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Messina, in corteo dietro la Croce di Lampedusa per dire “no” ad altre tragedie di migranti FOTO

Momento di preghiera in pieno centro in ricordo di chi ha perso la vita in mare. Ribadita la centralità dell’accoglienza e dell’integrazione

Una Croce speciale, fatta con legno intriso di sangue e sale, quello del mare e delle lacrime delle sorelle e dei fratelli che a largo di Lampedusa hanno perso quella stessa vita per la quale avevano lasciato la propria terra, con la speranza di mettersi in salvo dal male, un nemico dai mille volti. La Croce di Lampedusa costruita dal falegname Francesco Tuccio con i resti delle “carrette del mare”, i barconi che per giorni e giorni sono stati casa e rifugio di migliaia di vittime delle migrazioni, è divenuta un simbolo di speranza, di vita oltre la morte, un faro capace di illuminare la strada di chi, come Gesù Cristo, ha percorso la via oscura del Calvario, per giungere in una terra dove nessuno è straniero.

In tanti, ieri sera, si sono messi in cammino dietro la Croce per le vie del centro – cittadini, religiose, sacerdoti e una rappresentanza della comunità ucraina – pronti a condividere un momento di preghiera corale per dire “no” alla persecuzione legata a guerre, fame, carestie, disconoscimento della propria fede e degli ideali politici sensibilizzando l’opinione pubblica alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e del valore della vita, all’accoglienza e all’integrazione. Dov’è tuo fratello è il tema della Via Crucis itinerante organizzata dalla comunità parrocchiale di “S. Maria del Carmine” con l’Ufficio diocesano Migrantes, il Centro interconfraternale diocesano e le comunità cattoliche filippina e srilankese dell’Arcidiocesi di Messina. Quindici tappe all’interno del percorso partito dalla chiesa del Carmine – una per ogni stazione – scandite dalla lettura dei passi biblici della passione e morte del Signore arricchiti da spazi di riflessione sul dramma dell’immigrazione.

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