Un triumvirato mafioso ha governato Cosa nostra barcellonese negli ultimi anni, dopo l'inabissamento dei capi storici ormai tutti finiti da tempo al “41 bis”. E la riorganizzazione è passata attraverso una spasmodica ricerca di denaro che non bastava più per mantenere gli affiliati fuori e dentro dal carcere, con il pizzo e nuovi interessi perfino per il mondo della prostituzione, cosa che non accadeva ormai da decenni. Una riorganizzazione spezzata per l'ennesima volta dall'azione della Procura antimafia di Messina retta da Maurizio de Lucia e dai carabinieri con tre indagini distinte portate avanti per mesi, grazie al lavoro del procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dei sostituti della Distrettuale antimafia Fabrizio Monaco, Antonella Fradà e Francesco Massara.
Erano Carmelo Vito Foti, Ottavio Imbesi e Mariano Foti i componenti del direttorio mafioso, che per raccordarsi si servivano di un messaggero quasi giorno per giorno, ovvero l'insospettabile tabaccaio Rosario De Pasquale. Nessun telefonino o mail per comunicare, solo le vecchie e tradizionali “imbasciate” da porta a porta. Due di loro, Imbesi e De Pasquale, sono morti proprio durante le indagini ma sono stati rimpiazzati per far andare avanti una “macchina” ben consolidata. Che era tornata a praticare estorsioni a tappeto nel mondo del divertimento, dei locali notturni, del mercato ortofrutticolo di Nasari, tra i commercianti e gli imprenditori. Che stringeva accordi con la politica per “portare” questo o quel candidato alle elezioni. Che gestiva le bische clandestine. Che trafficava in droga e armi con i “cugini” calabresi e messinesi. E che s'interessava perfino d'intercettare le pratiche di rifacimento dei palazzi di Barcellona con l'ormai famigerato “110%” per poter poi chiedere il “contributo agli amici” anche in questo campo.
E a proposito di elezioni comunali a Barcellona l'inchiesta ha documentato dei rapporti tra Mariano Foti e alcuni politici della lista “Diventerà Bellissima”, con il più classico del “dare-avere”, un pugno di voti per un posto pubblico o privato con cui omaggiare suo figlio. C'è perfino un capitolo specifico, nell'ordinanza siglata dal gip Ornella Pastore, che parla di questo, s'intitola “I rapporti con appartenenti al mondo della politica”. “Come già sopra evidenziato con riferimento al reato di cui al capo 19 bis) - scrive il gip -, gli esponenti di vertice dell'associazione mafiosa barcellonese si sono relazionati con appartenenti al mondo della politica in occasione delle elezioni tenutesi a Barcellona P.G. il 4 e 5 ottobre 2020. Nel corso delle indagini sono stati documentati ulteriori rapporti tra il sodalizio mafioso in parola ed altri esponenti politici. Come già sopra evidenziato Foti Mariano ha sostenuto politicamente il candidato della lista “Diventerà Bellissima”, Caliri Carmelo in cambio di una utilità consistente in una sistemazione lavorativa per il figlio Salvatore poi ottenuta attraverso Calderone Mariano. E' emerso inoltre che Foti Carmelo Vito e De Pasquale Rosario hanno sostenuto politicamente candidati dello lista “Diventerà Bellissima” come si è visto, sponsorizzata presso Foti Mariano da Calderone Mariano e Caranna Fortunato”. Questi ultimi due, oggi, sono finiti agli arresti domiciliari.
Nel corso della notte, i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno dato esecuzione, in Sicilia e Calabria, a ordinanze di custodia cautelare, collegate tra loro, emesse, su richiesta della Procura Distrettuale della Repubblica di Messina, dal G.I.P. presso il locale Tribunale, nei confronti di 86 persone – di cui 53 destinatari del carcere, 28 degli arresti domiciliari e 5 dell’obbligo di presentazione alla p.g. – sul cui conto il gip ha riscontrato gravi indizi di colpevolezza dei delitti – a vario titolo – di associazione di tipo mafioso, estorsione, scambio elettorale politico mafioso, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e porto illegale di armi, incendio, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, con l’aggravante del metodo mafioso.
Il controllo del mercato ortofrutticolo e il business dei locali notturni
L’attività investigativa è il risultato di una più ampia, progressiva e strutturata manovra - condotta dal 2018 ad oggi e coordinata dalla Procura Distrettuale di Messina e finalizzata a disarticolare l’attuale operatività della famiglia mafiosa “dei barcellonesi”, storicamente radicata nel comune di Barcellona Pozzo di Gotto e sul versante tirrenico della provincia di Messina, capace di esercitare un costante tentativo di infiltrazione anche in attività imprenditoriali e di economia lecita, sia nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli - nel cui ambito la consorteria si è inserita attraverso imprese fittiziamente intestate, non mancando di imporre, con metodo mafioso, forniture dei prodotti e prezzi di mercato da applicare sulla merce, sia nella conduzione del business dei locali notturni e ricreativi del litorale tirrenico nell’area di Milazzo, in cui, oltre a imporre i servizi di sicurezza mediante l’utilizzo di metodi coercitivi e intimidatori - tra cui l’incendio doloso di una sala ricevimenti riconducibile a imprenditori concorrenti - l’associazione mafiosa è sovente intervenuta per condizionare i titolari nell’attività gestionale.
La riorganizzazione dei "Barcellonesi"
Gli esiti delle odierne attività investigative hanno consentito di fare luce sull’ulteriore e rinnovata operatività della consorteria mafiosa, la cui esistenza è stata accertata negli anni con varie sentenze, all’esito di numerosi procedimenti penali (Mare Nostrum, Icaro, Vivaio, Pozzo, Gotha, Dinastia), che ne hanno decimato le fila con l’arresto e la condanna di capi storici e gregari, documentandone la struttura associativa, il modus operandi e gli efferati delitti, nei vari periodi di riorganizzazione interna ed assestamento del sodalizio conseguenti ai numerosi interventi repressivi subiti. Le indagini condotte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Messina hanno consentito di evidenziare la spregiudicatezza e la piena operatività della compagine mafiosa, mediante una continuità garantita dai sodali di maggiore spessore criminale liberi sul territorio ovvero ristretti agli arresti domiciliari, i quali, sovente - appena scarcerati - in spregio ai provvedimenti restrittivi a cui erano sottoposti, si sono resi protagonisti di incontri e di interlocuzioni volte alla definizione di strategie condivise e dei nuovi assetti ed equilibri organizzativi – resisi necessari in seguito alle numerose operazioni di polizia giudiziaria che negli ultimi anni hanno interessato numerosi sodali di vertice – concordando di ricostruire un’Alleanza tra i vertici della citata famiglia mafiosa, in passato allontanatisi, per imporre una regia unica alle sistematiche attività delittuose e ripristinare una cassa comune (denominata “paniere” o “bacinella”) dove far confluire i proventi delle attività illecite, in parte destinati al sostentamento degli affiliati ristretti in carcere. La riorganizzazione ha riguardato non solo la riscossione sistematica e programmata delle estorsioni in danno di imprese ed esercizi commerciali, da prelevare nelle festività di Pasqua, Natale e Ferragosto, ma anche la pianificazione ed esecuzione di azioni intimidatorie quali incendi e violenze fisiche che hanno certamente sortito l’esito voluto, come dimostrato dalla mancanza di collaborazione da parte delle vittime che, in taluni casi, non hanno denunciato il rinvenimento di bottiglie incendiarie. Le investigazioni hanno inoltre permesso di rilevare come l’associazione investigata, di cui è stata accertata la disponibilità di armi, anche da guerra, si sia prodigata al fine di monopolizzare le attività delittuose nel territorio, non solo attraverso il taglieggiamento degli imprenditori locali, ma anche mediante:
- il controllo del business della prostituzione, esercitato nell’area milazzese da un’associazione promossa da individuo contiguo alla “famiglia mafiosa”, a cui garantiva periodiche dazioni di denaro in cambio di “protezione”;
- l’approvvigionamento di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, destinata alle piazze di spaccio Barcellonesi, Milazzesi e di altri comuni della provincia;
- la gestione di bische clandestine ove promuovere il gioco d’azzardo;
- la capacità di stabili interlocuzioni con altre consorterie mafiose radicate in Sicilia e in Calabria.
Lo scambio elettorale politico mafioso
Sono state inoltre riscontrate, in occasione delle elezioni amministrative tenutesi a Barcellona Pozzo di Gotto il 4 e il 5 ottobre 2020, interlocuzioni tra un uomo di vertice dell’associazione mafiosa e soggetti appartenenti al mondo della politica, indicative di una promessa, in cambio di posti di lavoro e altre utilità, di supporto elettorale a un candidato. Contestualmente all’operazione, sono stati sottoposti a sequestro preventivo 3 società – di cui 1 operativa nel settore immobiliare ed utilizzata per agevolare, con appartamenti dati in affitto, lo svolgimento dell’attività di meretricio, e le restanti nella vendita all’ingrosso di ortofrutta, riconducibile agli odierni indagati, 4 immobili – di cui due impiegati come case di prostituzione e due fittiziamente intestati – nonché 1 locale e 1 veicolo, per un valore complessivo di circa 1 milione di euro. Un secondo collegato filone investigativo condotto dai Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), coordinato sempre dalla Procura Distrettuale peloritana, avviate in seguito alla scarcerazione di un sodale di spicco della “famiglia barcellonese” deputato alla gestione del traffico di stupefacenti e finalizzate ad approfondire e contrastare lo specifico settore illecito, ha consentito di individuare due associazioni che alimentavano a vario titolo le piazze di spaccio non solo di Barcellona Pozzo di Gotto, ma anche di altri comuni dell’area tirrenica, tra cui Rodì Milici, Terme Vigliatore e Milazzo, spingendosi finanche – nello spaccio al dettaglio - a Messina e a centri situati sulla fascia ionica della provincia, nello specifico Letojanni e Giardini di Naxos. A riscontro delle attività, sono stati sequestrati durante l’indagine circa 19 kg di sostanza stupefacente tra cocaina, hashish e marijuana. Il terzo filone investigativo è stato sviluppato dai Carabinieri della Compagnia di Milazzo ed ha ulteriormente consentito di documentare la filiera al dettaglio dello spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana, hashish, LSD e cocaina, approvvigionate ad opera di due distinti gruppi criminali e distribuite nell’area di Milazzo, della Valle del Mela, del barcellonese e nelle Isole Eolie.
È stata inoltre accertata, in capo ad alcuni indagati, la disponibilità di armi da fuoco, nonché il ricorso a minacce, percosse e danneggiamenti (in una circostanza alcuni degli indagati hanno sequestrato e rapinato un giovane, condotto in un luogo isolato, percosso violentemente e derubato) al fine di riscuotere i proventi di cessioni ancora non onorate, nonché la commissione svariati furti in danno di abitazioni, un istituto scolastico e diversi esercizi pubblici (lidi balneari, un cantiere nautico e un’autorimessa), commessi per assicurarsi il danaro per l’acquisto di partite di sostanza stupefacente. Nel corso delle investigazioni, i militari operanti hanno - tra l’altro - arrestato in flagranza 5 persone e deferite altre 10 in stato di libertà, per detenzione illecita di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di arma comune, furto, ricettazione ed altro. Complessivamente nei richiamati provvedimenti cautelari, il Giudice per le Indagini Preliminari ha riconosciuto i gravi indizi comprovanti la sussistenza del reato di associazione di tipo mafioso per 13 persone e del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti per 22 indagati, con la rubricazione dell’aggravante del metodo mafioso nei confronti di 42 indagati.
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