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Messina e la classifica dell’attrattività: enormi potenzialità all'orizzonte

Il report de “Il Sole 24 Ore” evidenzia la contraddizione di un capoluogo come il nostro, che oscilla tra città medie e aree metropolitane. Saldo migratorio (la quota di persone che si spostano da altri Comuni per risiedere qui) sempre più negativo

«Oscilla il pendolo dei territori... Oggi segna il tempo delle città medie a cui occorre guardare se vogliamo comprendere come stia mutando la società italiana». Nel report pubblicato qualche giorno fa da “Il Sole 24 Ore” si delinea l’attuale «confronto tra due forze: neomunicipalismo inteso come nuova amalgama delle élite urbane e capitalismo delle reti che ormai anche nelle città medie trainano le economie urbane e fanno da infrastruttura alla vita quotidiana. È l’affermarsi del capitalismo delle reti e delle piattaforme digitali come attori emergenti il principale driver delle economie terziarie».

“Turisticizzazione” trainata dalle piattaforme globali, crescita delle industrie riproduttive del capitale umano nella formazione e nella salute, una industria dell’abitare e un mercato immobiliare trainati dall’attrattività turistica e universitaria: sono queste le linee portanti del cambiamento in atto in Italia, dove il ruolo delle città medie diventerà decisivo nei prossimi dieci anni. Città che «sono anche piccole capitali di distretti evoluti in piattaforme manifatturiere territorializzate che domandano e attraggono forza lavoro migrante. Più le città medie sono connesse, più attraggono popolazione metropolitana alla ricerca di migliori condizioni di costo della vita, di qualità ambientale e dei servizi di prossimità».

Il punto, sottolinea il quotidiano di Confindustria, «è che le città medie necessitano urgentemente di una nuova stagione di investimenti in beni collettivi, in rigenerazione delle infrastrutture civiche, nella creazione di nuove reti di gestione dei flussi: in sintesi di investimenti per costruire piattaforme di governance delle grandi funzioni... Un tessuto di nuovi corpi intermedi composto da autonomie funzionali come le Fondazioni, i Musei, le Università, entità radicate nella storia urbana locale sfidate a produrre beni collettivi come welfare, cultura, ricerca e formazione. Anche le rappresentanze storiche dell’impresa del commercio e dell’artigianato, cambiano nel loro radicamento territoriale partendo dal contado dei distretti e delle piattaforme dove morde il tema delle retribuzioni e del lavoro.

La “Gig economy” non è solo metropolitana. Nella transizione ecologica e dei servizi divengono centrali le utilities pubbliche o miste, il cui ruolo di piattaforme di servizi di area vasta è in crescita. Trattano risorse scarse come acqua, energia, trasporti e trattamento rifiuti…». Il dato certo è che «è in atto una metamorfosi delle città medie. Un lento divenire di classe dirigente e di sindaci che cresciuti ponendo il tema delle connessioni hard nelle piattaforme, autostrade, pedemontane, alta velocità, mobilità dolce delle aree interne, oggi deve confrontarsi con il capitalismo delle reti della logistica del digitale e delle utilities che ridisegna vita sociale, welfare e forme di convivenza. Tutti, partendo dalla loro coscienza di luogo vorrebbero fare della loro città una piccola smart city. Speriamo prendano coscienza che stanno facendo di più. Stanno ridisegnando la smart land delle 100 città dell’Italia che cambia».

Messina, in questa analisi di scenari, presente e futuro, è in una posizione ibrida. Da un lato, rientra tra le 14 principali Aree metropolitane del Paese (siamo la tredicesima città d’Italia, avviamo sempre rivendicato con orgoglio questa posizione, frutto soprattutto di epoche dove la demografia era sinonimo di espansione, non di crollo delle nascite e di fuga dei giovani). Dall’altro, essendo scesa (di molto) dalla soglia dei 250mila abitanti, è ricompresa tra le “città medie”, quelle che vanno dai 65mila ai 249mila residenti. Le due anime, – il tentativo di pensare in grande, e la obiettiva dimensione urbana che va sempre più restringendosi – spiegano, almeno in parte, le nostre grandi contraddizioni.

Nelle ultime settimane ci sono stati vari Report nazionali che sono, poi, lo specchio di tali contraddizioni. Nella “classifica dell’attrattività”, pubblicata sempre da “Il Sole 24 Ore” lo scorso 24 luglio, Messina è decisamente in basso. Si tratta di quella particolare graduatoria dei Comuni, per fascia di abitanti, con il migliore saldo migratorio tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche, da e per un altro Comune, ogni mille residenti (dati riferiti al periodo aprile 2023-aprile 2022). Tra i Comuni nella fascia tra 65mila e 250mila abitanti, Messina ha continuato a perdere punti in percentuale rispetto al 2019. E lo stesso può dirsi se la si inserisce nella classifica delle Città metropolitane.

Ma gli scenari di prospettiva indicano che Messina, a differenza di altre città italiane, ha enormi potenzialità per capovolgere un trend negativo che va avanti ormai da due decenni e per collocarsi da protagonista in quella fascia di città tra i 200mila e i 250mila abitanti che, secondo le previsioni degli analisti, degli esperti di economia sociale ma anche degli urbanisti, rappresenterà sempre di più il volto della “nuova Italia” proiettata verso il 2030-2040. Ma ci vuole, come evidenzia “Il Sole 24 Ore”, la capacità di avviare una stagione di investimenti nei beni collettivi e nella rigenerazione infrastrutturale del territorio.

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