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Messina, c’è anche “don Silvio” in quelle storie di Nonni

«La cosa più bella è lo scopo. Raccontare i nostri nonni serve ad aiutare altri che fanno fatica. Infatti, gran parte dei proventi, sarà destinata alla comunità di Sant’Egidio a sostegno di attività dedicate agli anziani in difficoltà. E credo sia un bel modo di restituire a dei nonni meno fortunati il grande dono che abbiamo ricevuto noi da nipoti». “Nonni”. Il solo nome accende un misto di ricordi e nostalgia e improvvisamente anche i grandi personaggi come Lino Banfi, Carlo Conti, Renzo Arbore e Gino Paoli, con un colpo di spugna, e un tuffo nei ricordi si riscoprono piccini e adolescenti: a respirare a pieni polmoni amore e saggezza. Tanto quanto ne serve per sopperire all'assenza. Probabilmente nonno Silvio, vedendo i successi del suo Marco, che ha iniziato la sua ascesa impersonando il ruolo di Romeo nell'opera popolare di “Giulietta e Romeo” di Riccardo Cocciante, non avrebbe mai immaginato che la sua vita e la sua storia sarebbero stati cristallizzati in un libro. Eppure è successo. E Marco Vito, gioiosano doc, uno dei vocal coach più apprezzati del panorama nazionale, è traboccante di gioia per un' impresa che risuona come un ritorno alle origini. «Il libro – racconta Marco – nasce dall’intuito di Maria Antonietta Schiavina, una scrittrice che ama raccontare le storie e andare in profondità. Un anno fa mi ha chiamato per sapere come stavo e poi incuriosita mi ha chiesto chi fosse la persona che mi accompagnava sul profilo whatsapp. Foto decennale. Quando le ho risposto che il signore sorridente assieme a me in cabriolet era mio nonno mi ha parlato del suo progetto e mi ha chiesto se volevo farne parte. Detto fatto. Ne sono stato conquistato dal primo momento». E l'incipit già colpisce perché nonno Silvio, nato a Sant'Angelo di Brolo nel 1924, sulle sue spalle ne portò parecchie: non conobbe mai suo papà che partì per l'America probabilmente per fuggire alle sue responsabilità e non volle incontrarlo, neanche quando molto anziano aveva tentato un avvicinamento. Era un uomo tutto d’un pezzo, senza mezze misure. Aveva il cognome di sua madre, la schiena dritta e le spalle larghe, e questo, come mette nero su bianco suo nipote, gli bastava. «Lui è sempre stato il mio rifugio, – ricorda Marco – il mio posto sicuro, l’appuntamento fisso di ogni mia giornata passata a casa a Gioiosa, il modo migliore per tornare con i piedi per terra e non perdermi mai con la testa tra le nuvole. È per me, ogni giorno, un esempio da seguire. Mi ha sempre consigliato la cosa giusta anche quando non la capivo e con la sua grande moralità ha tracciato per tutti noi un sentiero preciso in cui la dignità è un elemento imprescindibile». E Marco non ha dubbi sul fatto che don Silvio, come tutti lo chiamano in paese in segno di rispetto, vedendo il suo nome accanto ai big della tv sarebbe orgoglioso, ma si limiterebbe a esternare la sua gioia facendo un sorriso sotto i baffi che precedeva il cambio di un discorso: «So di essere stato motivo di rivincita personale per lui che non ha avuto una vita facile. Ha sempre lavorato sodo e ogni mio traguardo diventava il suo, una medaglia da appendere al petto e da mostrare fiero camminando a testa alta ma senza mai “darmi soddisfazione”. Era il suo modo per proteggermi, per ricordarmi che nella vita bisogna sempre e comunque mantenere un forte contatto con la realtà, ricordarsi quali sono le proprie radici». E nel racconto corale c'è un filo comune: « Mi hanno colpito molto i racconti di Maurizio Costanzo e Lino Banfi. Il primo perché siamo abituati a pensare a Costanzo come uno che le domande le fa e che quindi rimane sempre molto neutrale senza lasciare mai libero accesso alle sue storie personali, ma che invece, in questo caso, ama ripercorrere la sua lunga storia. Il caso di Banfi è invece secondo me un unicum per tutti: lui, il nonno d’Italia per antonomasia questa volta diventa nipote e ci apre le porte dei suoi ricordi più intimi. L’elemento che unisce tutte le storie è che tutti coloro che hanno scritto il loro racconto, famosi o meno, con vite e strade incredibili ma diverse sotto tutti i punti di vista, hanno qualcosa in comune: la fortuna di aver avuto dei nonni di cui conservano gelosamente ricordi che profumano d’infanzia e spensieratezza». E il talento nostrano, orgoglioso di avere riscoperto l ' eredità di nipote va avanti nel segno del ricordo: «In tv anche quest’anno sto seguendo la direzione musicale del programma di Roberto Bolle “Danza con me” per Rai 1 e sto anche collaborando con il mio maestro, Riccardo Cocciante, per i nuovi casting di Notre Dame nella versione francese che ripartirà presto. E lavorare con un gigante della musica come lui è sempre un’esperienza incredibile. Mi divido tra Milano, Parigi, la Sicilia e tutte le accademie sparse per l’Italia in cui seguo tanti talentuosi artisti, tra uno studio televisivo, un’aula universitaria e la mia casa vista mare a Gioiosa Marea dove torno sempre quando ho bisogno di respirare e di guardare il panorama in silenzio. Come facevo con nonno Silvio».

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