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Emanuele e Ana Beatriz in Ucraina per aiutare chi soffre: la storia di due volontari

Fra le macerie dei palazzi e quelle dei cuori, lacerati da violenza e distruzione, c’è un conflitto “silenzioso” lontano dai riflettori. Un anno e tre mesi dopo lo scoppio della guerra russo ucraina, non è facile parlare di quello che è successo, le comunità frammentate faticano a ricomporsi: fra chiaroscuri stridenti di città come Leopoli che “cercano di tornare alla normalità”, Kherson o Mikolaiv “dove manca tutto dalla luce all’acqua e le persone sembrano morti viventi”, il racconto dei giovani Emanuele Castrianni e Ana Beatriz dos Santos Bogalho, reduci da una missione di 9 giorni, restituisce sensazioni forti.

Li abbiamo incontrati ieri dopo la liturgia che raduna nella chiesa ortodossa di S. Giacomo Apostolo la comunità ucraina messinese: nei loro occhi ancora pieni di emozione ma anche di tanto dolore, la gratitudine ai messinesi per quanto fatto finora e l’appello a non spezzare quella catena di carità di cui c’è ancora tanto bisogno. Beatrice, studentessa in medicina originaria di Lisbona ed Emanuele, messinese, scultore ed ex militare, si sono conosciuti all’inizio del conflitto scoprendo di avere in comune la straordinaria attitudine al bene per i più bisognosi. Dopo le prime due trasferte a dicembre e gennaio, hanno deciso di tornare lì dove “si respira un’aria di tristezza e rassegnazione”, per portare le scorte di farmaci e alimenti. Fanno amicizia con un militare che li accompagna al confine tra Polonia e Ucraina: «Di fronte a noi nubi di fumo e città fagocitate dalle bombe».

Visitano alcuni Internat che ospitano bambini e donne con problemi psichici: «Una di loro – racconta Ana Beatriz – fa avanti e indietro per il lungo corridoio simulando il ritmo di quei boati; sembra un corpo privato della sua anima, che vaga senza una meta»; «queste – aggiunge Emanuele – sono le conseguenze più atroci della guerra». A Messina oggi sono circa 120 i profughi accolti; qualcuno ha deciso di tornare per morire nella propria terra come il generale Alexander, dopo la scoperta di un male incurabile, altri sono arrivati nelle ultime settimane. Nella parrocchia si distribuiscono le ultime scorte di alimenti, beni vari, dolci per i più piccoli; padre Giovanni Amante con la sua tenacia continua a darsi da fare: «Ho bussato a tutte le porte».

Dalla Guardia di Finanza, alle parrocchie di S. Caterina, San Gabriele e S. Maria Annunziata e S.Marina a Cumia, dai francescani di Lourdes e S. Francesco all’Immacolata alla Biblioteca regionale, dal comitato provinciale Unicef a Caronte & Tourist e altri privati, la gara di solidarietà non si è mai fermata; a questi si sono aggiunte i Comprensivi Foscolo di Barcellona, Paradiso, Venetico, Savio, Drago e poi il Verona Trento, il Bisazza e Guttuso di Milazzo, il Centro di Prima accoglienza CePas e delle associazioni Amici di Madre Nazarena Majone e Isamupubbirazzu. “Aiutateci ad aiutarli, l’emergenza non finita”: l’appello di Emanuele e Ana Beatriz si consuma in poche parole; il resto è racchiuso in quell’abbraccio alle ultime sorelle ucraine che tornano a casa.

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