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La Tosca strega Messina: al Vittorio Emanuele torna la grande Lirica

In scena la rigorosa direzione d’orchestra di Carlo Palleschi e le innovazioni scenografiche del videodesigner Schnabel. Bravi Diana Lamar e Stefano Secco

Ed ecco, finalmente, la Tosca di Giacomo Puccini al Teatro Vittorio Emanuele. Recuperata dalla programmazione della stagione musicale 2019-2020, interrotta a causa della pandemia, questa produzione diventa simbolo della volontà di adempiere agli impegni presi e di voler porre le basi di una rinascita, auspicando prossime, fruttuose e continuative stagioni lirico-sinfoniche nel nostro Teatro.
Tosca è un’opera in tre atti composta da Giacomo Puccini, su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, tratta dall’omonimo dramma di Victorien Sardou; la prima rappresentazione fu al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio del 1900. Il debutto non fu particolarmente fortunato per il clima di agitazione politica che ne turbò i preparativi e per i tentativi di boicottaggio da parte di fazioni avverse al Costanzi. Il clima di paura ebbe ripercussioni sull’esito musicale della rappresentazione; ma nonostante questo, l’opera registrò il tutto esaurito per oltre una ventina di repliche che ne celebrarono il grande e immortale successo.
La messa in scena di questa nostra Tosca rispetta la tradizione e al contempo si nutre del linguaggio attuale della multimedialità, connettendosi con due realtà parallele perfettamente combacianti. «L’opera si svolge su due piani di narrazione: l’allestimento dell’avanscena è quello tradizionale pucciniano – afferma il regista De Lucia – ed è lì che si svolge la vicenda, l’azione dei personaggi. Il livello superiore, separato dal primo da una grande scala e dove verranno realizzate le proiezioni, costituirà il piano dell’intimo sentire dei personaggi».
Viene rispettata la tradizione anche sul piano musicale: il maestro Palleschi, con la sua direzione rigorosa, resta fedele alla volontà del compositore toscano, ma si mostra sensibile all’ascolto meticoloso delle sonorità degli strumenti e alle voci dei cantanti, creando tra loro un perfetto equilibrio nei volumi e nelle dinamiche. «Un’opera di passioni e di sentimenti violenti come Tosca – afferma il direttore d’orchestra Carlo Palleschi –, contiene soluzioni musicali molto diverse. Una buona lettura di questa complessa partitura richiede di penetrare dentro al segno musicale per arrivare al cuore della musica».
Momenti musicali di altissimo livello, contornati da una scenografia d’effetto. Cambi di luci sul mutare delle situazioni e dei sentimenti: toni cupi del rosso sangue all’evocazione di Scarpia, bianco a simboleggiare Tosca, un’anima buona macchiata dall’odio.
Le proiezioni del video designer Matthias Schnabel hanno costituito un’ulteriore dimensione scenografica: morbido mutare di tessuti porpora nel primo atto, evocazioni di incisioni (ricordavano quelle celebri di Dorè per la Divina Commedia), fino a culminare con l’incendio di Roma. L’angelo che troneggia su Castel Sant’Angelo è abbattuto, riverso sullo spiano dove avviene la fucilazione: stavolta il male ha vinto nel mondo degli uomini, ma una speranza di salvezza vibra nel cielo stellato che avvolge la scena.
La musica impera nel suo impasto omogeneo, snodando i fili dell’intricata partitura pucciniana: uno tra tanti è stato il mirabile impasto sonoro, nel secondo atto, con il coro interno dall’incedere polifonico Sale ascende l’uman cantico, che si interseca con le bieche intenzioni di Scarpia nel sommario interrogatorio a Cavaradossi, mentre i drammatici incisi dell’orchestra sferzano come a voler spezzare la preghiera. Un momento musicale su tre livelli che non bastano due mani per dirigere e che invece è stato sostenuto con magistrale esperienza e incisività dal direttore Palleschi e da tutte le compagini.
Belle le voci dei cantanti: Diana Lamar è stata una Tosca di ottima presenza scenica, dal bellissimo fraseggio, con un’emissione morbida e uniforme in tutta la gamma dei suoni, tale da rendere inavvertibili i passaggi di registro. Espressiva nelle note basse e nel declamato, possente negli acuti. Il tenore Stefano Secco è stato un vero Cavaradossi, con un bel timbro lirico, stabile, dall’appoggio costante che lo ha reso sempre intonato, espressivo e morbido nel registro centrale e gli ha garantito una buona tenuta degli acuti. Per entrambi lunghi applausi al termine delle rispettive arie.
Un bel timbro anche il baritono ucraino Vitaliy Bilyy, con le “physique du rôle” di Scarpia, con una voce che ha reso di più con il crescere di intensità: nei f e ff la voce si è, appunto, dispiegata al meglio, mentre, decrescendo, talvolta, ha perso di volume. Intuibile qualche piccola difficoltà linguistica, peccati comunque veniali che non hanno compromesso l’esito della sua interpretazione.
Puntuali gli interpreti degli altri ruoli: il basso-baritono Lorenzo Barbieri, che ha rivestito i panni di Cesare Angelotti e di un Carceriere con precisione e disinvoltura; Alessio Verna, baritono, è stato un Sagrestano valido e misurato, rappresentando, senza eccedere, l’unico personaggio vagamente comico di tutto il dramma, e al contempo ha rivestito i panni opposti di un convincente Sciarrone; brillante la voce del tenore lirico leggero Davide Scigliano, diplomato al Conservatorio Corelli, presenza stabile, già dal 2016, nel cartellone del Teatro messinese. La giovanissima Sofia Ciuffo, allieva di Agnese Carrubba, è colei che, da dietro le quinte, ha cantato con precisione e tenera delicatezza lo stornello del Pastorello all’inizio del terzo atto. L’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, fulcro delle programmazioni del Teatro sin dal 1994, ha garantito, come sempre, il “porto sicuro” di ogni produzione. Inevitabile l’esortazione a renderla al più presto un organismo stabile, ponendo fine all’infinita battaglia per la stabilizzazione degli orchestrali che i componenti, a pieno titolo, sostengono da circa trent’anni.
Altra garanzia di riuscita è, da molti anni, il Coro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria, composto anche in buona parte da professionalità messinesi, preparato con eccellenza da Bruno Tirotta. Ottima la performance del coro di voci bianche “Bianco Suono”, diretto dalla cantante e arrangiatrice Agnese Carrubba, nato e sorto nell’ambito della sua attività di docente di canto corale presso la scuola di musica messinese “Progetto Suono”. Il pubblico, che ha gremito il Teatro, ha meritatamente gratificato tutti gli artisti con calorosi applausi, mostrando entusiasmo per uno spettacolo di grande caratura ma anche una grande affezione al Teatro Vittorio Emanuele che, ci si augura, sempre più presente nella vita culturale della nostra città.

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