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"L'ultimo non è ultimo, ma è pari". Fra' Giuseppe e la stazione di Messina: un viaggio da mille storie

Un accappatoio, dei biglietti del treno, un luogo dove dormire. Ma soprattutto ascolto, un abbraccio. “Una carezza di Dio” così la chiama fra' Giuseppe Maggiore, quella tensione verso l'altro, “l'ultimo”. Che non è mai “ultimo”, ma è pari.

“Perché - racconta il francescano originario di San Fratello – , in fondo, quando io tendo la mano, quando io aiuto qualcuno, so che lui sta aiutando anche me”. Ed è proprio vero.

Basta una serata alla stazione centrale di Messina per capirlo, per toccarlo con mano. In passato, e non solo, è stata teatro di risse e ubriachezza, della triste scomparsa di alcuni clochard. Ma è anche cornice di fratellanza e solidarietà, di scambio e condivisione.

Fra' Giuseppe “regge” da quattro anni la piccola cappella al binario 1  e ogni incontro in quelle serate alla stazione è una storia...

Una coppia ha bisogno di due biglietti del treno per andare a Palermo, ma fra' Giuseppe nel portafoglio ha i soldi contati per mettere la benzina nel Doblò che ogni notte lo porta in giro per la città ad assistere i senzatetto. Allora chi trova quotidianamente un pasto caldo nei gruppi di supporto alla povertà che presidiano la stazione, rimasto grato al frate che una volta gli ha procurato un accappatoio, gli dice: “Stai tranquillo, te li do io i soldi”. A fra' Giuseppe basta la sua offerta per sorridere e sapere che ha fatto un buon lavoro.

I casi come questo non sono isolati, in tanti hanno fatto proprio il concepire l'aiuto che si riceve, non come elemosina, ma come scambio.

“Avvicinarmi a questa realtà – racconta un 58enne – è stato la mia salvezza. Avrei potuto finire male, alcolizzarmi, drogarmi, uccidermi... Ho perso un figlio quando aveva vent'anni, è morto mentre lavorava, candendo da un'impalcatura, è stato difficile sopravvivere, ma da 18 anni vengo qui, cerco e do aiuto, questo mi ha salvato la vita”. Beh, nella stessa sera in cui ha deciso di raccontare a Gazzetta del Sud il suo passato e il suo presente, ha “salvato” un casco nuovo di zecca lasciato incustodito sulla sella dello scooter da un collega.

Stare dalla parte giusta, fare la cosa giusta, rispettare l'altro. Anche questo ha cercato di insegnare fra' Giuseppe ai tanti che frequentano la stazione. Qualcuno dei suoi amici, dopo aver ricevuto un arancino o un panino lo saluta affettuosamente dicendogli: "Ciao padre Pio". E' il delegato provinciale per il servizio ai poveri e agli ultimi dei Frati minori di Sicilia e assieme ad altri frati è il "messo" dell'Ordine francescano secolare del Santuario di Lourdes, una realtà che ogni sabato e domenica organizza la preghiera e la distribuzione dei pasti alla stazione. L'aria che si respira è quella del ritrovarsi di una famiglia, ognuno ha la sua storia, la sua religione, il suo passato pesante e doloroso, ma il sabato sera, quando si prega, si è fratelli e basta. Il musulmano vicino al cattolico, lo straniero accanto all'italiano.

“A presidio della stazione c'è una rete strutturata, ci si interfaccia con la Polfer, i servizi sociali del Comune e tante altre associazioni, ognuno di noi fa quello che può, ma è vero che non è tutto un paradiso – ci racconta fra' Giuseppe - non sempre si riescono a salvare delle anime, talvolta non riesci ad aiutare fino in fondo chi aveva bisogno e sperimenti anche il fallimento, serve anche quello. Nonostante qualche dispiacere farei la scelta di vivere così altre mille volte. Ogni notte, dopo il giro che faccio, quando vado a letto, io consegno a Dio le storie e le sofferenze di chi ho incontrato e la mattina mi rialzo con la voglia, ancora più grande, di ricominciare di nuovo”.

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