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Giuseppe, l'informatico di Messina: idee, coraggio e tanto impegno

Una grande passione, gli studi interrotti per motivi di salute, la rivincita con il successo della propria start-up. Ha dovuto interrompere il corso di laurea al Politecnico, ci è tornato da imprenditore

Giuseppe Gullo

I libri di Informatica, a scuola, li nascondeva dentro quelli di Filosofia e ora ha creato la prima Academy italiana per “Data Science, Machine Learning, Artificial Intelligence”, con l'obiettivo di progettare e sviluppare tecnologie innovative a supporto della formazione professionale. Giuseppe Gullo, classe 1991, originario di Giardini Naxos, è l'anima di questa “start-up”. La sua passione per la programmazione nasce ancor prima e la competenza da autodidatta.
«Ho frequentato il liceo classico – racconta Giuseppe – un percorso, il mio, utile ad ampliarmi gli orizzonti ma che non mi è servito molto per la mia professione. Durante il primo anno ebbi un incidente che mi causò un trauma alla colonna e in quel periodo, in cui gli specialisti cercavano di rimettermi in piedi, mio papà mi comprò un portatile usato con cui trascorrevo intere giornate. Ma devo dire che sin da bambino ho avuto la fissazione di capire come le cose funzionavano. Smontandole e rimontandole, anche se diciamo che questa parte non mi riusciva sempre bene e ricordo ancora l'espressione di mia madre quando a 10 anni, il giorno di Natale, smontai pezzo per pezzo il robottino Emiglio che avevano regalato a me e mio fratello». Giuseppe, mosso da grande curiosità, cominciò a scervellarsi su come funzionassero i videogiochi, compagni di svago, e cominciò a interessarsi alla programmazione, praticamente giocando e senza sapere che si trattasse in realtà di una vera e propria professione.
«È stato un percorso inizialmente durissimo. Per imparare utilizzai il mio solito approccio, scaricavo programmi già fatti che trovavo nei forum, cambiavo pezzi e vedevo un po’ cosa accadeva. Il primo linguaggio di programmazione che studiai fu il C, che non è famoso per la sua semplicità e per essere alla portata di un 14enne autodidatta, però questo mi aiutò tantissimo perché dopo averlo imparato, il resto fu in discesa». E le grandi cose sono arrivate prestissimo, perché a 16 anni il giovane sviluppava app per mantenersi ed è stato uno dei primi italiani a pubblicare una “app” sull'allora “android market” nel 2009, a 18 anni appena compiuti. «Da quando ho iniziato a muovere i primi passi nell’informatica, il mio obiettivo è sempre stato quello di utilizzarla per raggiungere quante più persone possibile. Già a 16 anni avevo messo in rete qualche software utility gratuito e gestivo un blog per aspiranti hacker, nell’accezione ampia del termine, con qualche centinaia di visite giornaliere. Poi nel 2008 arrivarono le app, che hanno rivoluzionato il settore del software, rendendolo non più prerogativa di grosse aziende, ma accessibile anche a piccoli sviluppatori indipendenti, e a quanto pare anche a teenager smanettoni come me. Dopo aver saputo delle app, iniziai a lavorarci subito, pubblicai ufficialmente la mia prima app esattamente il giorno del mio 18esimo compleanno, dato che non era permesso ad un minorenne di aprire un “wallet” per ricevere i compensi provenienti dagli acquisti. Era un antifurto per smartphone, che faceva letteralmente invocare aiuto al telefono nel caso in cui qualcuno tentasse di rubarlo. Ebbe circa 25.000 download nella versione gratuita e qualche centinaio a pagamento. Per il me maggiorenne fu un successo enorme ». Un anno dopo aprì la partiva Iva , e scelse di andare al Politecnico dove lavorò ad un prototipo di un rover lunare e al sistema di riconoscimento facciale di un citofono smart. «Da matricola entrai in un team di studenti che stava realizzando un prototipo di rover lunare, fui messo in team con altre matricole per svilupparne il sistema di controllo e comando da computer. Il team si disgregò perché si trattava di un progetto troppo complesso e alla fine rimasi solo, è probabilmente nella top 3 delle esperienze che mi hanno fatto crescere di più professionalmente. L’anno dopo mi misero a capo del team di sviluppo composto da circa 6 studenti. Con questi stessi ragazzi ho stretto un forte legame di amicizia e insieme abbiamo rappresentato il Politecnico di Torino e l’Italia ad un concorso internazionale. Il progetto era un citofono smart in grado di riconoscere le persone e inviare alert personalizzati, fu una sorta di precursore di quello che diversi anni dopo divenne Amazon Ring. Arrivammo in finale ad Hannover, non vincemmo ma questa esperienza mi permise di capire cosa volevo fare nella vita: occuparmi di Intelligenza artificiale».
A metà percorso di studi però ha lasciato i banchi universitari per tornare nella sua terra. «Il trauma dell’incidente adolescenziale – continua Giuseppe – fece scaturire una fibromialgia, problematica poco conosciuta ma fortemente invalidante per chi ne è vittima, nel mio caso è caratterizzata da dolori costanti e disturbi del sonno. Ma negli anni ho imparato a gestirla con ginnastica e meditazione. Purtroppo, a metà del mio percorso universitario un altro evento ha causato un acutizzarsi dei sintomi, con i dolori che hanno iniziato a limitarmi nei movimenti e i risvegli notturni che si contavano nell’ordine delle dozzine. Avendo perso parte della mia autosufficienza ho dovuto fare ritorno in Sicilia, dove comunque ho continuato a studiare come ho sempre fatto. Sono tornato al Politecnico qualche anno dopo, non più da studente ma da imprenditore. Una mia startup precedente, incubata presso l'I3P del Politecnico aveva realizzato l’app che utilizzava l'AI per generare e ottimizzare programmi di home fitness personalizzati». Il suo sogno? La rinascita tecnologica del nostro Paese e un futuro in cui la formazione sia rivoluzionata: « Il mio obiettivo, condiviso anche con il resto del team, è quello di realizzare soluzioni di AI a supporto della formazione, per rendere l’esperienza didattica quanto più personalizzata e adatta alle caratteristiche della persona, perché tutti noi apprendiamo in maniera differente... In America e Asia esistono già soluzioni del genere, in Italia e buona parte dell’Europa è ancora un campo inesplorato. Il mio sogno è quello di far adottare soluzioni del genere a scuole e università, in modo tale da tirare fuori il massimo dall’esperienza formativa, ridurre il tasso di abbandono degli studi e avere studenti pronti per il mondo del lavoro».
Il 2020, evidenzia Giuseppe Gullo, è stato un anno di svolta per il mercato digitale. La pandemia ha portato ad un aumento in tutte le generazioni della fruizione della tecnologia dando una forte impennata ai mercati legati allo sviluppo nel settore tecnologico. Secondo una ricerca svolta dall’ Osservatorio del Politecnico di Milano il settore dell’Artificial Intelligence ha risposto positivamente all’emergenza sanitaria, registrando un incremento del 15% rispetto al 2019 e raggiungendo un valore di mercato di circa 300 milioni di euro.

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