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Taobuk Award a Ernaux, Oates e Nafisi. E alle loro pagine di coraggio e libertà

L’impegno quotidiano delle tre scrittrici, oltre alla letteratura. «Il futuro della democrazia ci preoccupa». Il successo? «Per noi è una punizione»

La francese Annie Ernaux, premio Nobel 2022 per la letteratura, la statunitense Joyce Carol Oates e l’iraniana Azar Nafisi, ovvero l’impegno quotidiano delle scrittrici, oltre alla letteratura. La forza di tre donne che abitano i loro romanzi, pagine di coraggio e libertà. Insieme hanno ricevuto ieri sera, al Teatro Antico di Taormina, il Taobuk Award e, sempre insieme, sono state le protagoniste di una conferenza stampa mattutina dove si è parlato di libertà, tema della tredicesima edizione di Taobuk, la manifestazione ideata e diretta da Antonella Ferrara, in corso a Taormina.

Dal bordo del loro mondo, Ernaux, Oates e Nafisi, scrivono come atto dovuto di partecipazione, scrivono per provare a capire, e a spiegare, che cosa sta succedendo intorno a noi. Nel democratico mondo occidentale, dove anche il sogno americano può diventare un incubo, e dove i diritti acquisiti dalle donne, soprattutto quelli che riguardano il loro corpo, non sono più al sicuro; e in Paesi come l’Iran, dove milioni di donne, e uomini, usano contro il regime un’arma non cruenta: la protesta.

Libertà, dicono le tre donne, è creare comunità da cui non siano escluse le differenze. E scriverne, leggerne, parlarne è un gesto di liberazione. La Oates è un’acuta osservatrice della società americana che negli ultimi dieci anni ha attraversato la gestione Trump, la pandemia, le lacerazioni interne.

«Della libertà ci si accorge quando si perde - dice Joyce Carol Oates -. Ti manca l’aria, e soffochi. Per certi versi viviamo in un eccesso di libertà, inondati tra troppe informazioni basate su fatti non sempre reali e non sempre descritti come si dovrebbe. I social mandano in giro informazioni non certificate e, dunque, non vere. Il futuro della democrazia ci preoccupa; sono comunque ottimista ma dobbiamo fare i conti con l’intelligenza artificiale, una nuova frontiera ancora tutta da scoprire».

In Iran la protesta regge o decelera?
«Prima di tutto voglio dire di essere felice di trovarmi in una terra che trasforma l’acqua in vino», è l’esordio di Nafisi. E riprende: «In Iran la rivoluzione ha l’obiettivo di dare libertà non solo alle donne ma a tutte le minoranze. Oggi gli iraniani fanno sentire la loro voce anche in Occidente, dove si conosceva solo la narrazione del regime. In particolare, le donne, per la prima volta, provano a raccontarsi. Quando nel 1979 l’ayatollah Khomeini lanciò la prima fatwa, impose il velo al popolo femminile che scese in piazza: è tipico dei regimi totalitari togliere l’identità, confiscare la storia, la cultura. Oggi le donne iraniane combattono per la libertà che è principalmente individuale, e che ha a che fare con il diritto d’uso del proprio corpo. Il nuovo slogan è “vita e libertà”. Libertà come diritto di esistere: non si può continuare a essere un’appendice delle fantasie di un ayatollah».

«Mi piace sottolineare - afferma Azar Nafisi - che in questa lotta sono coinvolti anche gli uomini e che c’è la consapevolezza di non dover mai rispondere con le stesse armi del nemico, ma di quelle coprire il rumore con i canti e i balli della protesta. Come si possono fermare milioni di donne che decidono di non indossare il velo. Si arrestano tutte? Questa considerazione mi fa ben sperare».

La Ernaux, al momento di ricevere il Nobel aveva parlato di discriminazione: «Ringrazio Taobuk per aver invitato tre donne scrittrici, un segnale importantissimo. In letteratura, gli scrittori sono solo uomini. Una donna scrive romanzi di fantasia, amore, favole. Un uomo scrive roba seria».
Poi Annie Ernaux ci rassicura: «È vero, il Nobel ha interrotto le mie abitudini, non riesco più a scrivere in solitudine, perché viaggio e rispondo al telefono. Ma questa è la mia ultima uscita pubblica perché torno a casa e riprendo a fare quello che mi piace: scrivere». E condivide una dichiarazione della Oates: «Il successo non è una ricompensa, è una punizione». Sì, queste tre donne sono proprio diverse.

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