare, che solo in apparenza sono facili da rappresentare e da narrare, emergono i due nodi e significati dell’opera. Il primo è quello della parola, parola che inganna, confonde, distorce la realtà; parola che fa rumore, echeggiando realtà apparenti, effimere, fittizie, artificiose, aumentando l’illusione delle cose, come fa la Fata Morgana, felicemente evocata nello spettacolo; parola violenta e mistificatrice che si fa diceria, calunnia, che seppellisce e uccide e veicola la verità distorta del potere e del tornaconto. Le parole che condizionano gli uomini volubili e influenzabili, «le parole non bastano, tradiscono, generano confusione», ma che poi rivelano la verità che dà credito al cuore, che rimescolano le carte e scrivono il finale.

L’altro tema dell’opera, ben evidenziato dalla lettura di Cicciò, è l’amore che, se attraversa passaggi stretti, «è nell’amore tanta sofferenza», alla fine rivela l’essenza e l’umanità delle persone. L’amore concepito come follia, irrazionalità benefica, come malattia, lacerazione della ragione così come affiora in modo spassoso dai vivaci dialoghi fra Benedetto e Beatrice. È potente la vis comica di “Molto rumore per nulla”, che è stata amata immediatamente dal pubblico di ieri come quello di oggi. In scena qui a Messina c’è uno straordinario cast di attori con un percorso di formazione e di lavoro veramente solido, di alto livello, con interpreti, alcuni giovani anagraficamente ma consolidati e presenti nel panorama nazionale nei vari ambiti, da quello teatrale, televisivo a quello cinematografico, con film, cortometraggi, webserie e altri, molto impegnati in città con rassegne, teatri off, progetti davvero encomiabili.

Tutti bravissimi e molto coinvolti in questa felice produzione messinese, Federica De Cola, Eugenio Papalia, Luca Fiorino, William Caruso, Daniele Gonciaruk, Adele Tirante, Giuseppe De Domenico, Luca Notari, Francesco Bonaccorso, Antonio Fermi, Giulia De Luca, Mariapia Rizzo, Cristina La Gioia. Magnifici i contributi degli altri comparti: le musiche di Dino Scuderi che ha selezionato brani del repertorio classico accostati a suggestivi brani originali da lui firmati, come quello efficacemente interpretato dalla bella voce di Luca Notari; il poetico disegno luci di Lorenzo Tropea e le videoproduzioni di Giovanni Bombaci che hanno guidato gli attori e definito lo spazio in modo particolarmente suggestivo, creando, sulla rigorosa e fissa struttura scenica, un dinamismo luminoso con i fondali che mutano grazie ad immagini animate in videomapping. Impeccabili i movimenti di scena curati da Sarah Lanza, eseguiti dagli attori con grande leggiadria.

La commedia scorre fluida e piena di un ritmo straordinario! Gli elementi scenografici curati sapientemente da Francesca Cannavò, sono definiti da un modulo unitario ed elegante che dà solennità alla scena, con un’ architettura che allunga e innalza lo spazio e che annulla la necessità di arredi che puntellino il palcoscenico, perché i suoi anfratti e scalini sono spazio duttile per i movimenti dei personaggi, che ora si accovacciano per origliare senza essere visti, ora sfrecciano in corsa o si attardano in angoli per i baci da innamorati. Anche i costumi (realizzati dalla sartoria Pipi di Palermo) sono essenziali: le belle divise per gli uomini, i vestiti bianchi dal tessuti impalpabili per le donne, il semplice saio per il frate, gli stracci per Carruba. Non ci sono attributi del potere: nessuna spada, corona, trono. Solo nella scena del ballo si aggiungono maschere dorate di elegante fattura e bei collari rossi . Lo spettacolo ha come direttore dell’allestimento Nulli Piperopoulos, assistente alla regia Antonio Previti, fonico Alessandro Innaro, referente luci Walter Macrì, direttore di scena Nunzio Laganà.

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