Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Nel dominio della musica. Grande spettacolo a Taormina tra Verdi e Morricone

Al Festival dei teatri di pietra con Arlia il Coro Lirico Siciliano e la Filarmonica della Calabria

Ci sono giorni in cui è bello, a Taormina, stare nella musica, un edificio in cui moltiplicare le emozioni. E ascoltarla in un teatro di pietra, nella quinta edizione del Festival dei Teatri di Pietra, che nei teatri della Sicilia greco-romana svolge l’impegno civile dell’Arte, è un’esperienza medianica perché la potenza evocativo-taumaturgica della musica dilata la dimensione spazio-temporale. Al centro di tutto, nei concerti taorminesi del Festival, un magnifico crocevia di note, dal rock al sinfonico al lirico, dai Pink Floyd a Ennio Morricone alla Traviata di Verdi, l’Orchestra Filarmonica della Calabria, diretta dal giovane talento calabrese Filippo Arlia – una vita dentro la musica come pianista, didatta e direttore d’orchestra – e il Coro Lirico Siciliano, una realtà musicale eccellente prodotta da Alberto Munafò Siragusa e diretta dal catanese Francesco Costa, cantante lirico, maestro di coro e compositore.

Così, è stata veramente un’esperienza medianica ascoltare i capolavori di Morricone, che con il grande cinema d’autore hanno girato il mondo, sentire sulla pelle archi, flauti, pianoforte e tamburi, fiati e xilofoni, con un sontuoso crescendo di sonorità incredibili per riprodurre fischi e schiocchi e scalpitii di cavalli e sibili sulle ance di un’armonica.
«Il “mio” Morricone – ci dice il maestro Arlia – è uno spettacolo-omaggio a un Maestro che ha segnato la musica del Novecento e rappresenta un indiscutibile simbolo di italianitànel mondo, e il “mio” Verdi cerca di essere molto vicino ai giovani spettatori ma contemporaneamente di rispettare la partitura che il Cigno di Busseto ci ha lasciato. E lo dimostrano i numeri importanti dei biglietti emessi a Taormina: 3000 per i Pink Floyd, 4000 per Morricone, 2500 per la Traviata».


A guidare il pubblico nell’incantamento musicale di Morricone è stato il racconto del maestro Francesco Costa: da “C’era una volta il West” col suo respiro epico impreziosito dalla voce della soprano Maria Francesca Mazzara, alle sonorità più travolgenti di “Per un pugno di dollari”, dal misticismo di “Canone inverso”, un brano per soli archi, a “La leggenda del pianista sull’oceano”con il pianoforte “parlante” di Corrado Neri, dalle melodie-passione di “Malena” alla bossa nova di “Metti una sera a cena”, dal tema dell’amore di “Nuovo Cinema Paradiso” con la voce del tenore Alberto Munafò Siragusa all’arrangiamento di “La Califfa” realizzato da Corrado Neri, dall’indimenticabile oboe di padre Gabriel in “Mission” al Death Theme degli “Intoccabili” con il sax solista di Giovanni Manganaro, dalle trame sonore di “Baaria” alla perfetta consonanza di immagini e suoni tra violini, tamburi, trombe e strumenti come l’arghilofono che evoca il coyote di “Il buono, il brutto e il cattivo”.

E c’era una luna sentinella nel cielo-quinta della Traviata, una delle opere liriche più famose e più rappresentate nel mondo: una prova impegnativa per il maestro Arlia che per i tre atti ha diretto l’orchestra con il palcoscenico alle spalle (regia di Salvo Dolce, ripresa a Taormina da Dario Castro). A introdurre il dramma di Violetta Valery e Alfredo Germont una scena di grande impatto visivo: il rosso dell’abito di Violetta (la bravissima soprano italo-francese Christelle Di Marco) e il nero totale di tutti i suoi ospiti che brindano in una delle feste di quel demi monde parigino immortalato dalla “Signora delle Camelie” di Alexandre Dumas cui si ispirò Verdi su libretto di Francesco Maria Piave. Un rosso e nero vividi, esaltati dalle luci in chiaroscuro di Gabriele Circo, che è già preludio di morte, mentre viene elevato il celeberrimo valzer «Libiamo ne’ lieti calici».

Intanto, è «Amore misterioso» a esplodere, «croce e delizia al cuor» nel bel duetto di Violetta con Alfredo (il tenore Francesco Castoro, dal timbro nitido, e ben calato nel ruolo dell’insicuro amante) che tocca il climax nell’aria più nota della Traviata, quell’ «Amami Alfredo» in cui la maestria dei violini è arricchita dalle sfumature virtuosistiche della Di Marco, cui Alfredo risponde con un convinto «De’ miei bollenti spiriti» .Ma tra arie, duetti e assoli tramati da tensioni contrapposte, la realtà irrompe con Giorgio Germont (il baritono Mario Cassi, di forte presenza vocale e scenica) che impone a Violetta di lasciare suo figlio. E già sono tutti pronti a dimenticare una Violetta umiliata alla festa a casa di Flora (Licia Toscano) con tripudio di mattadori e zingarelle (il corpo di ballo flamenco di Murcia diretto da Matilde Rubio). Sino al pathos finale con la frenesia del carnevale parigino evocato da suoni trionfali di piatti e tamburi mentreVioletta morente, il cui assolo è già una marcia funebre, stretta nell’abbraccio di Alfredo canta ancora con lui la favola bella dell’amore («Parigi, o cara, noi lasceremo»).

Caricamento commenti

Commenta la notizia