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Messina, o il Ponte a una campata o niente

Si va verso la scelta definitiva: nei prossimi giorni l’esecutivo Draghi dovrà confrontarsi con il Parlamento

Non ci sono più alibi né motivi che possano giustificare ulteriori rinvii. Sarà forse la prossima settimana, o quella successiva, in ogni caso, entro la fine di giugno, dovrà essere presa una decisione che ponga fine, una volta per tutte, allo sterile, e ormai insopportabile, dibattito sul collegamento stabile tra Sicilia e Calabria.

Una decisione che viene reclamata sia dai favorevoli – la stragrande maggioranza del Parlamento italiano, e molto probabilmente dei siciliani, dei calabresi, della popolazione meridionale – sia dai contrari (le associazioni ambientaliste, in realtà neppure tutte, i Verdi e alcune componenti del M5S e della Sinistra italiana).

Dopo che il Gruppo di lavoro – pretestuosamente istituito dall’ex ministra dei Trasporti Paola De Micheli – ha consegnato la sua relazione al ministro dei Trasporti Enrico Giovannini e questi l’ha trasmessa alle Commissioni parlamentari, si è registrata una ulteriore novità, tale da tagliare “la testa al toro”. È l’approfondito studio dei docenti dell’Ateneo catanese che ha individuato con certezza la faglia che provocò il terribile terremoto del 28 dicembre 1908. Quello studio, quelle analisi, quei raffronti con la faglia di Sant’Andrea in California, non hanno fatto altro che confermare quello che decine e decine di esperti e tecnici di tutto il mondo avevano accertato, nel corso degli approfondimenti sulle varie ipotesi di attraversamento stabile dello Stretto.

Allora, come inevitabilmente dovrà accadere anche oggi, si sgombrò il campo da ogni altra soluzione alternativa: se il Ponte si farà (se si può, è accertato; se si deve, è solo una scelta politica), non potrà che farsi quello a una campata. Scartate le ipotesi del tunnel, anche quella del Ponte a più campate pone problemi quasi insormontabili e imboccare tale strada significherebbe solo far perdere chissà quanti altri anni, e quante altre risorse pubbliche, inutilmente. Sarebbe molto meglio dire: noi il Ponte non vogliamo farlo.
E, dunque, siamo davvero in una fase cruciale, dalla quale inevitabilmente dipende il destino della nostra città che aspira ad essere “baricentro del Mediterraneo” e che con il collegamento stabile diventerebbe davvero la “capitale” della mini-regione dello Stretto, collegata finalmente all’Europa.

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