Trentaquattro morti e poco più di mille cinquecento contagiati: era questo il bollettino del Coronavirus in Italia l'1 marzo 2020. Ancora si poteva partire. L'unica zona rossa era quella della provincia di Lodi, il Trentino non era neppure zona gialla.
Ma già timori e preoccupazioni stavano dilagando in tutta Italia. Allegre comitive di sciatori hanno ritenuto di non dover rinunciare alla settimana bianca a Madonna di Campiglio. Libera scelta, allora, visto che non c'erano ancora i Dpcm, ma assai discutibile sul piano dell'opportunità, visto che già gli ospedali del nord cominciavano ad essere assediati da richieste di aiuto e da pazienti ricoverati.
La libera scelta di chi è andato a divertirsi mentre altri soffrivano, e il numero di morti via via aumentava, è diventata poi altra cosa: l'obbligo per i 150 e più messinesi andati in Trentino, come per tutti quelli ritornati dal nord, di autodenunciarsi al ritorno e di porsi in autoisolamento.
Perché la comitiva è tornata il 7 marzo, l'8 e il 9 sono stati emanati i decreti molto più restrittivi, l'11 l'italia intera è diventata zona rossa, ed è stato l'obbligo, anche in via retroattiva, di quarantena per chiunque fosse stato o passato da qualsiasi regione del nord.
Bene, dunque non ci sono discussioni. Chi si è autodenunciato e si è autoisolato, ma lo ha fatto sul serio, ha rispettato le disposizioni e non può essere criminalizzato, tutt'al più gli si può rinfacciare una scelta etica e di opportunità.
Chi invece non lo ha fatto, non si è autodenunciato, ha continuato a circolare liberamente, allora questo non è solo da condannare moralmente: ma da perseguire penalmente, a qualunque ceto o classe sociale appartenga.
Chi ha continuato a circolare liberamente o è tornato sui posti di lavoro come se nulla fosse, va identificato subito, vanno ricostruiti tutti i contatti avuti, tutti gli spostamenti. Si eviti assolutamente che una gita a Madonna di Campiglio si trasformi nel focolaio del virus in riva allo Stretto.
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