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Il Messina sprofonda ma tutto resta com’è

Mentre la situazione rischia di farsi irrecuperabile, i responsabili sono fermi al loro posto

Incontri dagli esiti top secret, faccia a faccia, idee e strategie per tirare fuori il Messina dal baratro in cui è piombato: si cerca di risanare una situazione che probabilmente è già compromessa in maniera irrecuperabile, ma piuttosto che attaccarsi a una “mossa della disperazione” si continua a perseverare, insistendo su una strada che sta portando i colori giallorossi dentro un vicolo cieco.
L’Acr è in totale crisi di risultati, con il solo punticino conquistato nelle ultime sei partite. Una media da retrocessione diretta piena. Ma nessuno paga e regna il silenzio (a parte la “mini-deroga” legata a questioni extra-campo, per chiarire che non vi sono al momento in essere trattative per la cessione del club). Un quadro aggravato da un’involuzione nelle prestazioni sconfortante, l’ultima di Castellammare davvero al limite della decenza. Tanto da portare gli irriducibili sostenitori peloritani giunti sino al “Menti”, a lasciare prima del triplice fischio l’impianto campano. In segno di disappunto, non certo di resa. Per loro la biancoscudata è sacra, dovrebbe esserlo anche per chi la indossa e la rappresenta fuori dal campo, ma quel furore agonistico e motivazionale che dovrebbe animare una squadra in lotta per la salvezza, non si vede nemmeno con il binocolo.
Nessuna reazione: il Messina andato in svantaggio non ha mai recuperato, ha sempre perso, chiaro ed evidente specchio di una squadra carente a livello di personalità, disunita e che non sembra nemmeno più riuscire a rispondere alle sollecitazioni di chi la guida. Con molti dei suoi componenti probabilmente già con la testa altrove.
Avanti così, come se nulla fosse. Di questi tempi, l’anno scorso erano già stati cambiati tre allenatori: da Sullo a Capuano (prossimo avversario), passando poi al duo Cinelli-Raciti. Concludendo poi a gennaio con la rivoluzione dirigenziale: via Lo Monaco, dimesso Argurio che aveva costruito una squadra con delle criticità ma comunque con valori, emersi poi con l’innesto invernale delle due-tre pedine chiavi mancanti. Adesso, per riemergere, servirebbe una rifondazione e farla in corsa non è detto che porti i frutti sperati, specie quando la condizione generale, appare disperata.
Eppure chi l’ha determinata non si muove dal posto di comando. Niente dimissioni del duo Pitino-Auteri, né esonero congiunto della proprietà che a settembre aveva giurato di volere confermare il tecnico di Floridia anche davanti a dieci sconfitte di fila. Di certo questa ostinazione avrà dei significati, che l’intero ambiente (noi compresi) fatichiamo a capire e che probabilmente non capiremo mai visto che nessuno si degna di spiegare i motivi di scelte completamente scollate dalla realtà. Il pessimismo che si è determinato in virtù dei catastrofici risultati e dinamiche che ciclicamente si ripetono, continua a raccontare cose che solo chi non vuole vedere, non vede.
Serve una svolta sul piano tecnico, è palese. Anzi servirebbe un ribaltone totale, da cima a fondo, perché quando gli stessi soggetti assumono (ormai da tempo) i connotati di colpevoli e alibi per gli altri, l’unico metodo per venirne fuori è cancellare definitivamente le ambiguità, aprendo un altro ciclo. Quello attuale, pare finito.

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