Cosa c’è per l’Area dello Stretto nel Piano Sud 2030 presentato nei giorni scorsi, a Gioia Tauro, dal premier Conte e dal ministro Provenzano? Molto o poco, a seconda dei punti di vista. In realtà, niente di concreto.
E c’è una premessa da fare: da quando il Ponte non è stato più considerato una priorità per il Paese (dal governo Monti in poi), è proprio alla “regione” dello Stretto che sono state sottratte le ingenti risorse previste per completare il Corridoio Berlino-Palermo, per assicurare la continuità territoriale tra Sicilia e Calabria e per rafforzare la dotazione infrastrutturale (non solo il Ponte, dunque) delle città e dei territori che si affacciano tra le due sponde del grande “Lago”.
Sia benedetto qualunque euro venga investito per il rilancio del Mezzogiorno, ma va sempre ricordato che Messina e lo Stretto sono stati “scippati” e che solo in minima parte sono stati “risarciti” con la creazione di quell’Autorità di sistema portuale che negli anni scorsi, nel Piano della portualità e della logistica voluto dall’ex ministro Delrio, era stata cancellata e accorpata al sistema del Tirreno meridionale, con capofila Gioia Tauro.
La previsione è di un investimento complessivo di 123 miliardi di euro fino al 2030, tra fondi europei, cofinanziamento nazionale, cofinanziamento territoriale, fondo sviluppo e coesione e risorse aggiuntive, i cinque “capitoli” di quello che è stato definito il nuovo ciclo 2021-2027.
Vediamo cosa emerge dalla voce “Sud connesso e inclusivo”, nella quale vengono indicate come prime azioni le infrastrutture e i servizi «per rompere l’isolamento». Il Piano Sud del ministero dei Trasporti prevede progetti per oltre 33 miliardi. Le uniche opere, però, che riguardano la Sicilia sono il collegamento viario Ragusa-Catania e la linea Alta capacità ferroviaria Messina-Catania. Non c’è alcun cenno ad altri progetti e investimenti.
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