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Come cambia la navigazione nello Stretto con il Ponte. Il franco navigabile troppo basso? La “Stretto” e Eurolink: il problema è risolto

Il passaggio di una nave sotto il Ponte in Danimarca

Il tema della coesistenza tra il Ponte e il traffico marittimo è stato al centro di interventi di numerosi esperti e tecnici, di livello nazionale e internazionale, ed è anche il filo conduttore di tutte le riunioni del Tavolo tecnico per la navigazione nello Stretto presieduto dall’ammiraglio Nunzio Martello.
A riaccendere i riflettori in questi ultimi giorni è stato un articolo del “Sole 24 Ore”, a firma del prof. Franco Munari, ordinario di Diritto dell’Unione europea all’Università di Genova e partner della “Deloitte Legal”. Di fatto, il docente universitario ripropone la questione del franco navigabile, «di 50 metri di altezza ai lati del Ponte e di 65 metri al centro. Già oggi la navigazione lungo lo Stretto è gestita con schemi di separazione del traffico, cioè lungo corsie di marcia che le navi debbono percorrere, e già oggi, a fronte di circa 13mila transiti all’anno di navi mercantili, sono diverse centinaia le navi con altezza superiore ai 50 metri che attraversano lo Stretto lungo la direttrice verticale. La costruzione del Ponte certamente implicherà ulteriori misure restrittive della navigazione (si parla, ad esempio, di senso unico alternato), che dovranno essere preventivamente concordate a livello internazionale, a norma della Convenzione Onu sul diritto del mare. In ogni caso, bene sarebbe valutare appieno le conseguenze di tali nuove misure anche sulle scelte di opportunità per una nave nel percorrere lo Stretto».

E il secondo aspetto da valutare, secondo Munari, «è quello relativo all’altezza delle navi. Considerata la costante crescita delle dimensioni delle navi, andrebbe forse meglio approfondita l’idea di realizzare un’infrastruttura secondo un progetto che, già oggi, impedirà a non poche navi la navigazione lungo lo Stretto. A questo proposito, non parrebbe persuasivo impostare come limite dell’air draught quello di 65 metri (sopra quel limite di altezza le navi sarebbero fisicamente impossibilitate a transitare sotto il Ponte), mentre da 50 a 65 metri il passaggio sarebbe consentito lungo una corsia centrale, che si stima essere larga circa 600 metri: incidenti gravi, come quello recentissimo della “Dali” a Baltimora, impongono di considerare il rischio che, in caso di avaria, navi più alte di 50 metri possano comunque deviare la propria rotta e colpire il Ponte. Non si tratta di ipotesi fantascientifiche alla “Godzilla”... Questi scenari vanno allora adeguatamente considerati, a conferma che, per progetti così ambiziosi, parrebbero sconsigliabili effetti annuncio o eccessive semplificazioni», conclude così il docente dell’Ateneo genovese.

E il prof. Munari non è l’unico ad aver riproposto questo tema. L’anno scorso a farlo furino vari responsabili dell’industria dello “Shipping”, tra i quali il presidente di Federlogistica, l’ing. Merlo, il quale aveva lanciato un “segnale d’allarme”, evidenziando «come un Ponte con quell’altezza dal mare non consentisse il passaggio delle moderne navi portacontainer e delle grandi navi da crociera, costringendole, quindi, a circumnavigare la Sicilia per poter accedere ai porti del Mar Tirreno e del Mar Ligure». È stato detto che «nel 2022 erano attive 69 navi porta container di grandissime dimensioni, che non potrebbero mai passare sotto il Ponte, allo stato del progetto attuale. E anche le moderne grandi navi da crociera non potrebbero passare sotto il Ponte con l’altezza attualmente prevista.

La “Oasis of the Sea” della Royal Caribbean ha un’altezza di 72 m, come la “Queen Mary 2” e la “Symphony of the Seas”; “Harmony of the Seas” è alta 70 m, la “AIDAnova” è alta 69 m, la Disney Dream e la Disney Fantasy sono alte 66 m, “Ovation of the Seas”, “Quantum of the Seas”, “Anthem of the Seas”, “Oasis of the Seas” e “Allure of the Seas” sono alte 65 m, mentre la “Costa Smeralda” è alta 63 m. Le navi militari hanno lo stesso problema soprattutto per le porta-aerei. Le navi della classe “Nimitz” sono alte quasi 77 m. Anche alcune barche a vela, come il “Sailing Yacth A” sono alte 91 m».

La risposta della “Stretto di Messina”, e del General contractor (il Consorzio Eurolink) è sempre stata la stessa: «Il franco navigabile è di 65 metri per una larghezza di 600 m, in presenza di gravose condizioni di traffico stradale e ferroviario, e di 70 metri in assenza di treni e mezzi pesanti. Tale valore è in linea con il franco navigabile dei ponti sui principali canali di navigazione internazionale».

E ancora: «Il Ponte ha un’altezza massimo di 74 metri sul livello del mare e garantisce un canale di navigazione largo 600 metri con un franco minimo navigabile di 65,5 metri di altezza. Tale franco rispetta lo standard mondiale di 65 metri, pertanto è in grado di garantire un agile passaggio a tutte le imbarcazioni che transitano oggi nel Mediterraneo. Le uniche navi con un’altezza critica sono quelle da crociera di ultima generazione, ma queste hanno un sistema di ciminiere e antenne retraibili che consentono di ridurre l’altezza complessiva sotto i 65 metri. Le più alte sono comunque poche, come quelle della Royal Carribean, che hanno un’altezza 65 ai 72 metri, e utilizzano questo sistema di ciminiere e altezze retraibili per passare sotto i ponti più importanti, come quelli del Bosforo o per l’ingresso nel mar Baltico e quindi passerebbero anche sotto il Ponte sullo Stretto». Ed è proprio il Ponte sul Bosforo il maggior termine di riferimento.

Ma non c’è solo la questione del franco navigabile. Il tavolo tecnico coordinato dall’ammiraglio Martello, ormai da mesi, sta esaminando tutte le problematiche, criticità e opportunità derivanti dalla coesistenza” tra i cantieri (e poi il Ponte realizzato) e quelle tipologie e modalità di navigazione che, comunque, resterebbero nello Stretto. È evidente, come Martello ha più volte dichiarato durante le riunioni e anche in sede di audizione davanti alla Commissione Ponte, che un’Autorità unica dovrà gestire tutto il traffico e che con la realizzazione del collegamento stabile, «l’intera Area dello Stretto deve avere una visione completamente diversa».

Nel corso dei lavori, la maggior parte degli spostamenti di materiali avverrà via mare, dovrà essere potenziato il “Vts”, il sistema di “Vessel traffic service” che, dominando lo Stretto dall’altura di Forte Ogliastri, fornisce in tempo reale le informazioni alle navi che transitano dal nostro mare. E anche la professoressa Cinzia Ingratoci, docente di Diritto della Navigazione all’Ateneo peloritano, componente del tavolo tecnico, ha confermato che l’idea è quella della creazione di una Autorità di bacino, che gestisca tutti i flussi di navigazione nel braccio di mare tra Sicilia e Calabria. Per quanto riguarda la sicurezza, proprio in questi giorni si stanno trasmettendo i documenti all’Autorità internazionale competente, cioè la “Imo- International Maritime Organization”.

Altro passaggio determinante, più volte indicato dai componenti del tavolo tecnico voluto dal Mit, è quello di sancire la creazione della tanto auspicata “Area integrata dello Stretto” «con un documento normativo». E su questo punto, si sta lavorando da mesi.

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