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Omicidio Quaranta a Furci, ergastolo per l'infermiere calabrese Antonino De Pace

Ergastolo aveva chiesto l'accusa. Ed ergastolo è stato. La Corte d'assise ha deciso il carcere a vita per Antonino De Pace, il fidanzato di Lorena Quaranta, infermiere calabrese 29enne reo confesso dell’uccisione della giovane studentessa di Medicina, avvenuta a Furci Siculo il 31 marzo del 2020, in piena fase pandemica del primo drammatico lockdown che paralizzò l'Italia intera.

Lo scorso febbraio era stata stabilita l'imputabilità del giovane, che è assistito dall'avvocato Salvatore Silvestro, dopo il deposito della perizia che acclarava come non ci fossero elementi tali per configurare un quadro psichiatrico.

La Procura di Messina gli ha contestato anche l’aggravante della premeditazione. Dall’inchiesta, coordinata dal procuratore di Messina Maurizio de Lucia, sono emerse infatti le chat, inviate ai familiari in Calabria, in cui De Pace manifestava l’intenzione di trasferire ai nipoti i risparmi depositati nel proprio conto corrente. Segno, secondo l'accusa, che aveva pianificato follemente  il delitto ed era certo delle conseguenze che ne sarebbero derivate. Al processo si sono costituiti come parte civile i familiari della povera Lorena, con l'avvocato Giuseppe Barba, che hanno seguito soffrendo in silenzio tutte le udienze tra i banchi della Corte d'assise, e anche numerose associazioni di tutela per le donne che subiscono violenza o vengono trucidate dai compagni.

L'omicidio

Il delitto è avvenuto a Furci Siculo, un centro della zona ionica del Messinese. I due ragazzi, 29 anni lui, 27 lei, vivevano insieme. De Pace, dopo aver strangolato la ragazza con cui aveva avuto una violenta lite in realtà senza alcun motivo plausibile, ha chiamato i carabinieri e confessato l’omicidio. Poi ha tentato il suicidio tagliandosi le vene, riuscendo però a procurarsi solo ferite superficiali. Dopo aver colpito Lorena alla fronte con un oggetto, tramortendola, De Pace l’ha immobilizzata e poi atrocemente soffocata. Oltre a quella della premeditazione, la Procura contestava al ragazzo le aggravanti «di aver commesso il fatto contro persona legata da relazione affettiva e per motivi abietti e futili.

La Corte d'assise in sentenza ha riconosciuto "la sussistenza dell'aggravante della convivenza ed ha invece escluso quelle della premeditazione e dei motivi abietti e futili".

Chi era la vittima

Lorena Quaranta, una ragazza bellissima e solare, studiava Medicina con grande passione e impegno ed era originaria di Favara, nell'agrigentino. Le mancava poco alla laurea, quando tutto è successo stava completando la tesi. E quella laurea tanto attesa l'Università di Messina l'ha poi approvata. Sua madre qualche tempo dopo il femminicidio ha stretto tra le mani una pergamena ufficiale con il suo nome, mentre stringeva al petto un medaglione con la foto della figlia.

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