Tra voglia di “liberi tutti” e “sindrome della capanna”. Siamo ancora tra “color che son sospesi”, come direbbe Dante. Messina è tornata a essere caotica come ai tempi del pre-Covid. C'è chi è andato oltre ogni limite ancora vigente, come quel gruppo di giovani che hanno organizzato una partita di calcio nei campi di Cristo Re.
Come quei folti gruppi di persone che, in alcuni quartieri e villaggi, sono tornati a organizzare feste e festini, come se ciascuno volesse recuperare ora, tutto e subito, il tempo perduto. I confortanti segnali sul piano sanitario sembrano autorizzare la “pazza voglia” di mettersi tutto alle spalle e proiettarsi verso l'estate immaginata come la fine di un lungo incubo.
Ma mai come in queste giornate l'invito alla prudenza non è un “optional”, è un obbligo. L’accesso contingentato al Gran Camposanto e alle ville cittadine da oggi è il primo vero test sulla capacità di regolamentazione di massa in luoghi e spazi pubblici.
E ieri sera il sindaco De Luca è tornato, seppur non con i toni ai quali siamo abituati, ad alzare la voce: «Stiamo attenti, ci sono diversi segnali che non mi piacciono, non vorrei essere costretto a firmare nuove ordinanze restrittive. Vi prego, non vanifichiamo tutto».
Sono trascorsi proprio due mesi da quell'otto marzo che, per una volta, non riporta alla mente le mimose e i temi seri legati alla Festa della Donna ma ci fa rievocare quel brusco interrompersi di ogni attività, di quella che ritenevamo scontato fosse la “normalità”. Da quel giorno tutto blindato, tutti rinchiusi in casa.
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