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Dal “bisolu” di Cirasedda lo struggente monologo sull’amore filiale. Applausi al Cortile Teatro Festival di Messina

Ci sono legami talmente forti che non vacillano mai e non si spezzano neppur di fronte alla morte, come l’amore, incondizionato, di un figlio verso la propria madre, la donna che lo ha messo al mondo. Ed è un amore puro e assoluto quello che il piccolo Cirasedda – Natale all’anagrafe, così amorevolmente apostrofato proprio dalla mamma per via degli occhi simili a due ciliegie – nutre e custodisce verso la propria madre, una donna che per vivere esercita il mestiere più antico del mondo.

Le vicende del piccolo Cirasedda e della madre prostituta si svolgono in una delle tante periferie catanesi dove emarginazione, solitudine e povertà sono all’ordine del giorno. Esistenze ai margini protagoniste dell’intenso monologo “Cirasedda non abita più qui”, secondo applaudito appuntamento della dodicesima edizione del Cortile Teatro Festival, per la direzione artistica di Roberto Zorn Bonaventura.

Il settecentesco cortile del Palazzo Calapaj – D’Alcontres, in una caldissima sera di fine luglio, si è trasformato in uno di quei scalcinati cortili di periferia, grazie alla forza drammaturgica evocata dal testo di Roberta Amato e Alice Sgroi, la regia invece è di Nicola Alberto Orofino per una produzione “Lavorare d’incanto”. In scena Vincenzo Ricca, generoso e capace di regalare intense sfumature, racconta con la forza dei gesti e dei segni e l’immediatezza del dialetto catanese la storia di Cirasedda, bambino di 12 anni che passa le sue giornate sopra “u’ bisolu” della sua casa e da lì osserva chi arriva, chi passa, commenta con i vicini i fatti del giorno, coltiva piccole e grandi passioni, accoglie, aspetta e congeda i clienti della madre, donna bella e fragile.

Un racconto che affonda le sue radici in una storia vera, perché a ispirare la vicenda è la storia di un ragazzino vittima innocente della mafia, in un contesto sociale che abbandona e relega ai margini.
«A questa storia dimenticata – come ha voluto rimarcare a conclusione della performance il regista Orofino, da anni impegnato a raccontare il mondo difficile delle periferie catanesi, nella convinzione che li si annidino l’autenticità e la meraviglia della città – ci siamo voluti ispirare nella creazione dello spettacolo, provando, insieme alle autrici, a scrivere un finale diverso, a regalare al protagonista quell’infanzia e quel futuro negati dalla vita». Così la scrittura di Amato e Sgroi, che mescola registi linguistici ed emotivi, disegna il presente di Cirasedda e un universo di personaggi al limite, eccentrici e generosi, fra clienti abituali della madre, vicini di casa e travestiti che cercano la propria identità, un piccolo mondo fatto di pacchetti di figurine da aprire, del polpettone mangiato da solo, di gite al mare e tavole da apparecchiare per due, gesti ripetuti a creare una routine familiare, dove la musica le parole e i silenzi, segnano il tempo del sogno, del presente e dell’attesa. Per Cirasedda però c’è la possibilità di un futuro diverso, un dono possibile grazie alla forza immensa e generatrice dell’amore fra madre e figlio.

Una serata di parole intense, condivisione, incontro quella vissuta al Cortile Teatro Festival, appuntamento imprescindibile dell’estate in riva allo Stretto per chi ama la drammaturgia contemporanea, che nasce da un’idea di Roberto Zorn Bonaventura, Giuseppe Giamboi e Stefano Barbagallo. Un’occasione per riflettere sul nostro presente, fra complessità e opportunità, attraverso la forza delle storie, un progetto da sostenere e valorizzare. Il Castello di Sancio Panza organizza il Festival con la collaborazione del ristorante ’A Cucchiara, della Multisala Iris e il sostegno di Latitudini, rete di drammaturgia siciliana.

Il programma proseguirà il 31 luglio con il pugliese Donato Paternoster, autore e interprete di “Super Santos (Uno che ce l’ha fatta)” e il 7 agosto con la nuova produzione di Nutrimenti Terrestri, “La grande menzogna”, scritto e diretto da Claudio Fava e interpretato da David Coco.

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