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Messina, la tragica morte di Michele Lanfranchi: indagato per omicidio il proprietario della casa

Era da una settimana che Michele Lanfranchi se ne andava in giro al rione Giostra con quella pistola in tasca, una 7.65 comprata non si sa dove e da chi. A detta degli amici e dei conoscenti, nelle ultime 48 ore ne sono stai sentiti parecchi dagli investigatori della Mobile come “persone informate sui fatti”, avrebbe avuto in testa di farla pagare a qualcuno non si capisce bene come e perché. Forse un banale diverbio o qualcosa di più che a quanto pare per l’operaio diciannovenne s’era trasformato molto presto in una tristemente classica “questione d’onore”.

Intanto l’inchiesta, che è gestita dalla pm Liliana Todaro, una che le dinamiche del rione Giostra le conosce molto bene, con il coordinamento dell’aggiunto Vito Di Giorgio, va avanti. E proprio ieri la sostituta procuratrice ha iscritto nel registro degli indagati come atto dovuto con l’ipotesi di omicidio il proprietario dell’abitazione dove è accaduto tutto, il quarantenne Giovanni Laganà, anche a sua tutela per le fasi future dell’indagine. Su Laganà, su cui allo stato non è stata richiesta alcuna misura, così come su un’altra serie di persone e testimoni che hanno assistito alla tragedia più che altro nelle fasi successive, gli uomini della Mobile hanno effettuato l’esame stub per verificare la classica presenza delle particelle di contaminazione quando si maneggia un’arma. Sarà fondamentale l’esito per capire.

Un punto fermo delle indagini è comunque che la tragedia di sabato scorso è avvenuta nell’abitazione di Laganà e poi il corpo del povero Lanfranchi è stato preso di peso e trasferito fuori, in strada, nella via Michelangelo Rizzo, una stradina laterale che incrocia via Palermo da un lato e il viale Giostra dall’altro.

Lanfranchi, un particolare di non poco conto, a quanto pare aveva ancora in mano la pistola da cui è partito il colpo. Su quel ciglio della stradina del rione Giostra ha trovato la morte per una fatalità o c’è dell’altro? E che rapporti aveva Lanfranchi con la famiglia dei Laganà per trovarsi nella loro casa con una pistola in mano? Sono inquietanti interrogativi che solo le prossime ore d’indagine potranno sciogliere.

L’esame autoptico, l’affidamento al consulente medico avverrà questa mattina a Palazzo di giustizia, insieme alla perizia balistica sulla 7.65, potranno aiutare gli investigatori a capire, sia quanti colpi sono stati effettivamente esplosi, se uno solo come sembra o più, e comprendere la traiettoria seguita dal proiettile che ha colpito a morte il diciannovenne. Proprio la traiettoria del proiettile è un punto fondamentale per capire se si è trattato di un evento tragico ma fortuito oppure se qualcun altro aveva in mano la pistola e per errore - o volontariamente? - , ha esploso un colpo.

Intanto si attendono anche i risultati degli esami di laboratorio sui rilievi eseguiti nell’immediatezza dalla Scientifica e dalla Mobile, sia sulla pistola, ovviamente sequestrata, che sul bossolo. Non ci sarebbero immagini di telecamere di sicurezza che potrebbero avere ripreso qualche dettaglio rilevante in quanto quella strada sarebbe priva di sistemi di videosorveglianza.

La tragedia si è consumata nella tarda serata di sabato scorso. Secondo quanto emerso dalle testimonianze raccolte dagli investigatori della Mobile, quella sera Michele Lanfranchi si era recato in un’abitazione di via Michelangelo Rizzo, in casa dei Laganà e ad un certo punto, forse per un gesto di spavalderia, aveva mostrato l’arma. Mentre stava armeggiando con la pistola all’improvviso, sarebbe partito il colpo che lo ha centrato vicino al collo. A questo punto l’amico Laganà, in casa c’erano anche altre persone, in preda al panico ha cercato di aiutarlo portandolo fuori, in attesa dell’arrivo di un’ambulanza del 118. Il ragazzo, ferito gravemente, si è accasciato in una pozza di sangue sul marciapiede di via Rizzo, dove poi è stato ritrovato. Quando sono arrivati i soccorritori dell’ambulanza per lui però era troppo tardi.

Nella vita di Laganà, molti anni addietro, ci fu un’altra tragedia. Il fratello, il panettiere Giacomo Laganà, venne ucciso nell’ottobre del 1999 a Faro Superiore, nell’androne del complesso “Apeiron”.

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