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Pietro Lo Monaco:
"Messina, ora
l’ultimo sforzo"

Pietro Lo Monaco

Il dopo Palermo si chiama “San Filippo”. Pietro Lo Monaco si presenta puntualissimo alla sgambatura di metà settimana. Senza un rettangolo verde e un pallone non sa stare, l’improvvisa rottura con Zamparini va subito messa alle spalle. Come? (Ri)avvicinandosi al suo Messina, vivendo più da vicino quella “creatura”che sta galoppando verso la Lega Pro. Assiste alla partitella dei giallorossi da bordocampo affiancato dal figlio Vincenzo, dal presidente Isidoro Torrisi e dal ds Fabrizio Ferrigno. Lo stato maggiore del club giallorosso per un test che vale poco, pochissimo, ma che segna il riavvicinamento del patron dopo l’infelice esperienza alle falde del monte Pellegrino. Ne avrebbe cose da dire, il patron, che in stagione vanta già due brevi esperienze in club di A (Genoa e Palermo). Evidentemente era scritto da qualche parte che dovesse vivere la parte più delicata della stagione al fianco della squadra di cui è proprietario dal giugno scorso. «Adesso sì che potrò stare più vicino alla squadra – ha detto il patron giallorosso – anche se nelle prossime settimane sarò un po’ in giro a vedere calcio». Anche internazionale, soprattutto sudamericano. «Lo sapete che un periodo in Argentina me lo concedo sempre – continua il patron giallorosso – e anche quest’anno ho programmato una ventina di giorni in Sudamerica per vedere partite e annotare giocatori». Il calcio argentino resta una grande passione (solo nella sessione invernale del mercato, a Palermo, ha portato Formica, Faurlin, Sperduti e Boselli, senza dimenticare la “colonia” argentina messa su negli anni scorso a Catania, ndr). Ha poca voglia di parlare del recente passato, anche se ammette di essersi «emozionato il giorno in cui, lasciando il “Barbe - ra”» nel giorno del divorzio dal Palermo, «sono stato applaudito da tanti tifosi rosanero. Posso assicurare di aver ricevuto più affetto in quattro mesi a Palermo che in nove anni a Catania». Un saluto a Edy (il piccolo che lotta contro la malattia di Duchenne, presente a bordo campo con il papà Maurizio), poi un’occhiata alle tribune del “San Filippo”. «Mi chiedo come ancora il pubblico, e non i soliti fantastici tifosi, non si siano avvicinati alla squadra. Questo stadio vuoto è triste... Ho visto che domenica scorsa al “Celeste” erano in cinquemila, non voglio pensare che sia solo una questione di stadio», dice il patron. Che poi aggiunge: «Com’è finita con la strada alle spalle della curva nord?». L’imbarazzo dei presenti è la migliore risposta. Ma lo stadio è un nervo scoperto che accende il patron: «Abbiamo già uscito tanti quattrini di tasca nostra, adesso mi accorgo anche che il manto erboso va migliorato in alcune zone...». Quando il discorso si sposta sulla squadra, ricorre alla scaramanzia. D’altronde le sue origini sono pur sempre campane: «Calma col dire che il più è fatto – sostiene il proprietario dell’Acr – ancora la promozione è tutta da conquistare, ormai è una lotta a due con il Cosenza e ce la giocheremo fino all’ul - timo, sapendo che oltre al vantaggio in classifica potremo giocare lo scontro diretto sul nostro campo». Non si fida dei Lupi in difficoltà societarie, Lo Monaco. E snocciola dall’album dei ricordi un aneddoto: «Ai tempi in cui giocavo–ricor - da –vinsi un campionato a Vittoria (stagione 77/78, promozione in C2, ndr) in una simile situazione. Non ci pagavano, eppure giocavamo con più grinta. Arrivammo davanti a squadre blasonate come Messina e Cosenza, a dimostrazione che il contorno conta poco». E quando gli ricordano una battuta di Gagliardi, tecnico del Cosenza («Lo Monaco non ha mai giocato al calcio, Stefano Fiore sì»), il patron si scurisce. «Gagliardi chi? Franco? Allena ancora?», dice. Quel Franco, ex Reggina, appartiene alla sua “era”, il trainer rossoblù è il giovane Gianluca. Ma non chiedetegli di conoscere a fondo anche i meandri della D. Lui, il patron, è un fuoriclasse ai piani più alti. Laddove spera di riportare quella squadra di cui oggi è felicemente il patron. Ventiquattr’ore su 24...  

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