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Arrivati i "nipoti d’arte" della mafia di Messina: la terza generazione dei boss degli anni '80

I “nipoti d’arte” della mafia peloritana con qualche nuovo innesto giravano in branco per le discoteche e i locali ogni sera, spesso “fatti” di ogni genere di porcheria stupefacente, per darsi la carica.

“Nipoti d’arte” - ricostruisce la Gazzetta del Sud in edicola - perché a scorrere la lista nera degli arrestati dell'operazione Flower - basta citare i cognomi De Luca e Mazzitello -, si potrebbe tranquillamente tornare indietro a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, e vedere come tristemente siamo già alla terza generazione di “soggetti noti”.

E con loro c’è indagato uno dei boss storici di Provinciale, Giovanni Lo Duca. Giovanni De Luca è nipote del boss, deceduto, della zona centro Nino De Luca, il cui nome, tra gli ultimi atti giudiziari che lo riguardarono, fu uno dei principali protagonisti dell’operazione antimafia “Omero”, per la faida con il clan dei Vadalà Campolo.

Mazzitello è nipote di Pietro Mazzitello, storico elemento di spicco del clan di Giostra. Nino De Luca e Pietro Mazzitello erano due killer e spesso “lavoravano” insieme, furono per esempio condannati per l’esecuzione di Vittorio Cunsolo, il “geometra” del clan di Gravitelli, braccio destro del boss, poi pentito, Giorgio Mancuso.

Ma qui siamo alle giovani leve di terza generazione che hanno ereditato purtroppo lo “stile” devastante nell’esercitare la pressione mafiosa in città ma hanno modi molto più rozzi e violenti, e da tempo costituivano un serissimo problema per la società civile notturna che si agita nella movida per passare un paio d’ore in allegria.

E finalmente quando qualcuno s’è deciso coraggiosamente a denunciare tutto stanco di subire pressioni e minacce di morte la risposta dello Stato non s’è fatta attendere molto, se si considera che gli albori dell’inchiesta risalgono a giugno e siamo appena a novembre. In pochi mesi questa banda ben organizzata, la “mafia della movida” che aveva monopolizzato l’ambito della security dei locali in città e si estendeva anche in provincia, è stata smantellata. In genere tutti s’illudono che duri per sempre. Ma prima o poi la “festa” finisce, così come la libertà, e si va per la prima volta, o si ritorna, in cella.

Il gip Monica Marino, che firma le 77 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare dice chiaramente che il quadro indiziario prospettato dalla polizia «consente di sostenere con la qualificata probabilità chiesta in questa sede che sia stato consumato il reato sub a), cioé le estorsioni continuate e che le stesse siano riferibili agli indagati».

E poi sintetizza nell’ordinanza molto chiaramente i vari ruoli ricoperti dagli indagati in questa scia d’inaudita violenza, e quelle che definisce «emergenze più significative»:

«1) ... il Mazzitello ed il Gangemi erano persone di fiducia del De Luca, tanto che ne spendevano il nome per non far entrare appartenenti alla criminalità organizzata al M’Ama; di contro garantivano a persone vicine al De Luca (lo Schepis) di far ingresso gratuitamente nei locali...;

2) il Mazzitello ed il Gangemi venivano richiamati per lavorare come vigilanti, dopo le azioni intimidatorie dello Schepis che presso il locale “Palcò” aveva, con altri 5 giovani, spinto fuori i buttafuori catanesi cui il Catanzaro si era rivolto per la gestione del servizio di sicurezza;

3) il Mazzitello ed il Gangemi assumevano contegni mafiosi esercitando pressioni intimidatorie per essere richiamati a svolgere il servizio di buttafuori presso i locali del Catanzaro, dopo essere stati nuovamente allontanati;

4) Schepis Kevin era persona vicina a De Luca Giovanni ed i disordini da quest’ultimo causati al “Palcò” non erano casuali, ma creati appositamente al fine di estromettere dalla gestione della sicurezza la società catanese incaricata dal Catanzaro;

5) il De Luca pretendeva che presso i locali del Catanzaro lavorassero il Mazzitello ed il Gangemi e voleva denaro per assicurare che non si verificassero disordini nei locali del Catanzaro;

6) il Lo Duca assicurava il regolare svolgimento di serate danzanti a fronte del pagamento, che allo stesso venivano consegnate per il tramite del Gangemi e dell’assunzione quale buttafuori del Mazzitello; dopo l’arresto del primo le somme venivano incassate, per le stesse ragioni, nell’interesse del De Luca del quale erano uomini di fiducia il Mazzitello ed il Gangemi, che per questo venivano fatti lavorare come buttafuori pur in assenza dei requisiti. Il Lo Duca ed il De Luca di concerto gestivano con metodo mafioso la sicurezza nei locali messinesi imponendo chi doveva lavorare e percependo una parte degli introiti».

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