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La Messina d’un tempo nel “Sommario” di Matilde Oddo

Nel 1897, l’editore-libraio messinese Giuseppe Principato pubblicò un “Sommario della storia di Messina dalla sua fondazione ai giorni nostri”, autrice Matilde Oddo Bonafede, triestina di quasi sessant’anni. Il libro - 472 pagine con molta cura stampate dalla Tipografia del Progresso di Letterio De Giorgio - destò dapprima soprattutto curiosità. La Oddo Bonafede intanto non vantava radici nella città dello Stretto, nel cui passato, si diceva, “non avrà avuto modo d’indagare a sufficienza”. E poi, non sembrava proprio che lei fosse particolarmente impegnata nel dibattito storiografico piuttosto vivo negli anni di fine Ottocento. Che si trattasse invece di un’opera niente affatto improvvisata e superficiale, lo si capì ben presto. Quel Sommario si rivelò insomma di notevole livello, documentato a dovere e denso di contenuti, tutt’altro che pretenzioso nella forma, di facile e piacevole lettura.

Il vivo interesse di Matilde per la nostra città e la sua storia non tardò a fiorire da quando, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, lei vi si stabilì col marito Giacomo Oddo Bonafede, patriota palermitano, scrittore e docente, chiamato appunto ad insegnare letteratura italiana nella messinese Scuola normale femminile. Divenne presto frequentatrice abituale della Libreria “Maurolico” di Giuseppe Principato, privilegiato luogo di incontro degli intellettuali cittadini; e fu lì accolta con tutto rispetto. Aveva già pubblicato libri vari di buon livello, per esempio la Divina Commedia di Dante per le scuole elementari superiori, Studio intorno a Lorenzo dei Medici, Tommaso Campanella, Guida della città dell’Aquila. Per la sua storia di Messina consultò il Maurolico, il Buonfiglio Costanzo, il Samperi, specialmente il Reina e il Gallo. Letture sue consuete erano le pagine del Muratori, di Michele Amari, di Carlo Botta, di Giuseppe La Farina.
Bisogna pur dire che il libro di cui discutiamo non è esente da carenze sotto il profilo strettamente scientifico. Ma per lei questo contava poco, la sua voleva essere una “storia popolare”, senza troppe pretese quanto a rigore scientifico: intendeva anzitutto “portare la storia della città in mezzo al popolo messinese”, per educare gli animi - diceva - “all’amor della Patria”. Stava dalla parte di color che giudicavano fondamentale, negli interessi della nazione, l’acculturazione delle cosiddette classi subalterne. Notevole infine il variopinto quadro, e affettuoso, della Messina di fine secolo: “…la via del porto è sempre viva di traffico, e per la sua bellezza forse unica tra le città di mare; la via Garibaldi è una delle più belle ed allegre d’Italia; la via Cavour è frequentata per i suoi ricchi negozi; le piazze del Duomo e del Municipio, la villa Mazzini e il Giardino a mare sono geniali ritrovi della cittadinanza che va a godersi l’illuminazione e la musica; il commercio e il movimento del porto non sono, in verità, quel che furono in altri tempi, ma l’Amministrazione comunale, trovata esattissima ad un’ultima ispezione, veglia, e dispone d’un corpo di vigili urbani, d’un ufficio d’arte, d’un ufficio sanitario, di un macello”.
Ed ancora: “La carità messinese si manifesta in diversi istituti di beneficenza pubblici e privati, efficiente è la pubblica istruzione, sono numerose le associazioni creative e culturali, c’è un museo pubblico con pinacoteca ed una ricca biblioteca dell’Università”. Però, ahimè, v’è pure un’ombra. E la pur benevola triestina non può ignorarla: “a Messina manca l’acqua, manca la quantità e la bontà dell’acqua potabile , quale è dovuta per l’igiene e reclamata dal popolo tutto”.
Ormai quasi introvabile nel mercato antiquario e tuttavia ambito dai bibliofili, il Sommario della storia di Messina della Oddo Bonafede è stato riproposto circa trenta anni fa dal compianto editore Michele Intilla in un’ottima ristampa anastatica; corredata di cinquanta illustrazioni a piena pagina selezionate da Giovanni Molonia, che ha firmato anche una appropriata e attenta introduzione, rendendo omaggio a Matilde Ferluga Fentler, sposata Bonafede, studiosa triestina appassionata della nostre memorie patrie.

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