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Il viaggio nei "non luoghi" di Fava con De Domenico - FOTO

È iniziato da Fondo Fucile, nei pressi della scuola Albino Luciani, il giro tra le baraccopoli messinesi del deputato regionale del gruppo Misto Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia all’Ars, in città a sostegno della candidatura di Franco De Domenico. Oggi quelle casette ammassate una sull’altra sono quasi tutti gusci vuoti, ma fino a qualche tempo fa vi abitavano tante, troppe persone che a lungo hanno coltivato la speranza di una casa vera, come continuano a farlo quanti ancora vivono in baracca. Alcuni ragazzi che giocano a calcio nel campo vicino alla scuola Albino Luciani sembrano un segno di speranza per quel quartiere.

«Sono luoghi separati da muri invisibili alzati nel corso degli anni, che la politica dovrebbe provare a buttare giù, non ad abbellire» dice Claudio Fava, facendo alcune riflessioni al termine del giro tra le periferie più degradate della zona sud. «Ci siamo fermati a parlare con un signore di mezza età che abita al quinto piano di uno stabile – racconta –, non si può muovere perché ha una gamba malata, l’ascensore non funziona perché il condominio non ha i soldi per aggiustarlo, vive là recluso in casa. Viene in mente il titolo del libro di Primo Levi “Se questo è un uomo”, mi chiedo se questa è vita. Credo che dobbiamo partire dagli ultimi per capire come governare questa città». Ad accompagnare il presidente della Commissione Antimafia all’Ars, Claudio Fava, il candidato a sindaco del Centrosinistra Franco De Domenico, insieme ai deputati nazionali Francesco D’Uva e Maria Flavia Timbro e al segretario provinciale di Art.1, Domenico Siracusano. Presenti anche alcuni candidati al consiglio comunale e ai quartieri delle liste del Centrosinistra.

«Vorrei abolire la parola speranza dai programmi politici – prosegue Fava –, occorre dare ai siciliani altri simboli, un'altra qualità della politica, anche una normalità che oggi qui non esiste da decine e decine di anni. Penso – prosegue – che il programma di governo debba riuscire a parlare, come stiamo cercando di fare qui, con il linguaggio della verità e della normalità. Queste sono periferie abbastanza isolate dal resto della città, anche quando sono all'interno, sono divise dal resto del mondo da muri che dobbiamo abbattere».

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