“Quattro amici al bar” è quel che resta nelle piazze di borghi meravigliosi afflitti dallo spopolamento, via via sradicati di secoli di vita. A perdersi per strada, per lo più quella che porta al Nord, sono culture e tradizioni, vittime della lunga stagione di disinvestimento.
Tra queste realtà compare anche Librizzi, sulla cui popolazione un colpo di scure, quella del trend generale di abbandonare i retroterra in virtù dell’urgenza lavorativa, ha dimezzato gli abitanti dagli oltre 3000 della seconda metà del secolo scorso ai poco meno degli odierni 1600 (di cui la metà trasferitasi a sua volta nella frazione di Colla Maffone). Una diminuzione cronica del numero di residenti, dovuta al rapporto difforme fra natalità e decessi, con sempre meno giovani coppie a dare nuove speranze demografiche.
Aria buona, tranquillità e coesione sociale, ma quali sono le occasioni? Carriera e prospettive difficili spesso non danno scelta alle nuove generazioni, lasciando in trincea i sindaci che raschiano il fondo dei bilanci per garantire i servizi basilari. Infrastrutture, scuole e persino il medico di base hanno dato filo da torcere a Librizzi, che ha rischiato di rimanere senza quando pure il “dottore di famiglia” ha deciso di trasferire la sua attività proprio a Colla Maffone. «La battaglia è alla logica dei numeri e al continuo depauperamento dei servizi sempre a discapito dei piccoli centri – spiega il sindaco Renato Di Blasi –. Proviamo a sfruttare i finanziamenti intercettati ampliandoli quanto più possibile a favore di altre opere attinenti». In effetti, basta raggiungere la piazza centrale per constatare la grandezza dei cantieri impegnati a rifare il look al paese, la cui cornice regala panorami mozzafiato tra il verde dei Nebrodi e il blu del Mar Tirreno da cui si scorgono generosamente incastonate le Eolie.
Fortune naturali che non reggono il confronto con le necessità moderne: «Abbiamo abbattuto decine di ruderi, potenziando il decoro urbano e creando nuovi spazi sociali – prosegue Di Blasi –, ma cosa può fare un Comune montano che tuttavia, si badi, non rientra nell’omonimo elenco? Escluso dagli incentivi derivanti, rimaniamo ad assistere agli effetti del decentramento tout court, con sparuti interventi di manutenzione che fanno desiderare il prezioso lavoro dei cantonieri ormai in estinzione. A mettere una pezza sulle strade dissestate solo ordinanze volte a ridurne la velocità fino a 10 km/h o a vietarne il transito, inficiando ulteriormente i collegamenti. In pratica, ai Comuni non resta che sperare in politiche mirate, che superino manovre miopi e contributi che nulla risolvono senza una programmazione che si protragga nel tempo».
Prova del 9 potrebbe dirsi il Comune di Montagnareale, che si erge a soli 300 metri dal mare e a circa 5 Km da Patti, quindi alla comoda portata di tutti i servizi. Eppure, lo spopolamento non ha risparmiato neppure il paese delle fontane e delle castagne, geograficamente così fortunato da trovarsi a un passo dai centri costieri pur godendo della ricercata tranquillità collinare. Un connubio perfetto, rafforzato dalla presenza della guardia medica, dell’ufficio postale, di asili nido, strutture sportive munite di diversi campi e piscina comunale, e di un grande centro sociale aperto a diversi eventi. Anche qui il sindaco, Salvatore Sidoti, prova a rendere più attrattivo il borgo che amministra, potenziando storiche manifestazioni e provando a supportare l’avvio di nuove attività. Ma la finestra di un solo ventennio, l’ultimo, vede il numero dei residenti ridotto di oltre 400 abitanti, passando dai circa 1800 a meno di 1400. Anche qui sono le giovani generazioni a venir meno, rendendo più nitidi i motivi della fuga sociale: la strutturale carenza di occasioni di lavoro qualificato e il persistente divario di aspettative e condizioni generali di realizzazione professionale e personale. È il grande gap: se l’Italia non è un Paese per giovani, il Sud lo è ancora meno.
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