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Politica e cambi di casacca: a Messina in cinque anni è cambiato (quasi) tutto

Da una stagione elettorale all’altra, le porte girevoli dei partiti si sono mosse senza soluzione di continuità. Lega e Fdi si sono “strutturate”, la crescita più clamorosa quella di Sicilia Vera di De Luca. Ma nel grande esercito dei trasformisti della politica, c’è chi resta fedele alla vecchia causa

Ci sono scelte indotte dai meccanismi, talvolta contorti, delle leggi elettorali. Altre che, invece, sono figlie delle più classiche folgorazioni lungo opportunistiche vie di Damasco. Ma ci sono anche i fedelissimi, quelli che nonostante tutto restano dove sono, in nome di una ormai desueta coerenza. Cambiare partito è usanza tipica della politica, della quale si è abusato soprattutto con la frammentazione della Seconda Repubblica. E ancor di più negli anni recenti e recentissimi, in cui la fluidità dell’appartenenza politica è divenuta direttamente proporzionale alla frequenza con la quale si sono succeduti Governi e amministrazioni, con confini sempre più labili tra coalizioni.
Non ci si può più stupire, dunque, se tra una stagione elettorale e l’altra gli stessi protagonisti alberghino in case politiche diverse. Spesso diametralmente opposte a quelle precedenti. La stagione 2017-2018 è stata quella che, nel giro di pochi mesi, ha visto il nostro territorio al voto per Regionali, Politiche e Amministrative. Lo stesso sta accadendo, in ordine inverso, in queste settimane e in un periodo ancor più ristretto, dalle Amministrative del giugno scorso all’Election Day (Politiche e Regionali insieme) del prossimo 25 settembre. In mezzo è successo di tutto: i più classici cambi di casacca, vere e proprie trasmigrazioni, nuovi partiti e pure nuove alleanze.

La crescita di Lega e Fdi

Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono stati in città due giorni fa e ad accoglierli c’era una pletora di politici locali che, cinque anni fa, in buona parte erano altrove. Bastino due dati: alle Regionali del 2017 i due partiti erano così poco strutturati, in Sicilia, che si presentarono in tandem in un’unica lista, che solo così varcò il muro del 5 per cento; alle Amministrative del 2018 le due forze nemmeno entrarono in consiglio comunale. Da allora è cambiato tutto. Solo due le esponenti meloniane che già cinque anni fa erano in Fratelli d’Italia e oggi ne sono divenute “veterane”: Elvira Amata ed Ella Bucalo. Per il resto si tratta per lo più di nuovi ingressi. Si pensi a Libero Gioveni, eletto nel 2018 in consiglio comunale col Pd e divenuto unico membro del gruppo di Fdi a metà mandato. Discorso a parte merita Diventerà Bellissima, “creatura” di Nello Musumeci che, di fatto, si è “federata” con Fratelli d’Italia e a di quell’area politica ha fatto sempre parte. Così non si può parlare di cambio di casacca per Pino Galluzzo, che tenta il bis a Palermo, o per Ferdinando Croce, il messinese più addentro alle cose del governo regionale.
C’è un unico caso di passaggio da Fdi a Lega, quello di Antonio Catalfamo, divenuto capogruppo di Fratelli d’Italia all’Ars. Da Forza Italia è giunto alla Lega Nino Germanà, che oggi è figura di primo piano dei salviniani, al punto da intestarsi, pressoché in solitaria, l’accordo con Cateno De Luca alle scorse Amministrative. Altro ruolo di spicco lo ha acquisito, nella Lega, Matteo Francilia, ex Udc, che fino al 2017 era candidato alle Regionali con i Centristi (a sostegno del centrosinistra), al fianco di Giovanni Ardizzone. Nella Lega è approdato, a sorpresa, l’ex sindaco Giuseppe Buzzanca, che cinque anni fa era fuori dal giro, ma che la sua storia l’ha costruita tra An prima e Pdl poi. Altrettanto a sorpresa ci è arrivato, nel Carroccio, il sindaco di Brolo Pippo Laccoto, che all’Ars ci era arrivato col Pd (vincendo la battaglia legale con Franco De Domenico), per poi aderire, da renziano doc, a Italia Viva. Oggi è candidato con la Lega. E nella Lega è transitato, nello scorso consiglio comunale, l’ex candidato sindaco del centrodestra, Dino Bramanti. Paradossalmente l’unico leghista messinese del 2018, il camaleontico Carmelo Lo Monte (che di cambi di casacca ne ha collezionati a iosa), oggi non lo è più: non è candidato, ma è al fianco di Cateno De Luca.

Gli arruolamenti di De Luca

La creatura dell’ex sindaco di Messina, “Sicilia Vera”, è certamente quella che, in questi anni, è cresciuta di più. Il dato macroscopico è quello del consiglio comunale: zero esponenti del partito di Cateno De Luca nel 2018, maggioranza assoluta dell’Aula oggi. Ma c’è molto di più e la lunga fase elettorale aperta a febbraio ha fatto emergere quanto fitta sia la trama tessuta dal candidato alla presidenza della Regione. Già nello scorso consiglio comunale con De Luca erano passati tre consiglieri eletti nel Movimento 5 Stelle (Serena Giannetto, Ciccio Cipolla e Giuseppe Schepis) e due che, invece, erano entrati a Palazzo Zanca “via” centrosinistra, Nello Pergolizzi da LiberaMe e Alessandro De Leo da Sicilia Futura. È stato solo l’inizio. Dal gruppo di Vento dello Stretto arriva una delle assessore di Federico Basile, Liana Cannata. Appena elette in consiglio comunale, pronti via hanno subito cambiato casacca Cettina Buonocuore (che nel 2018 era candidata con Bramanti Sindaco, a giugno con De Domenico Sindaco e oggi corre anche all’Ars con De Luca) e Nicoletta D’Angelo (anche lei candidata all’Ars), che alle scorse Amministrative era riuscita ad essere l’unica rappresentante di Forza Italia a Palazzo Zanca. Discorso simile per Matteo Grasso, unico presidente di Circoscrizione eletto nel Pd, oggi in Sicilia Vera, come Franco Laimo, ex consigliere di Quartiere dell’Udc, candidato a giugno con Sicilia Futura. Ma l’elenco è lungo: c’è Daniela Bruno, coordinatrice della Lega fino a un paio di settimane fa; c’è Matteo Sciotto, sindaco di Santa Lucia del Mela, nel 2017 candidato alle Regionali col Pd; c’è l’ex sindaco di Lipari Marco Giorgianni, da sempre coi centristi (e in area centrosinistra candidato al Senato nel 2018, con “Civica Popolare Lorenzin”); c’è l’ex consigliere comunale Daniele Zuccarello, ex Pd, ex tante cose, pure un paio di mesi di intenso attivismo no Green Pass. Senza contare i tanti consiglieri e sindaci della provincia. E senza dimenticare che lo stesso neo sindaco Federico Basile, cinque anni fa, pur da “tecnico”, era vicino ad un’altra area politica, Sicilia Futura di Picciolo, con la quale, infatti, era stata eletta in Consiglio la moglie Daria Rotolo.

I partiti “taxi”

È uno degli effetti delle leggi elettorali in vigore a Palermo e a Roma: i partiti e le liste utilizzati come “mezzi” per superare le soglie di sbarramento e, quindi, entrare nelle aule parlamentari. Lo stesso Cateno De Luca ne ha usufruito, per sé e, quindi, per il delfino Danilo Lo Giudice, nel 2017, quando Sicilia Vera è salita sul “taxi” Udc, finendo per fagocitarlo. Così sta facendo, oggi, Luigi Genovese, che cinque anni fu eletto all’Ars con Forza Italia, salvo poi fondare “Ora Sicilia” (tra le ultime adesioni, l’ex sindaco di Villafranca Tirrena Matteo De Marco e, da FI, il consigliere Dario Zante): oggi, per le Regionali, corre in tandem con Raffaele Lombardo e Noi con l’Italia (nel quale, a loro volta, c’è l’ex Sicilia Futura Marcello Greco). Simile è anche l’operazione che sta portando avanti Beppe Picciolo, la cui creatura Sicilia Futura, nel 2017, era federata con il Pdr a sostegno dell’allora candidato presidente della Regione del centrosinistra, Fabrizio Micari (Picciolo era candidato al senato col Pd) e oggi è una “costola” di Forza Italia, con lo stesso Picciolo candidato, stavolta all’Ars.

E c’è chi non cambia

Qualcuno resiste. E, anzi, fa strada. Tommaso Calderone, nel 2017, era alla sua prima candidatura, con Forza Italia; dopo una legislatura da capogruppo all’Ars, oggi corre sia per la riconferma, sia per un posto alla Camera, magari per sedere al fianco di Matilde Siracusano, anche lei fedele alla causa forzista, così come Bernardette Grasso (anche lei in corsa sia a Palermo che a Roma). Non cambiano esponenti radicati della sinistra di Articolo Uno-Leu, come Domenico Siracusano e Maria Flavia Timbro. Di resistenza si può parlare anche per chi resta saldo dentro il Pd, nonostante le tante fughe: dai consiglieri Felice Calabrò e Antonella Russo (candidati a Camera e Senato) al segretario Nino Bartolotta (in campo per l’Ars) e Giacomo D’Arrigo, fino a militanti “traditi” dalle urne (ma forse anche dal partito) come gli ex consiglieri Alessandro Russo e Gaetano Gennaro. Stesso discorso per un M5S in crisi di consensi: non abbandonano la nave i ricandidati Antonio De Luca, Barbara Floridia, Grazia D’Angelo e Antonella Papiro, né Valentina Zafarana.

Gli ultimi addii

Ma le uscite eccellenti non sono mancate, anche di recente. Il primo è stato Alessio Villarosa, passato dal M5S al Misto a metà legislatura. Poi Francesco D’Uva, tra i veterani dei Pentastellati a Messina, che dopo due mandati alla Camera ha seguito Luigi Di Maio in Impegno Civico. Fino alla bufera in casa Pd, con Pietro Navarra che va verso Forza Italia e Franco De Domenico, candidato sindaco a giugno, eletto all’Ars nel 2017, che ha deciso di dire addio.

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