Nell’estate di sei anni fa gli agenti del Nucleo decoro della Polizia municipale, allora guidati dal commissario Biagio Santagati, svelavano gli orrori segreti del Castellaccio, la fortezza dalle antiche origini che svetta sulla collina tra Gravitelli e Montepiselli, a poca distanza da Castel Gonzaga.
Un luogo che aveva avuto vita finché era rimasto nella gestione di padre Nino, il mitico fonfatore della “Città del Ragazzo”. Un bene vincolato dalla Soprintendenza nel 1998 e per il quale, nell’ottobre del 2012, era stato presentato un progetto di riqualificazione, ammesso a finanziamento dalla Regione siciliana.
Ma di quei fondi non si è saputo più nulla.
E nel giugno 2013 Santagati e i suoi uomini scoprirono i nuovi danni inferti durante le solite scorribande dei vandali. Il cancello d’ingresso scardinato, i muri dell’edificio imbrattati con bombolette spray, pareti, infissi e controsoffitti sfregiati.
E poi i segni di vecchie, mai smentite, “leggende metropolitane”: raduni di tossici, “giochi di ruolo”, riti satanisti. L’anno prima il Castellaccio era stato aperto al pubblico, grazie all’iniziativa della sezione messinese dell’Istituto italiano dei castelli presieduto da Michaela Marullo.
E invece ecco come è ridotto il Castellaccio anche nell’estate 2019.
L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud in edicola, edizione di Messina
Caricamento commenti
Commenta la notizia