Dimissioni che diventeranno irrevocabili il 16 ottobre. Parole durissime rivolte a chi ha gestito il Comune negli anni passati (“è stato criminale non dichiarare il dissesto”) e soprattutto un nuovo, quasi definitivo appello al consiglio comunale: il sindaco Cateno De Luca, in quasi tre ore di intervento durante il quale ha illustrato la relazione di inizio mandato, chiede un patto. Il patto sul Salva Messina. Propone di annullare la riunione a porte chiuse prevista per domani, vista la preannunciata assenza del M5S, ma chiede un tour de force per arrivare ad una posizione univoca su quanto fare nei prossimi anni.
“Non fidatevi di me - è stato il messaggio chiave - non vi chiedo di farlo. Ma ci sono dei tempi. Entro il 25 novembre dobbiamo decidere cosa fare del piano di riequilibrio e se ci sono le condizioni per evitare il dissesto. E dobbiamo metterci d’accordo su questo, perché sta parlando un sindaco dimissionario. Ci vuole un altro grande segno di discontinuità. Come io dico non fidatevi di me, io non mi fido di voi. Non me ne vogliate, io ho iniziato a capire certi collegamenti. Lo so che questo documento rischia di urtare la suscettibilità di ognuno di voi, o per un pezzo o per un altro. Uno dirà no perché l’Atm non va toccata, un altro dirà no perché l’università non va toccata, un altro perché i servizi sociali devono andare avanti con questa logica criminogena. Ognuno di voi ha più motivi per dirmi più no che sì. Ecco perché non mi fido. Io ho bisogno che questo consiglio comunale mi dica immediatamente e individui con me quali passi compiere. Avete azioni migliori delle mie da suggerire? Non ho la pretesa dell’esaustività delle considerazioni. Dover fare delle scelte non è facile perché dietro quelle scelte ci saranno drammi. Da sindaco però devo salvare la città e rilanciarla. E dobbiamo farlo insieme”.
Quindi la nuova scadenza: “Per dare più tempo al consiglio chiarisco che le mie dimissioni saranno irrevocabili il 16 ottobre. Entro lunedì 15 dobbiamo chiudere la partita. Per me possiamo aprire una seduta permanente, ogni giorno in aula. Fate voi, siete sovrani. Il destino della città lo dobbiamo decidere noi. E dobbiamo parlare la stessa lingua, anche fuori dal Palazzo. Su questi tema non mi faccio lapidare, se non c’è unanimità di tutti i gruppi su questa operazione, non si può fare. Vi ringrazio per avermi sopportato, ora vi chiedo lo sforzo finale”.
A fine seduta, dopo un breve dibattito con l’Aula, il dietrofront sulla riunione di domani. Si farà, ma a porte aperte (mentre viene rinviato di una settimana il comizio previsto in piazza): “Non ho problemi a fare una riunione a porte aperte - ha detto il sindaco - non avrò imbarazzi di alcuna natura, più nomi e cognomi di quelli che ho fatto... La riunione di domani volete farla? Facciamola, purché sia produttiva”.
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