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Mafia, la scia di omicidi a Barcellona: Gullotti e Di Salvo condannati all’ergastolo

Assolti Mastroeni, che è stato scarcerato, e Genovese. Trent’anni a Isgrò e Miano

Due ergastoli, due condanne a trent'anni, due pene meno dure per i collaboratori di giustizia e due clamorose assoluzioni totali “per non aver commesso il fatto”, più una parziale con la stessa formula. La pagina della sentenza al processo sui tredici omicidi non ancora chiariti del tutto, decisi da Cosa nostra barcellonese negli anni ’90, s’è chiusa in primo grado ieri pomeriggio. Nell’aula del seminterrato, in un Palazzo di giustizia semideserto, la gup Arianna Raffa ha concluso la maxi udienza preliminare leggendo la sentenza, dopo una camera di consiglio che era iniziata a metà mattinata.
Tra le carte dell’udienza tredici omicidi che hanno avuto di recente una nuova lettura rispetto al passato grazie alla dichiarazioni del pentito barcellonese Salvatore Micale. Ha indicato mandanti e autori di quelle sentenze di morte decretate molto spesso solo per punire alcuni “ragazzi” che avevano sbagliato secondo i canoni della famiglia mafiosa, o realizzando furti in case “protette” oppure spacciando al di fuori del “giro” tradizionale governato dal gruppo, senza chiedere alcuna autorizzazione.
Gli imputati. Ed erano complessivamente otto gli imputati che ai primi di gennaio del 2023 erano stati raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare siglata dalla gip Ornella Pastore. I nomi sono di primissimo piano nelle gerarchie mafiose che hanno governato Cosa nostra barcellonese, basti pensare che ci sono quelli di Giuseppe Gullotti “l’avvocaticchiu”, già condannato in via definitiva come mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano, per molto tempo ritenuto al vertice del gruppo, e Salvatore “Sem” Di Salvo, designato poi come suo successore. Accanto a loro i nomi di Stefano “Stefanino” Genovese, del “cassiere” del gruppo mafioso barcellonese degli anni 80 e 90 Giuseppe Isgrò, che era tornato di recente in libertà dopo aver finito di scontare la sua condanna per l’operazione “Gotha 3”, di Carmelo Mastroeni, originario di Merì, sfiorato a suo tempo dall’inchiesta “Omega-Obelisco” e ritenuto dalla Dda da sempre vicino a Salvatore “Sem” Di Salvo, di Vincenzo Miano, dello stesso pentito Salvatore Micale e infine del pentito, ex capo dell’ala militare di Cosa nostra barcellonese, Carmelo D’Amico.
La dissociazione. Il fatto nuovo avvenuto durante i tempi dell’udienza è stata la “dissociazione” da Cosa nostra barcellonese di Di Salvo e Mastroeni, che hanno fornito la loro versione sulle varie esecuzioni e sul loro apporto, che evidentemente ha inciso sulle decisioni finali della gup Raffa.
Gli omicidi. Le indagini dei carabinieri del Ros scattate nel gennaio del 2023 hanno consentito di svelare aspetti ancora del tutto oscuri su tredici esecuzioni avvenute a cavallo tra il 1992 e il 1998 lungo la zona tirrenica. Eccole: l’omicidio dell’agronomo Angelo Ferro del 27 maggio 1993 a Milazzo, che in qualche modo sembra legato alla cattura del boss Nitto Santapaola, avvenuta qualche giorno prima, il 18 maggio del 1993 a Mazzarrone, nella ormai storica operazione “Luna piena” dello Sco; il duplice omicidio di Antonino Accetta e Giuseppe Pirri, trovati cadaveri nel cimitero di Barcellona Pozzo di Gotto il 21 gennaio del 1992; l’omicidio di Carmelo Ingegneri, realizzato l’11 luglio del 1992 a Barcellona; l’esecuzione di Francesco Longo, messa in atto la sera del 28 dicembre 1992 a Barcellona; l’omicidio di Aurelio Anastasi, avvenuto il 4 gennaio del 1993 a Barcellona; il caso di lupara bianca che portò alla morte di Giuseppe Italiano nel febbraio del 1993 a Barcellona; l’omicidio di Giuseppe Porcino, un altro caso di lupara bianca, avvenuto nel marzo del 1993 a Barcellona; l’agguato del 4 settembre 1993 a Barcellona che causò subito la morte di Sergio Raimondi e Giuseppe Martino e, a distanza di diversi mesi, quella di Giuseppe Geraci, avvenuta il 26 aprile del 1994; l’omicidio di Giuseppe Abbate, che fu ammazzato la sera del 16 febbraio del 1998 a Barcellona; e infine l’esecuzione di Fortunato Ficarra, portata a termine il 1° luglio del 1998 a Santa Lucia del Mela.
La sentenza. Ecco le decisioni della gup Raffa, tutte in regime di rito abbreviato, che sono un incastro molto complesso, e che bisogna per forza di cose “leggere” insieme alla tremenda sequenza di omicidi. Ergastolo per Gullotti (omicidi Pirri-Accetta, Italiano, Ingegneri, Porcino e Ferro) e Di Salvo (omicidi Pirri-Accetta, Italiano, Ferro, Martino-Geraci-Raimondi, Sboto, Ficarra). Trent’anni di reclusione per Isgrò (omicidio Pirri-Accetta) e Miano (omicidio Anastasi). Inflitti 14 anni a D’Amico e 12 anni a Micale, applicando la “continuazione” con altre sentenze precedenti, l’attenuante prevista dall’art. 416 bis 1 e 3 c.p. e la riduzione per la scelta del rito abbreviato. Assoluzioni totali con la formula “per non aver commesso il fatto” per Genovese (scagionato dalle accuse per l’omicidio Longo) e Mastroeni (scagionato dalle accuse per l’omicidio Italiano, ne è stata disposta la scarcerazione immediata ieri pomeriggio). Anche Di Salvo ha registrato assoluzioni con la formula “per non aver commesso il fatto” (scagionato dagli omicidi Porcino e Ingegneri).
Le richieste del pm. Era stato il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, memoria storica delle indagini antimafia a Messina e nella sua provincia, con i colleghi della Dda Fabrizio Monaco e Francesco Massara, il 20 novembre scorso, a condurre la requisitoria in aula, depositando poi una lunga memoria scritta. Ecco le richieste di condanna formulate: D’Amico 15 anni con l’attenuante per i collaboratori di giustizia; Di Salvo ergastolo; Genovese 30 anni; Gullotti ergastolo; Isgrò 30 anni; Mastroeni 30 anni; Miano 30 anni; Micale 12 anni con l’attenuante per i collaboratori di giustizia.
Gli avvocati. Parecchi i legali impegnati in questa maxi udienza preliminare. Gli avvocati Giuseppe Lo Presti e Filippo Barbera per Mastroeni, Diego Lanza per Genovese, Tino Celi e Tommaso Calderone per Di Salvo, Franco Bertolone e Tommaso Autru Ryolo per Gullotti, Giuseppe Cicciari e Gaetano Pino per Miano, Luca Cianferoni e Antonio Pirri per Isgrò, Fabio Repici per Micale e Gianluca Currò per D’Amico.

Le figlie dell'agronomo Angelo Ferro: "Finalmente la verità, finalmente è stata fatta giustizia"

Ci hanno scritto le figlie dell’agronomo Angelo Ferro, ucciso il 27 maggio 1993 a Milazzo: «Migliaia di volte - scrivono -, ci siamo chieste come sarebbe stata la nostra vita se mio padre fosse stato ancora in vita. Se lui non fosse mancato avremmo finito gli studi, ci avrebbe difeso contro le ingiustizie, ci avrebbe accompagnato all’altare quando ci siamo sposate, tutti i natali e i compleanni, le nascite dei nipoti, la malattia e la morte della mia mamma, tutte le operazioni subite, tutto. Ci dispiace che la nostra mamma non ha potuto vedere che finalmente è saltata fuori la verità, e che in assenza di papà lei si è fatta carico di tutto. Oggi finalmente giustizia è stata fatta»

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