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Casini presenta "C'era una volta la politica", a Messina "parla l'ultimo democristiano"

La politica come passione, anzi vocazione, attraverso 40 anni di storia italiana, dai grandi leader del passato alla Seconda Repubblica. Guardando al futuro...

E’ stato un libro, il racconto di una vita di passione per la politica, di esperienze e di relazioni importanti il collante dell’incontro con Pier Ferdinando Casini, a Messina per presentare «C’era una volta la politica. Parla l’ultimo democristiano» (edizioni Piemme), nella sua prima ed esclusiva tappa siciliana che ha visto raccontarsi il senatore bolognese, insieme ai già ministri Angelino Alfano e Marco Minniti e a Lino Morgante, presidente e direttore editoriale del Gruppo GDS SES – Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia.

Ad attenderli, nella sala Sinopoli del Teatro Vittorio Emanuele, un pubblico foltissimo. Non solo politici di ieri e di oggi – presenti le autorità e i rappresentanti delle istituzioni cittadine, dal prefetto Cosima Di Stani al generale Riccardo Galletta, al sindaco Federico Basile, al rettore di UniMe Salvatore Cuzzocrea e della Kore di Enna Franco Tomasello – ma cittadini, tanti, desiderosi di ricucire quella che Orazio Miloro, presidente dell’Ente Teatro, ha definito nei suoi saluti «un’interruzione di fiducia tra cittadino e politica».

Incontrare, ascoltare, discernere – lo ripete sempre Papa Francesco – , questo è stato il valore dell’incontro organizzato dall’Associazione “Estremo Centro”, con i saluti del suo rappresentante Paolo Alibrandi, in collaborazione con la Libreria Bonanzinga. Una conversazione in cui la passione politica, che per Casini – come scrive – è stata, «fin da ragazzo, la mia carriera, la mia missione» secondo l’insegnamento di Alcide De Gasperi, è stata declinata appassionatamente dai tre amici, sollecitati dalle domande di Morgante.

«Perché ho scritto questo libro? – ha esordito Casini – Perché voglio restituire l’onore politico a chi ha fatto onestamente politica. “C’era una volta la politica” non è un’operazione nostalgica, è piuttosto un’invocazione che la politica ritorni, perché c’è bisogno che si occupi del territorio, della gente e va fatta con competenza e professionalità. Ma il libro è anche un auspicio per i giovani che ho incontrato nel pomeriggio al Dipartimento di Scienze Politiche con i professori Giovanni Moschella e Giovanna Spatari, perché con la politica cambino il mondo».

Un libro che insiste sulla memoria, dal fotogramma del papà di Pier Ferdinando accanto ad Alcide De Gasperi nel grande comizio del 1953 a Piazza Maggiore, due anni prima che Pier Ferdinando nascesse, all’impegno giovanile democristiano negli anni liceali al Galvani di Bologna, nell’Emilia rossa, dal primo affacciarsi alla vita politica tra gli anni Settanta e Ottanta «quando la Dc non era solo uno spazio dove parteggiare ma una scelta di vita», all’esordio in Parlamento nel 1983, dai ricordi e dagli insegnamenti dei leader democristiani della Prima Repubblica al rapporto con il mondo cattolico, dagli anni bui della strategia terroristica a Berlusconi e al successivo strappo con il Cavaliere, da Tangentopoli alla Seconda Repubblica e alla crisi della democrazia, dai governi tecnici all’antipolitica con le sue “acrobatiche alleanze” ai cambiamenti epocali alla guerra e alle grandi questioni sociali: ci sono quaranta anni del nostro Paese, tra luci ed ombre, in questo racconto che si apre alla speranza ed è percorso dall’idea forte della democrazia «come minimo comune denominatore di valori condivisi».

Certamente Casini, nei cui sogni c’è sempre stata la vocazione internazionale, quel ministero degli Esteri solo sfiorato, non è l’ultimo democristiano, come scrive nel capitolo conclusivo, «perché di quella grande pagina tanti sono gli eredi: alcuni ne sono stati continuatori silenziosi e non sempre consapevoli, ma hanno condiviso un’idea dell’Italia che ha coinciso con quella della Dc». E lui ne è stato testimone e protagonista, come gli riconoscono gli amici Alfano e Minniti. Gli stessi che il senatore, insieme alle figure guida, tra le altre, di Forlani e Pisani, di Ciampi e Napolitano, ha voluto fossero presenti nel libro, gli stessi che nel 2001 lo hanno votato come stimato presidente della Camera.

Alfano, educato nella Democrazia cristiana, Minniti, tutt’altro che democristiano, il primo oggi presidente della Fondazione De Gasperi, l’altro a guida della Fondazione “Med-Or”, entrambi concordi nel dire che se la Dc è finita, essa ha lasciato la sua eredità. «Mai come adesso che non è più un partito – ha ricordato Minniti, che da calabrese ha anche rivolto il suo affettuoso apprezzamento per la Gazzetta del Sud – essa svolge un ruolo egemonico nel senso gramsciano del termine, nel lasciare in campo idee, valori, rapporti interpersonali che non sono più una parte, ma un pozzo cui ciascuno può attingere».

E ad Alfano, che ha ringraziato l’amico di molte battaglie politiche Gianpiero D’Alia per averlo voluto in questo incontro, e che ha osservato come «passione, vocazione, professione siano le parole attorno alle quali ruota il libro di Casini, un esercizio di stile e di compostezza di un uomo che con serietà rappresenta le istituzioni», è piaciuto ricordare che la vicina data del 25 Aprile, la festa della Liberazione che non bisogna mai dimenticare, fu voluta proprio da De Gasperi, uomo simbolo della democrazia e della pace.

Ma tanti sono stati i temi posti in campo dalle domande del direttore Morgante: dal rivolgimento avvenuto nella politica alla giustizia, dall’emigrazione al terrorismo. Una ferita non chiusa, questa, nelle parole di Alfano, che ha ricordato Moro, Biagi e Ruffilli, grandi riformisti politici e sociali, caduti sotto i colpi di quel terrorismo sul quale bisogna sempre essere vigili. «Se l’Europa e il mondo continueranno ad avere paura del terrorismo, verrà meno l’idea stessa di libertà. Perché, come diceva Roosevelt, essere liberi significa libertà di parola, di credo religioso, libertà dalla miseria e dalla paura. E Libertas è il simbolo stesso della Dc».

Un tema, quello del terrorismo, che per Minniti è strettamente intrecciato col traffico di esseri umani: i terroristi – ha detto – tolgono la vita, i trafficanti la vendono. E sul bruciante tema dell’immigrazione Minniti, sollecitato da Morgante che ha ricordato il suo libro “Sicurezza è libertà”, ha ribadito che l’immigrazione non è un’emergenza, come comunemente si dice, ma «un dato strutturale del pianeta. C’è sempre stata e sempre ci sarà. Ci si muove non solo per fuggire da guerre e povertà, da carestie e cambiamenti climatici ma perché i giovani già connessi con il resto del mondo, vogliono scoprirlo il pianeta».
E infine, quella che Minniti ha definito scherzosamente la laudatio di Casini si è conclusa con l’auspicio che ancora grandi cose potrà fare questo «senatore decano della Repubblica» nelle legislature a venire. In fondo, «dopo dieci vissute tra Prima e Seconda Repubblica, ne mancano solo due…».

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