A Mistretta comandava la mafia? Ci sono volute 416 pagine ai commissari prefettizi per spiegarlo, e per far comprendere a tutti perché, a loro giudizio, il Comune va sciolto per infiltrazioni mafiose. La loro relazione - che la “Gazzetta” ha avuto modo di leggere -, è un'analisi impietosa, puntuale e rigorosa, di tutto quello che è successo per anni in uno dei centri più belli dei Nebrodi, fuori e dentro il Municipio. Forse un solo passaggio della relazione spiega meglio di tutto il contesto: a Mistretta, secondo i commissari «... il ricorso alle cautele antimafia è pressoché sconosciuto».
E alla fine delle 416 pagine i commissari, come riporta la Gazzetta del Sud in edicola, poi scrivono: «In conclusione, i fatti riportati nella presente relazione dimostrano una situazione di possibile permeabilità alla criminalità organizzata da parte di alcune figure chiave dell'attuale consiliatura, quali il presidente del Civico Consesso Felice Testagrossa e i consiglieri Tamburello, Sgrò e Provenzale, che unita alla debolezza dell'apparato burocratico comunale, che non si è dimostrato, in diversi casi in grado di svolgere adeguatamente le funzioni a esso demandate dalla legge, potrebbero aver avuto come effetto forme di deviazione dell'attività amministrativa in settori che, secondo le risultanze investigative dell'operazione “Concussio”, sono particolarmente appetibili da parte delle organizzazioni criminali» (la “Concussio” è stata gestita dalla Dda di Messina e dai carabinieri, al centro le richieste di pizzo per i lavori di restauro della “Fiumara d'arte” di Antonio Presti, n.d.r.).
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