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La fuga dalle spiagge di Stromboli, il vulcano non concede tregua. Ingv: "Nessun collegamento con le eruzioni dell'Etna"

Quel che possiamo immaginare, talvolta e con diletto - spiegano i vulcanologi, usando metafore provenienti dal Cinema - è che Etna e Stromboli amino duellare

Lo Stromboli è tornato prepotentemente ad “alzare la voce” e lo ha fatto - così come evidenziato dall’ Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia Osservatorio Etneo alle 14 e 08 di ieri, con un evento parossistico ai crateri sommitali ed un susseguente, consistente flusso piroclastico lungo la Sciara del Fuoco che ha dato origine ad una nera e densa colonna eruttiva, alta un centinaio di metri e visibile da tutte le isole dell’arcipelago.

L’evento parossistico - così come riporta Lgs (Laboratorio geofisico sperimentale dell’Università di Firenze, uno dei Centri che monitorano lo Stromboli) - è stato individuato dal sistema di allerta Early-Warning Parossisma con circa 3 minuti di anticipo ed è stato preceduto di circa 50 minuti da un chiaro segnale deformativo che ha permesso di pre-allertare il personale operativo presente al Coa (Centro operativo avanzato), i ricercatori e i tecnici che si trovavano sulle pendici del vulcano per effettuare manutenzione alle varie stazioni di monitoraggio.

Il flusso piroclastico, oltre che in aria, si è anche propagato in mare per decine di metri dalla linea di costa: l’ingresso in acqua ha generato uno tsunami con un’onda di circa 50 centimetri, facendo azionare il sistema di allerta e l’attivazione delle sirene sia sul versante strombolano che su quello ginostrese.

A Stromboli i bagnanti sono stati fatti allontanare dalla spiaggia e, così come i residenti nelle aree limitrofe al mare, indirizzati verso il centro di raccolta antistante la chiesa di San Vincenzo, ubicato in quota “sicurezza tsunami”. Qui, in via precauzionale, sono state distribuite mascherine, per proteggersi dalle esalazioni di gas, e bottiglie d’acqua. Si è registrata qualche scena di panico con protagonista qualche vacanziere, subito, comunque, tranquillizzato.
A chi si trovava in casa, al di fuori dell’area interessata in caso di onda di tsunami, è stato consigliato di restare dentro casa, al riparo dalla ricaduta ceneri. Bloccato, seppure momentaneamente, anche l’accesso ai sentieri che portano a quota cento (Stromboli) e quota novanta (Ginostra): quote, queste, per le quali, ieri, era arrivato il via libera, con ordinanza sindacale, alle escursioni.
Contestualmente nelle isole di Panarea, Lipari, Salina e Vulcano è scattata l’allerta spiagge, ma non ci sono state evacuazioni solo la presenza, sui luoghi, delle forze dell’ordine con il coinvolgimento dei titolari dei lidi e di altre strutture balneari. Allertati anche i tanti mezzi nautici, pubblici e privati, in navigazione, in questo periodo, nel mare eoliano.

L’allarme è, poi, rientrato nel giro di un’ora. Il sindaco di Lipari, Riccardo Gullo, ha raggiunto Stromboli per presiedere una riunione straordinaria del Centro operativo avanzato, dove è stato fatto il punto della situazione e valutate eventuali iniziative da intraprendere. In mattinata, precedentemente all’evento parossistico, come anticipato, vulcanologi e tecnici avevano effettuato tutta una serie di sopralluoghi e verifiche sia sul vulcano che, in mare, ai piedi della Sciara del fuoco.
È stato accertato che prosegue la fuoriuscita di lava dalle due bocche aperte, a quota 485 metri, e che il flusso, ben alimentato, raggiunge il mare: situazione questa che permane anche dopo il parossismo. Si attesta, invece, su un livello medio il segnale sismico che toccato l’apice alle 14 e 08 in coincidenza con l’evento ai crateri sommitali.

Intanto "Stromboli ed Etna non sono direttamente collegati" lo chiarisce l’Ingv rispondendo a chi si chiede se le eruzioni dei due vulcani siciliani negli stessi giorni siano frutto di qualcosa di più che una coincidenza.

Lo Stromboli, spiegano i vulcanologi, è un vulcano alimentato da fusi magmatici legati alla subduzione; l’Etna è invece un vulcano intraplacca. «Dunque, seppur geograficamente abbastanza vicini - sottolinea l’Ingv - sono due vulcani che appartengono a due contesti geodinamici diversi e che solo nei più avanzati modelli geofisici e petrologici risultano condividere alcune deboli affinità chimiche per quel che riguarda i magmi 'primitivì che, talvolta, emettono. Si tratta di affinità riconducibili a quelle porzioni di mantello terrestre le quali, fondendo, danno origine a fusi magmatici che debbono poi risalire da grandi profondità e finire con l’alimentare i due sistemi vulcanici. In altri termini, sono le loro diverse sorgenti nel mantello terrestre che hanno alcune affinità. Per il resto sono vulcani con un loro sistema di alimentazione autonomo già a partire da 10-20 di km di profondità».

Etna e Stromboli sono entrambi vulcani «a condotto aperto», con attività continue se riportate alla lunga lunghissima scala del tempo geologico. «Il fatto che li ricordiamo attivi nello stesso periodo di tempo, come ad esempio gli ultimi 40-50 anni, al massimo un paio di generazioni umane, ci trae quindi in inganno, facendoci pensare a un inesistente collegamento sotterraneo, senza considerare che questi vulcani sono attivi insieme da almeno tre millenni ed è ben noto che a molte eruzioni dell’uno non corrispondono eruzioni dell’altro».

A dirci che si tratta di due vulcani distinti e separati è l’analisi chimica del magma. «L'attuale sistema di alimentazione di Stromboli inizia a circa 12 km di profondità per poi svilupparsi con vari serbatoi fino in superficie. I magmi dell’Etna risalgono invece da circa 30 km con fasi di stazionamento e processi che avvengono in camere magmatiche poste a profondità inferiori. Sulla base di dati sia geofisici che geochimici, è possibile dire che i magmi che arrivano fino alla superficie, per ciascuno dei due vulcani, risalgono attraverso sistemi di alimentazione indipendenti».

«Quel che possiamo immaginare, talvolta e con diletto - spiegano i vulcanologi, usando metafore provenienti dal Cinema - è che Etna e Stromboli amino duellare a distanza come nei più fiammeggianti film western di John Ford, King Vidor e Sam Peckinpah: improvvisamente, un bel giorno d’estate diventano il nostro 'Wild Bunch’, il Mucchio Selvaggio che accende le fantasie nostre e di molti curiosi e reporters sparsi nel mondo. Le loro 'Ombre Rossè si stagliano sul Mar Tirreno o, in contemporanea, sui fuoristrada dei ricercatori Ingv che di notte risalgono «a muntagna», sotto una pioggia fitta di lapilli. E’ la nostra indole di umani fantasiosi che ci porta a dire: ' allora questi due sparano insieme!' E così è successo ancora, nella luce accecante e l’aria rovente di questi primi giorni di luglio».

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