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La Vara: festa dell’identità messinese, una corsa di fede a piedi nudi

Saranno quasi 2.500 i tiratori e i timonieri che guideranno la macchina votiva verso il duomo, fra strappi e preghiere

Inizia molto presto la giornata dedicata alla Vara. Alle 7 c’è già movimento a piazza Castronovo dove la grande macchina da 8 tonnellate è pronta da giorni. Un caffè, una granita e poi è già il momento di stendere le corde. Decine di persone si prendono cura di quelle gomene rigorosamente di canapa. Non solo devono essere stese, ma devono anche essere legate alla macchina votiva e continuamente bagnate. L’acqua evita l’effetto elastico che farebbe rimbalzare lo sforzo.

Due corde, una lato monte, una lato mare, da 110 metri ciascuna. Avvinghiati ci sono contemporaneamente 850 tiratori per parte, 1700 in totale. Sono loro il motore della macchina. In realtà i tiratori sono oltre 2000, ma c’è una turnazione con chi corre accanto ed è pronto a dare un cambio per condividere lo sforzo di fede. Per la “girata” di via I settembre non ci sono panchinari, tutti titolari.

Il tiratore lo riconosci subito: è vestito con una tunica bianca e ha una fascia blu alla vita. 1.300 circa gli “abbonati”: sono coloro che per tradizione, per voto, da generazioni tirano la Vara. Ma ogni anno ce ne sono altri 700 che sono saltuari o sono all’esordio. «Chi è alla prima esperienza – spiega Pierpaolo La Spina, portavoce del Gruppo Storico Vara e Giganti – viene sistemato accanto a tiratori più esperti. Il pericolo è che possa scivolare». Anche per tirare la Vara c’è una tecnica. Una sola mano sulla corda, l’altra sulla spalla del compagno di fronte. «Si tira con tutto il corpo, non solo con le braccia – dice La Spina –. Per ogni corda c’è una fila interna e una esterna.

E anche per partire ci sono delle regole ferree, per evitare che si intreccino le gambe. Chi è a destra parte con il piede sinistro, al contrario per chi è sul lato mancino».
Coordinare la potente spinta di 1700 persone è determinante per l’esito della processione. I responsabili fanno tutti parte del Gruppo storico. Tre sono i segnalatori che, con fischietto e bandiera, devono dare il via allo strappo. In testa, davanti ai capocorda, che hanno la fune attaccata alla vita, ci sarà Enzo Muratore, in mezzo alle corde Francesco Forami, sulla Vara Alberto Molonia che, con il suo fischio dà l’ultimo segnale per il via. In mezzo alle corde altri due coordinatori, mentre a tenere in linea la grande struttura, ci pensano i timonieri, quasi 300 persone “appese” alle braccia della Vara coordinate da Paolo Molonia. Altro gruppo, riconoscibile dalla maglia rossa, quello che si occupa di portare, davanti a tutto il gruppo il cero votivo da 70 chili.

Sono otto le fermate tradizionali della processione lunga quasi due chilometri. Almeno il doppio gli strappi per arrivare a piazza Duomo. Immancabili gli stop alla prefettura, con l’omaggio floreale del rappresentante del governo, a Boccetta, con la benedizione del cappellano padre Angemi e poi al Comune per “salutare” il sindaco che il più delle volte però è già dietro l’Assunta, in processione, da piazza Castronovo. Ma la sosta più importante è quella di via I Settembre perchè preludio del passaggio più spettacolare, quello della “girata”. «Per far svoltare la Vara – spiega La Spina per il Gruppo Storico – prima si stende la corda di destra, ma è la sinistra che fa partire il movimento.

Il lato destro deve muoversi appena la Vara è rivolta verso il Duomo e poi appaiati entrano in via I Settembre». Un’altra fermata e poi il trionfale ingresso a piazza Duomo dove, come tradizione vuole, sono le donne ad attendere la Patrona salutandola con i fazzoletti bianchi. Il taglio della corda è l’ultimo rito profano prima della benedizione, quella sacra, con cui si chiude la più grande giornata dell’identità messinese.

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