A Messina, nel corso della notte, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato hanno eseguito un’operazione antimafia congiunta che ha portato all’arresto di 31 persone e al sequestro di beni, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip presso il Tribunale di Messina, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina, per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, sequestro di persona, scambio elettorale politico-mafioso, lesioni aggravate, detenzione e porto illegale di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso.
L’operazione, tuttora in corso, è il risultato di autonome e convergenti indagini del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Messina, del G.I.C.O. del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina e della Squadra Mobile della Questura di Messina che hanno consentito di documentare l’attuale operatività dei sodalizi mafiosi operanti nella zona centro della città dello Stretto, nel settore delle estorsioni in danno di esercizi commerciali, del traffico di stupefacenti e del controllo di attività economiche nel campo della ristorazione, del gioco e delle scommesse su eventi sportivi.
La consorteria mafiosa
In particolare, le indagini dei Carabinieri di Messina hanno riguardato la consorteria mafiosa egemone nel rione messinese di “Provinciale” capeggiata dal noto esponente mafioso Giovanni Lo Duca, attiva, fra l’altro, nelle estorsioni in danno di esercizi commerciali e nel traffico di sostanze stupefacenti e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica dell’associazione mafiosa. Le indagini della Guardia di Finanza di Messina hanno riguardato le attività del gruppo criminale capeggiato da Salvatore Sparacio, operante nel rione “Fondo Pugliatti”, documentando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa operante nel settore del gioco e delle scommesse. Le indagini della Questura di Messina hanno riguardato il sodalizio mafioso capeggiato da Giovanni De Luca, attivo nel rione di “Maregrosso” nel controllo della sicurezza ai locali notturni e nel traffico di sostanze stupefacenti, sodalizio già oggetto dell’indagine “Flower” conclusa nell’ottobre 2019.
Il ruolo di Lo Duca
È stato in carcere per 13 anni, alcuni dei quali al 41 bis, e appena scarcerato è tornato alla guida del clan. Oggi Giovanni Lo Duca, boss di Messina, è tornato in cella arrestato da Carabinieri, Finanza e Polizia coordinati dalla Dda della città dello Stretto.
Le indagini, avviate dopo la scarcerazione di Lo Duca, hanno accertato che il capomafia aveva riassunto le redini dell’organizzazione ed era riconosciuto come punto di riferimento criminale sul territorio, intervenendo “autorevolmente” nella risoluzione di controversie fra esponenti della criminalità. Dopo quasi due anni di intercettazioni e servizi di osservazione, i carabinieri hanno documentato come il suo clan, attraverso il sistematico ricorso alle minacce e alla violenza, con pestaggi e spedizioni punitive, era riuscito ad affermare il pieno potere e a controllare le attività economiche della zona.
La base operativa
Base operativa era il bar “Pino” gestito da Anna Lo Duca, sorella del capomafia che trascorreva le sue giornate nel locale e lì incontrava gli altri esponenti mafiosi per pianificare estorsioni e scommesse sportive anche per conto di un allibratore straniero. Il bar è stato sequestrato. Il boss gestiva le “vertenze” sul territorio (una donna si era rivolta a lui per far rilasciare figlio minorenne che era stato trattenuto contro la sua volontà da un pregiudicato che lo voleva punire per gli insulti postati su Facebook). Lo Duca sarebbe intervenuto ottenendo la liberazione del ragazzo.
Le scommesse
Nella sala giochi «Asd biliardi Sud», nella zona sud di Messina, controllata da Salvatore Sparacio, uno dei capi clan arrestati oggi a Messina nell’operazione antimafia «Provinciale», si tenevano veri e propri summit mafiosi e si praticava il gioco d’azzardo, attraverso personal computer collegati a piattaforme di scommesse on-line con sede all’estero, imponendo l’utilizzo delle medesime piattaforme software e delle stesse video slot ai vari gestori locali.
Il 46enne, nipote dello storico boss Luigi, poi divenuto collaboratore di giustizia, svolgeva i suoi affari in accordo con il boss Giovanni Lo Duca e poteva vantare consolidati rapporti con dirigenti maltesi del settore, tanto da spuntare provvigioni del ben il 40% sugli incassi delle scommesse. Proprio tale altissima remuneratività costituiva la ragione per cui Lo Duca e altri, come il gruppo Santapaola, individuassero in Sparacio la testa di ponte per accedere a tale settore: noti marchi di scommesse abbiano avuto accesso al territorio messinese proprio perchè introdotti dal boss di Fondo Pugliatti.In carcere: (21)
Giovanni Lo Duca, 49 anni
Giovanni De Luca, 32 anni
Emmanuele Balsamo, 39 anni
Ugo Ciampi, 40 anni
Tyron De Francesco, 24 anni
Vincenzo Gangemi, 46 anni
Anna Lo Duca, 47 anni
Francesco Puleo, 52 anni
Maria Puleo, 41 anni
Giovanni Tortorella, 51 anni
Salvatore Sparacio, 46 anni
Domenico Romano, 38 anni
Ernesto Paone, 25 anni
Giuseppe Marra, 32 anni
Mohamed Naji, 22 anni
Emanuele Laganà, 40 anni
Domenico Mazzitello, 27 anni
Kevin Schepis, 23 anni
Giuseppe Esposito, 28 enne
Mario Orlando, 40 anni
Giuseppe Surace, 35 anni
Arresti domiciliari (10)
Mario Alibrandi, 47 anni
Antonio Scavuzzo, 47 anni
Francesco Sollima, 51 anni
Antonino Summa, 79 enne
Natalino Summa, 51 enne
Carlo Cafarella, 40 anni
Letterio Cuscinà, 43enne
Gabriella De Luca, 23 enne
Serena Ieni, 32 anni
Antonino Soffli, 43 enne
Per due indagati è stato disposto invece l'obbligo di firma, si tratta di Gaetano Vinci e Antonina Cariolo.
Ci sono poi altri cinque indagati per i quali il gip non ha ritenuto di emettere misure cautelari: Salvatore Lo Duca, Giovanni Mancuso, Marialuisa Mattei, Roberto Mazzitello e Stefania Sparacio.
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