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Messina, “Scalinate dell’Arte”: lo scandalo da risolvere

Il progetto premiato dall’Ue e finito male. Il durissimo contenzioso non deve far dimenticare l’interesse dei messinesi

La polvere qualche volta sta sotto il tappeto ma qui il tappeto non esiste più: la via 24 Maggio tra il Monte di Pietà, il monastero e la chiesa di Montevergine e il Palacultura, viene attraversata ogni giorno da residenti nauseati e da croceristi scioccati che sulle scalinate più o meno alberate e dotate di sedili del “piano Borzì”, ricercano ancora il godimento di tesori storico-architettonici e l’accesso ai paesaggi panoramici. Ed invece, su cinque di esse, s’imbattono in una selva oscura di arredo tecnologico e urbano danneggiati e sfregiati e in mura storiche trasformate in ghetto. Insomma, è l’ora di dare una svolta. Tutti i problemi legati ai percorsi di “promozione” delle scalinate e della città, scanditi da apparecchiature informatiche di diversa tipologia installate fino al 2020, e i i nodi giuridici e contabili, legati ai due appalti del progetto “Scalinate dell’Arte” sfociati in contenzioso, vanno affrontati e risolti. Il tempo scorre e il mondo reale e quello virtuale inchiodano facilmente – pochi minuti per marchiano per anni – una città alle sue colpe. Naturalmente, saranno i contenziosi a dire chi ha torto o ragione. Ma intanto si svolti.
Volendo sintetizzare la vicenda, dei due appalti finanziati dall’Ue con un totale di 2 milioni, quello strettamente legato alle Scalinate (S. Gregorio, Rosa Donato, Rampa operaia, Monsignor Bruno e poi la Rampa della Colomba a Montalto) risulta come la vera incompiuta.

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