È all’apparenza più sereno il cielo all’Università di Messina, ma alcune nubi non si diradano. C’è una nuova amministrazione, in procinto di ripartire dall’inaugurazione dell’anno accademico. C’è anche un nuovo clima in Ateneo, una sorta di pax sociale che la comunità universitaria si è imposta dopo la bufera dell’autunno scorso, che ha portato alle dimissioni dell’ex rettore Salvatore Cuzzocrea, e soprattutto dopo le tensioni di anni vissuti nel solco di una continua contrapposizione tra blocchi. Quella contrapposizione sembra essere stata messa da parte, le manovre attorno alle candidature nei dipartimenti lo confermano, ma le tensioni non sono del tutto sparite.
Anzi, nonostante la condivisa necessità di azzerare e ripartire, e nonostante ci sia un’inchiesta giudiziaria in corso per verificare se e cosa ci sia stato di sbagliato in quanto avvenuto attorno ai rimborsi ottenuti dall’ex rettore per i suoi progetti scientifici, proprio su quest’ultimo fronte c’è ancora un capitolo aperto.
A riaprirlo è stato il dipartimento di cui fa parte lo stesso Cuzzocrea, quello in cui l’ex rettore ha svolto gran parte dei suoi progetti scientifici, quello in cui sono emersi i rimborsi finiti al centro della bufera mediatica scoppiata tra settembre e ottobre (oltre 2 milioni di euro): ChiBioFarAm, acronimo che sta per dipartimento di Scienze chimiche, biologiche, farmaceutiche e ambientali. Spuntano, infatti, nuovi rimborsi, per un totale di circa 900 mila euro, tutti autorizzati nella riunione di dipartimento del 29 gennaio scorso. Spese che, però, sono state sospese dall’amministrazione centrale dell’Ateneo, guidata dalla neo rettrice Giovanna Spatari.
Occorre riavvolgere il nastro. Cuzzocrea era responsabile scientifico di diversi progetti, nei quali chiede a settembre (ma poi l’istanza verrà protocollata solo a ottobre) di essere sostituito «per ovvie ragioni di opportunità».
Quando scoppia il caso, emerso dopo i primi esposti presentati dal sindacalista e senatore accademico Paolo Todaro, diverse cose cambiano a Chibiofaram: viene di fatto rimosso il segretario amministrativo del dipartimento e, soprattutto, si dimette il direttore Sebastiano Campagna (nel frattempo si era già dimesso da rettore Cuzzocrea). La magistratura apre un’inchiesta, nel bel mezzo della campagna elettorale per la successione di Cuzzocrea, che viene vinta da Giovanna Spatari, espressione della precedente governance, ma con dichiarati obiettivi di rinnovamento.
A metà gennaio anche il dipartimento di Chibiofaram elegge il suo nuovo vertice: il ruolo di direttrice lo ottiene la prof.ssa Nunziacarla Spanò, già delegata dell’ex rettore per le iniziative scientifiche a tutela dell’ambiente e del patrimonio marino, fedelissima di Cuzzocrea: era stata lei a promuovere una raccolta firme contro l’ex decano, mentre all’Università teneva banco il balletto sulla convocazione delle elezioni (Cuzzocrea era ancora in carica); e sempre lei aveva inviato una lettera aperta alla comunità accademica, auspicando l’assenza di condizionamenti nell’imminente voto per il nuovo rettore.
Una decina di giorni dopo la sua elezione, il 29 gennaio, la prof.ssa Spanò dirige il primo consiglio di dipartimento a Chibiofaram e quel giorno propone di ratificare una lunga serie di decreti di spesa, la maggior parte dei quali (42 su 61) relativi proprio a ricerche di cui responsabile scientifico era (o era stato) Salvatore Cuzzocrea.
Spulciando l’elenco dei decreti di spesa, alcuni aspetti balzano agli occhi. Su tutti, il fatto che molte ditte destinatarie dei pagamenti siano – almeno stando ai relativi siti web – specializzate nell’ambito dell’equitazione. Una vera passione di Cuzzocrea, finita anch’essa al centro della bufera di ottobre, sia per alcune trasferte concomitanti con gare alle quali l’ex rettore aveva partecipato in qualità di cavaliere, sia perché tra le ditte rimborsate nei mesi scorsi (e per altri 20 mila euro pure nell’infornata del 29 gennaio) c’è anche la Divaga srl, società di proprietà dello stesso Cuzzocrea e della moglie, che gestisce il maneggio di riferimento dei Cuzzocrea a Viagrande, nel Catanese.
Alcuni esempi: ci sono oltre 117 mila euro per la Arena Equisport, azienda leader nella costruzione e manutenzione di ippodromi e centri ippici; ci sono 113 mila euro per la Clabel srl, azienda che descrive così la sua mission, creare «soluzioni complete per impianti ippici, scuderie e maneggi»; ci sono quasi 79 mila euro per la Minerali Industriali, ditta di movimento terra di Belpasso, nel Catanese, che propone «la migliore sabbia per equitazione»; e ancora, 103 mila euro alla Textil Europe, ditta specializzata in coperture per lo sport, tensostrutture (anche per l’equitazione).
Ma c’è anche un altro aspetto che spicca: tutti i pagamenti sono sotto soglia, per lo più con affidamento diretto, e nessuno supera i 40 mila euro, e cioè il tetto oltre il quale ogni spesa dovrebbe passare al vaglio anche del Consiglio d’amministrazione dell’Ateneo. Ci si ferma sempre poco prima di quella linea di confine. Un esempio lampante: vengono autorizzati decreti di spesa per un totale di 418 mila euro in favore della ditta individuale Giuseppe Pappalardo (si occupa della manutenzione degli stabulari, luoghi per allevamento di animali), ma si tratta di 11 pagamenti diversi da 38 mila euro ciascuno. Lo stesso vale per tutti gli altri: due decreti da 39 mila euro e uno da 35 mila per la Clabel, due da poco più di 39 mila per la Minerali Industriali, uno da 38 mila, uno da 30 mila e uno da 35 mila per la Textil, decreti tra i 18 mila e i 36 mila euro per la Arena Equisport.
Il totale arriva a 900 mila euro, un lungo elenco avallato in poche ore, nella seduta del 29 gennaio. Ma c’è un seguito, che lascia intendere come qualcosa stia cambiando all’Università, anche in termini di prudenza, specie se si considera che c’è un’inchiesta giudiziaria in corso (anzi, più d’una, visto che l’ex rettore Cuzzocrea, il direttore generale Francesco Bonanno e sei imprenditori sono indagati per la gestione degli appalti, delle forniture e dei servizi in Ateneo, dopo i rilievi mossi dall’Anac nel 2022).
Secondo quanto fonti accreditate confermano alla Gazzetta, infatti, tutti quei decreti sono stati sospesi da un provvedimento emanato direttamente dall’amministrazione centrale dell’Università, e quindi dalla nuova governance guidata da Giovanna Spatari, e tenuto strettamente riservato, proprio per evitare nuovi polveroni o facili strumentalizzazioni “politiche”. Uno stop che non è sinonimo di illegittimità, piuttosto un atto di cautela. Ma è anche un segnale, che va proprio nella direzione di quella pax sociale che, a piazza Pugliatti, in tanti ritengono più che necessaria.
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