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Messina, l’altra faccia dell’Atm Spa: "Sembra un regime feudale"

Ieri a Palazzo Zanca il “processo” ai vertici da parte dei sindacati. Sotto accusa la gestione del personale. I casi simbolo

Una busta paga nella quale il netto finale è di... “meno” 1.207,80 euro. Come se – paradosso – fosse il lavoratore a dover pagare, per quel mese, uno stipendio, il proprio, all’azienda. Succede anche questo, in Atm Spa. Un’azienda che mostra un volto alla città, quello di un servizio pubblico finalmente funzionante e moderno, la cui efficienza è pressoché unanimemente riconosciuta; ma che ha anche un’altra faccia, quella messa sotto accusa, ieri mattina, da buona parte delle organizzazioni sindacali, durante un’infuocata seduta di commissione Mobilità a Palazzo Zanca, di fronte a spesso attoniti consiglieri comunali (al punto che qualcuno ha chiesto anche la trasmissione degli atti in Procura).
Era stato Felice Calabrò, capogruppo del Pd, a chiedere l’audizione dei sindacati e dei vertici di Atm su tutta una serie di temi, dall’eccesso di straordinari al pugno duro nei provvedimenti disciplinari, da alcune “miracolose” progressioni di carriera (molto chiacchierata, dentro l’azienda, quella che riguarderebbe una figura molto vicina al presidente Pippo Campagna) alle tante cause perse dell’azienda in Tribunale. Assente proprio Campagna (pare sia all’estero), ieri l’Atm era rappresentata dal direttore generale Claudio Iozzi e dai componenti del Cda Carla Grillo e Salvatore Ingegneri. Ma non c’è stato tempo per replicare al fuoco di fila dei sindacati, per le risposte servirà un secondo round, già fissato per lunedì.
Il messaggio di fondo emerso dagli interventi dei vari rappresentanti sindacali è sostanzialmente uno: l’azienda funziona, è vero, ma dietro i risultati c’è un lavoro, quello dei dipendenti di Atm, che troppo spesso finisce per essere messo sotto accusa dall’azienda stessa. A volte anche da «inique contestazioni, solo per fare terrorismo e far avvertire l’arroganza della presidenza» (Nino Di Mento, Uil); e con un «ricorso endemico allo straordinario» (Gianmarco Sposito, della Cgil, che ha chiesto di ripristinare il dialogo al tavolo di contrattazione per l’accordo integrativo). Del resto i numeri sono numeri: il piano di esercizio prevede 299 turni, ma gli operatori sono 283. Matematicamente impossibile una copertura totale senza ricorrere allo straordinario: almeno una ventina i turni già programmati ogni giorno.
C’è chi parla di «danno erariale e abuso di potere» (Ugo Sergio Crisafulli, Faisa Cisal) e chi invoca assunzioni (Giuseppe Giallanza, Ugl). Emblematica la testimonianza di Lisitano (Cisl), una sorta di giornata tipo: «La mattina ti svegli e devi sperare che non ti invitino a fare straordinario già dai primissimi turni. A fine turno devi fotografare il mezzo, per dimostrare che eventuali danni non siano stati causati da te, di fronte a contestazioni che arrivano anche dopo due-tre mesi. A volte scendi da una vettura dopo dieci ore, durante il servizio ti trovi senza bagno al capolinea. E se fai i tuoi bisogni in luoghi di fortuna, devi sperare di non essere fotografato, perché potrebbero contestarti anche quello. Senza contare che rischi la sanzione se arrivi in anticipo di 2-3 minuti ad una fermata».
Un quadro reso ancor più pesante dall’intervento di Mariano Massaro (Orsa), il quale ha ricordato che sì, l’azienda funziona, ma grazie alla «scommessa vinta» del Salva Messina, al raddoppio dei fondi trasmessi dal Comune, ai 4 milioni di budget iniziale, ai finanziamenti del Pnrr: «Non c’è un super management arrivato da Marte, piuttosto parlerei di regime feudale». Diverse le accuse mosse da Massaro (tra queste, «il tram ha un sistema frenante che non risponde subito ai comandi»), il fulcro è la gestione del personale: «L’azienda minaccia gli apprendisti che non fanno straordinario, i lavoratori hanno paura. Ne hanno licenziati 5 per educarne 500. E chi subisce una sanzione non può nemmeno essere ascoltato da una commissione di garanzia». Un altro caso simbolo: un autista viene sanzionato (6 ore di multa) nonostante nella contestazione non fosse riportata la “colpa” di cui si sarebbe macchiato. «Provvedimenti copia e incolla – li ha definiti Massaro –. Il Tribunale, ovviamente, ha condannato l’azienda. Tanto gli avvocati, tutti esterni, li paga Atm. Cioè i cittadini».

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