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L'addio di Dafne Musolino e le parole di Gallo: De Luca prova ad arginare la crisi

L’ex sindaco: «I due parlamentari eletti solo perché la gente ha votato me». Quindi gli attacchi a Renzi e le accuse di sessismo da Iv: volano gli stracci

L’addio di Dafne Musolino, sfociato nel passaggio in Italia Viva alla corte di Matteo Renzi, non è un fulmine a ciel sereno, perché sereno, il cielo di Sud chiama Nord, non lo era da tempo. Non lo era per la stessa Musolino in primis, ma nemmeno per l’altro parlamentare della creatura politica di Cateno De Luca, il deputato Francesco Gallo. E al di là delle smentite di rito, non è affatto scontata la permanenza di quest’ultimo tra le fila deluchiane. Anzi, c’è chi è convinto che dopo le elezioni di Monza, ennesima competizione nella quale l’ex sindaco di Messina e attuale primo cittadino di Taormina ha deciso di misurarsi, possano esserci altri movimenti.

Le parole di Gallo

Lo ha detto lo stesso Gallo: «Che dovessimo chiarire qualcosa all’interno del nostro partito lo sapevamo, ma ci eravamo detti di confrontarci dopo le elezioni di Monza». Ma Gallo ha detto anche altro: «Potevo capire che scegliesse di andare con la maggioranza, invece resta all’opposizione». Come se un passaggio alla maggioranza, insomma, fosse (o è ancora, per chi è rimasto) un’opzione. E poi la frase che non è piaciuta affatto a Cateno De Luca: la scelta di Dafne Musolino «rientra comunque nelle prerogative di ogni parlamentare».
De Luca ieri mattina è tornato a farsi sentire, dal suo quartier generale di Monza (dove nel pomeriggio lo hanno raggiunto alcuni dei suoi fedelissimi da Messina): «Come si può dire che è una prerogativa del parlamentare cambiare partire? Come si può dire che è una prerogativa tradire il proprio elettorato?». De Luca ha voluto mettere i puntini sulle “i”: «Francesco Gallo e Dafne Musolino sono stati eletti con il nome in grande “De Luca”. Gli elettori hanno votato De Luca». Gallo e Musolino, insieme.

«Putt... politica»

Quindi il leader di Sud chiama Nord ha rivelato un retroscena dal quale è nata la polemica del giorno: «Sai cosa ha detto Renzi di te, cara Dafne, al tavolo del Bernini (il tavolo del Centro, con Letizia Moratti e Beppe Fioroni, al quale avrebbe dovuto partecipare lo stesso De Luca, ndr)? Ha detto che se non ti avesse preso lui ti avrebbe preso Calenda, perché sei alla ricerca di visibilità. Tutto si può fare nella vita, ma passare per putt... politica no... Vedi in quale ambiente sei finita?».


Ed ecco il diluvio di polemiche, a partire dalla coordinatrice nazionale di Italia Viva, Raffaella Paita: «“Sculettatrice”, “putt... politica”: Cateno De Luca usa il sessismo e gli insulti per attaccare Italia Viva e le sue parlamentari Boschi e Musolino». Paita ha pure preannunciato una denuncia. Si è accodato Carlo Calenda, leader di Azione: «La nostra solidarietà a Dafne Musolino per gli insulti ricevuti. Inammissibile chiamare “putt... politica” chi decide liberamente come esercitare il proprio mandato elettorale. Inammissibile questo linguaggio verso una donna, senatrice o cittadina privata».
Ha detto la sua anche la forzista Matilde Siracusano, parlamentare messinese che in passato è stata oggetto di duri attacchi proprio da parte di De Luca: «Sincera solidarietà a Dafne Musolino e a Maria Elena Boschi, vittime di vili attacchi sessisti da parte di Cateno De Luca. La storia si ripete, ed io purtroppo ne so qualcosa. Il leader di Sud chiama Nord non è nuovo a queste intemperanze verbali. Il suo ormai è quasi un metodo. Evidentemente l’ingiuria, la violenza linguistica e il machismo sono componenti ordinarie della sua comunicazione, con l’aggravante dell’utilizzo di una strategia subdola, con la quale tenta di spacciare i suoi insulti sessisti come interpretazione di pensieri altrui, minacciando denunce e querele contro chi legittimamente si ribella alle sue parole. Invece di alternare pianti e urla, De Luca rifletta sul perché le donne e gli uomini a lui più vicini lo abbandonano strada facendo».

Renzi: «Tempo galantuomo»

In realtà Maria Elena Boschi non era mai stata citata da De Luca, che ha respinto le accuse di sessismo, spiegando che “putt... politica” non fosse un insulto, ma la metafora di un approccio, quello di Renzi nei confronti della senatrice Musolino. Renzi, da par suo, non ha fatto una piega: «Da ieri fa parte della comunità di Italia Viva una bravissima senatrice che si chiama Dafne Musolino – ha detto –. Avvocato, è una tra le parlamentari più apprezzate quando parla in Aula. E non solo. Sono felice di dimostrare ogni settimana che Italia Viva continua ad allargarsi. Con buona pace di chi vorrebbe vedere la nostra scomparsa politica e non si accorge che ogni giorno cresciamo. Come per le diffamazioni, il tempo è galantuomo».

Frizioni non nuove

Chissà se qualcuno ricorderà la punta dell’aprile scorso de “L’aria che tira”, il talk di La7 condotto da Myrta Merlino, in cui lo stesso De Luca, alla domanda se Renzi (proprio lui) avesse fatto una telefonata a Dafne Musolino, aveva risposto così: «Dafne non risponde al telefono a nessuno se non chiede il permesso a me, da buoni siciliani». Una frase che non piacque a tanti, nemmeno alla diretta interessata. Ma le frizioni, o comunque le prime divergenze di vedute, partono da lontano. Non passarono inosservate, ad esempio, le parole di vicinanza scritte da Musolino nei confronti di Carlotta Previti, all’indomani delle dimissioni di quest’ultima dalla giunta Basile e, quindi, dell’addio al progetto De Luca.
Fa specie, oggi, osservare come proprio le due assessore di punta dell’allora giunta De Luca, Dafne Musolino e Carlotta Previti, quest’ultima a lungo indicata come possibile candidata sindaca, prima che la scelta ricadesse su Federico Basile, oggi abbiano scelto altre strade. Musolino con Renzi, mentre Previti collabora con la meloniana Elvira Amata. Il segno di come e quanto, in questi anni, siano cambiate molte cose dentro la squadra deluchiana. Quel «qualcosa da chiarire all’interno del nostro partito» di cui ha parlato Gallo non è qualcosa di isolato. Per primo De Luca, a conclusione delle elezioni regionali, aveva lanciato duri messaggi ai suoi. E il fatto che in meno di un anno l’amministrazione Basile abbia perso la maggioranza nel consiglio comunale di Messina è stato un altro segnale concepito, da qualcuno, come un campanello d’allarme.

I fedelissimi di oggi

Oggi la galassia De Luca ha degli uomini chiave attorno ai quali ruota il progetto: i fedelissimi di sempre, Danilo Lo Giudice e Pippo Lombardo, e poi Salvo Puccio, vera longa manus di De Luca dentro Palazzo Zanca, e Roberto Cicala. Il vicesindaco Salvatore Mondello è un’altra figura centrale, che però ha sempre voluto rimarcare il suo ruolo tecnico, più di quello politico. Dafne Musolino e Francesco Gallo erano due di quelle figure chiave, soprattutto la prima, da sempre tenuta in grandissima considerazione da De Luca, che per questo ha digerito ancora meno di aver subito ciò di cui lui, più volte, è stato maestro, seppur in altri palcoscenici: lo “scippo” con cambio di casacca.
Il rischio concreto è che, chiusa la parentesi (non da tutti apprezzata, dentro il partito, anche se nessuno lo ammetterà mai) delle elezioni brianzole, De Luca si ritrovi senza i due parlamentari nazionali che rappresentavano non solo il simbolo di una vera impresa elettorale, ma anche un presidio politico nella Capitale senza il quale il peso specifico, a certi tavoli, è destinato a calare. E nel pieno della lunga vigilia delle Europee, Cateno De Luca sa di non poterselo permettere.

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