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I resti fossili di Acquedolci: le meraviglie scientifiche della grotta di San Teodoro

Nel corso delle numerose campagne di scavo sono emersi resti umani e animali risalenti a migliaia di anni fa

La ricostruzione. Un disegno che illustra il contesto della grotta di migliaia di anni fa

La grotta di San Teodoro, ad Acquedolci, è uno dei siti paleontologici più importanti d’Europa. Ci sono resti fossili di una grande varietà di animali vissuti migliaia di anni fa. E purtroppo non è molto nota ai più, ma quasi esclusivamente agli addetti ai lavori. Ne parliamo con la paleontologa ed ex docente universitaria Laura Bonfiglio, che allo studio del sito ha dedicato, e continua a dedicare, la sua vita, con decine di campagne di scavo, insieme a studiosi provenienti da tutti il mondo.

- Adesso in che fase siamo?
«La pandemia ha bloccato numerose iniziative: sono state sospese le visite annuali degli studenti della prof. Danielle Schreve del Dipartimento di Geografia della Royal Holloway University di Londra, ma anche il progetto di un nuovo scavo e di indagini geofisiche da condurre in collaborazione con colleghi delle università di Palermo e di Messina. È stato anche sospeso il ritorno di ricercatori della università di Bristol e del dipartimento di Scienze della terra del Museo di Scienze naturali di Londra».

- A cosa stavate lavorando?
«Con questi colleghi era in programma la datazione dello smalto dei denti di elefante della grotta e la pubblicazione dei resti di elefante. Già dagli studi pubblicati è noto che gli elefanti della grotta di San Teodoro sono vissuti fino a oltre i 21.000 anni fa. Sono gli elefanti sopravvissuti più a lungo in Europa Occidentale, dove si sono estinti intorno a 60.000 anni fa. Fra i resti di elefante provenienti dalla grotta è compresa la mandibolina di un neonato (o forse ancora un feto), unica mandibola di questa età del genere Palaoloxodon esistente al mondo».

- Quali sono gli ultimi step di studio effettuati?
«Nel 2020 sono state pubblicate 4 ricerche effettuate sia sui fossili recuperati durante gli scavi, e depositati nel Museo della Fauna ospitato nel dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina, sia su nuovi materiali raccolti nei livelli antropologici, in collaborazione con ricercatori dell’Università di Palermo. Alle pubblicazioni hanno collaborato anche colleghi dell’Università di Firenze, del Museo di Scienze Naturali di Comiso e la prof. Gabriella Mangano, che ha sempre partecipato agli scavi. Ancora da questi studi viene confermato l’eccezionale valore del patrimonio paleontologico della grotta di San Teodoro».

- Vogliamo fare qualche esempio per i non addetti ai lavori?
«Certamente. Un’indagine sul dna dello stesso metapodiale di Equus hydruntinus, datato a meno 21-23 mila anni fa, in uno studio del 2014 ha rivelato interessanti affinità con forme asiatiche. La migrazione dal continente alla Sicilia di questo cavallino, che ha scarsissime capacità natatorie e si muove solo sulla terraferma, è avvenuta durante l’ultimo Massimo glaciale, che ha abbassato il livello del mare di 130 metri rispetto al livello attuale, facendo emergere un ponte tra la Calabria e la Sicilia. Ed ancora, un’analisi dei sedimenti del livello antropologico della grotta di San Teodoro, sovrastante al livello di pigmento rosso che ricopriva gli inumati, ha confermato, come già suggerito da Paolo Graziosi e da Francesco Maviglia, che gli uomini paleolitici hanno usato la grotta in due distinte fasi. L’età dei resti di Bos primigenius (è un grande bovino estinto, n.d.r.) risulta compresa tra 15.224 e 14.708 anni dal presente, ed è conforme a quella già ottenute sui resti umani. Ma c’è ancora molto altro: uno studio sui resti di elefante, di ippopotamo e di orso, rinvenuti l’ultimo giorno degli scavi del 2006 all’interno della grotta, al di sotto del livello contenente le iene, indica che l’antico lago ricchissimo di resti di ippopotamo (vecchio di 200 mila anni) esteso davanti alla grotta e indagato negli anni 80, penetrava dentro la grotta molto prima dell’arrivo delle iene. Una successiva fase erosiva ha distrutto questi antichi depositi, prima che si formassero i depositi contenenti le iene. L’omero di elefante, attribuito a Palaeoloxodon sp., del quale finora erano noti solo esemplari maschili provenienti dalla Grotta dei Puntali, in provincia di Palermo, è stato attribuito a una femmina. Da questo studio risulta una notevole complessità dell’evoluzione tardo pleistocenica dell’area di Acquedolci e della grotta di San Teodoro».

- Guardiamo al futuro, la ricerca che può dare grandi risultati?
«Forse la più interessante e innovativa ricerca in corso riguarda le iene della grotta, alla quale collaborano colleghi dell’Università La Sapienza di Roma e del Dipartimento di Geografia della Royal Holloway University di Londra. Allo studio delle iene sono state applicate tecniche recenti, con produzioni di immagini tomografiche. La produzione di immagini tomografiche applicata alla Paleontologia dei vertebrati negli ultimi anni ha contribuito ad ampliare enormemente la gamma di informazioni ricavabili dallo studio delle ossa fossilizzate. E poi in corso di pubblicazione lo studio di strani noduli fosfatici giallastri, presenti in grandi quantità nella porzione più interna della grotta. Dalle analisi diffrattometriche e spettroscopiche e le osservazioni al “sem” risulta che i noduli hanno avuto origine dal guano di pipistrelli, i cui resti costituiscono il 35% dei micro mammiferi, estratti dai residui di lavaggio dei sedimenti della grotta».

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