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Messina, Elisa dalla dislessia al diploma: "Le diversità possono diventare ricchezza"

Sua madre, Mariella, ci ha sempre creduto. Una scommessa vinta grazie ad una grande famiglia. Elisa Sindoni, infatti, ha superato brillantemente la maturità con il massimo dei voti e quei disturbi dell'apprendimento che l' hanno portata a impegnarsi il triplo, sin da bambina, non hanno frenato la sua voglia di sognare.

E la partita per la vita l'ha giocata da subito, da quando i medici facevano previsioni poco incoraggianti prima su una gravidanza molto difficile, e poi su quella bimba scricciolo nata prematura. «Mamma - sottolinea Elisa - mi ha sempre raccontato di lunghe giornate passate a letto tra “La prova del cuoco” e le granite al limone, e forse la conferma sta nel fatto che adoro cucinare. Delle sue speranze e delle sue paure. L'episodio più significativo è legato all'11 settembre 2001, due giorni dopo la mia nascita, quando i medici mi hanno dichiarata fuori pericolo. Perché mentre in America cadevano le torri gemelle io mi affacciavo alla vita, e questa data è diventata per noi “tristemente” felice».

Una grande energia si respirava in casa nonostante tutto. E la dislessia, quel mondo che comprende i disturbi specifici dell'apprendimento, come disgrafia, discalculia, disprassia, disortografia, si è presentata con i primi segnali alla piccola, che aveva difficoltà nell'allacciare le scarpe, nel mettere numeri in colonna, e nello scrivere, visto che “imprimeva” parole “allo specchio”. «Conoscevo i contenuti e i ragionamenti che c'erano dietro le parole e i numeri, per cui ho sempre utilizzato l'esposizione orale per compensare. Tuttavia, nonostante la prima diagnosi risalga alla prima elementare, i miei genitori mi hanno nascosto la dislessia fino alla prima media, per spronarmi e fare in modo che non mi identificassi nei miei “limiti”. Studiavo tante ore al giorno, rispetto ai miei compagni, con risultati insufficienti, e questo mi insospettiva perché non capivo cosa non funzionasse. Poi è arrivata la consapevolezza di essere dislessica, che, però, non ha cambiato la mia vita perché ormai avevo acquisito i miei metodi. Ho capito che la mia sarebbe stata una gara di resistenza».

Un percorso scolastico iniziato alle suore del “Divino Zelo”, a Torregrotta, per poi passare alla scuola superiore “Giovanni Paolo II” di Fondachello, e infine all'istituto “Leonardo Da Vinci” di Milazzo. Dove è nata una scelta coraggiosa: «Un indirizzo, quello di “Grafica e comunicazione”, che mi ha permesso di dare sfogo alla mia creatività e che mi avrebbe dato ottimi sbocchi professionali, che tuttavia, dopo due anni, ho ritenuto non fossero i miei. E da qui, quindi, la scelta di “virare” verso il liceo delle scienze umane “Emilio Ainis”, che ha rappresentato una sfida sin dal primo giorno, tra difficoltà logistiche e materie nuove e stridenti con il mio precedente percorso, come il latino. Scelta che mi ha permesso di raccogliere i frutti dopo uno studio molto intenso. E per questo mi sento di dire che bisogna cambiare se non ci si riconosce più nel futuro che si sta costruendo, perché nessun muro è troppo alto».

Ed è stato un esame commovente, il suo, in cui non spiccavano le nozioni, che da sole non fanno mai la differenza, ma quella maturità piena, vitale, che ti fa comprendere l'essenza della letteratura applicata alla vita. Come la “Ginestra” di Leopardi, simbolo di resilienza, che calza a pennello ad Elisa. Ora, però, dopo questo successo si pensa al futuro: «Vorrei cambiare il mondo facendo il medico o l'insegnante, perché i medici salvano le vite mentre gli insegnanti salvano i sogni. La mia è la storia di una ragazza come tante che avrebbe potuto riconoscersi nei suoi limiti e invece ha deciso di essere i limiti che ha superato. Mi auguro quindi che leggendola qualcuno possa riconoscersi e trovare coraggio». Ma la giovane desidera raggiungere un altro scopo: «Voglio sensibilizzare - ha concluso - su un fenomeno ancora sottovalutato, che è una delle principali cause di abbandono scolastico. Per i dislessici si stila un piano didattico personalizzato, per aiutarli ad esprimere il loro potenziale. E io inviterei i docenti a pensarne uno per ciascun alunno, perché esistono tante diversità che se valorizzate possono trasformare l'handicap in una ricchezza. Per lo stesso motivo auguro agli studenti come me di avere coraggio, e ai docenti di non perdere mai la gioia dell'insegnamento che è quella che sostiene i ragazzi che sono e saranno sempre fuochi da accendere e non vasi da riempire».

 

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