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Quando il teatro è amore. Parla il direttore artistico del Tindari Festival Tindaro Granata

Un grande talento nazionale per un’esperienza emozionante di altissima qualità artistica

Giovedì prossimo si concluderà il Tindari Festival 2022, cominciato il 4 luglio, il primo con la direzione artistica di Tindaro Granata, attore, autore e regista, ormai solidamente riconosciuto in campo nazionale, che è “tornato a casa” stavolta nella sua veste professionale. È stato un premio vicendevole che si sono scambiati territorio e artista, nel reciproco riconoscimento della possibilità di fare teatro di qualità. Prima dell’ultimo spettacolo (“Vergine Madre” di e con Lucilla Giagnoni) che unirà Teatro Greco e Santuario della Madonna Nera, con Granata abbiamo tracciato un primo bilancio.

Cosa ti ha soddisfatto di questa esperienza e che cosa vorresti migliorare?
«L’incontro con la gente è stato importante, bello ritrovare le persone del mio territorio, oltre che i turisti, desiderosi di arte e teatro. Fondamentali le istituzioni che hanno dato vita al Festival: il sindaco Bonsignore, l’assessore alla Cultura Sidoti, tutta la giunta, la funzionaria del comune Marianna Bonsignore, con la quale abbiamo compilato e vinto la domanda ministeriale. E ancora i miei collaboratori indispensabili: il vice direttore Stefano Molica e l’assistente Marinella Guidara, tutta gente della terra del Tindari. Da migliorare la parte organizzativo-tecnica: stiamo imparando sul campo».

Cosa non vorresti fare più e, invece, a quali novità pensi?
«Non voglio relazionarmi con i mestieranti del vecchio modo di fare teatro, ai quali non interessa se il pubblico partecipa oppure no. La gente è il principale punto di riferimento del nostro lavoro: hanno bisogno di noi tanto quanto noi abbiamo bisogno di loro. Una novità? Invito il pubblico via WhatsApp, con una rete di contatti di amici e parenti che vivono nel territorio del Festival».

Tanti i momenti intensi: per esempio, “Storie di Liolà”, lo spettacolo con detenuti e detenute del carcere di Messina. Cosa vorresti sottolineare di questa esperienza?
«Tutto questo percorso è stato emozionate. Ho imparato più io da loro che loro da me. In questo progetto detenuti e detenute non sono più considerati dalle istituzioni come fascicoli da esaminare, ma come persone con le loro storie. Grazie alle messinesi Daniela Ursino, fondatrice di questo progetto, e Angela Sciavicco, direttrice del carcere di Messina».

Cosa ha significato lavorare nella terra in cui sei nato?
«Ritornare a scontrarmi con me stesso, con i vizi e le debolezze della Sicilia! Ritornare ad amare la mia terra come facevo un tempo: dimostrando a me stesso e agli altri che si possono cambiare le cose se si lavora con passione».

Facili o difficili gli incontri con le realtà artistiche della zona?
«Sono solo all’inizio, ma i primi incontri sono stati fortunati: Cortile Teatro Festival di Messina; Coro Lirico Siciliano, Associazioni del territorio di Patti, Teatro di Segesta. Ognuno ha esigenze diverse, questa è la difficoltà, ma il desiderio di crescere insieme c’è da parte di tutti».

Giovedì 1 settembre il Festival si concluderà con Lucilla Giagnoni in una versione particolare del suo “Vergine Madre”. Ci anticipi che cosa succederà?
«Lo spettacolo si svolgerà nella piazza del Santuario del Tindari come a omaggiare la nostra Madonna Nera. Sarà una serata speciale anche perché mancava questo legame tra il Teatro Greco e il Santuario, distanti solo 100 metri in linea d’aria. Le parole di Dante, della Divina Commedia, recitate da Lucilla Giagnoni, si espanderanno su tutta la piazza e sarà molto suggestivo».

In autunno tornerai alla tua attività: quali sono gli appuntamenti in programma?
«Starò dietro le quinte, mi occuperò di valorizzare i giovani drammaturghi e le giovani drammaturghe per Hystrio Festival a Milano, per il Roma Europa Festival, per il Trentino. Per il Teatro Carcano, con Serena Sinigaglia, scriverò un progetto speciale per il Comune di Milano dedicato ai nuovi poveri della città, dal 2 al 4 dicembre, in scena Lella Costa con 180 cittadini milanesi».

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