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Nuove leve di Cosa nostra a Barcellona: condanne definitive per 19 imputati

Dodici posizioni da rivedere parzialmente con un nuovo processo. Diciannove condanne definitive. È questo l’esito notturno in Cassazione sul maxiprocesso Dinastia, contro le vecchie e nuove leve dei “Barcellonesi” e gli affari di un gruppo che trafficava e gestiva droga nella zona di Barcellona, Milazzo, Terme Vigliatore e anche alle isole Eolie. Per i giudici romani - si tratta di annullamenti parziali con varie motivazioni -, c’è qualcosa da rivedere per le posizioni di Francesco Anania, Pietro Bonfiglio, Fabio Crea, Carmelo Driacchio, Vincenzo Gullotti, Pietro Caliri, Francesco Ianniello, Giovanni Fiore, Samuele Marino, Carmelo Mazzù, Antonino Signorello, Andrea Villini e Lucia Bilardo. Per gli alti 19 imputati che avevano presentato ricorso in Cassazione le condanne diventano definitive, questo perché i giudici hanno dichiarato i ricorsi inammissibili, e in pochi casi li hanno rigettati nel merito.

La sentenza d’appello

Il 25 luglio del 2022, in appello, a Messina, il maxiprocesso si concluse con sconti di pena per 35 imputati e condanne per quasi 220 anni di carcere, oltre a 4 conferme, 2 assoluzioni e una prescrizione totali (rispetto ai 42 imputati globali coinvolti). Furono condanne che oscillavano da 15 anni fino a un anno.

Eccole: Francesco Anania 9 anni e 4 mesi; Daniele Bertolami 10 anni; Pietro Bonfiglio, Fabio Crea, Carmelo Driacchio e Vincenzo Gullotti 5 anni ciascuno; Salvatore Bucolo 9 anni e 4 mesi (in “continuazione” con un’altra sentenza); Alessandro Calderone 3 anni; Dylan Seby Caliri 4 anni; Pietro Caliri 10 anni e 6 mesi; Carmelo Cannistrà 10 anni; Salvatore Felice Chillari 10 anni; Carmelo Chiofalo 2 anni e 6 mesi; Rosaria De Gaetano e Mauro Di Salvo 4 anni e 8 mesi; Carmelo Vito Foti 4 anni e 8 mesi; Vito Vincenzo Gallo 8 anni e 8 mesi; Mattia Giardina un anno e 4 mesi; Francesco Ianniello e Samuele Marino 2 anni; Salvatore Laudani 9 anni; Carmelo Mazzù 12 anni e 4 mesi; Marias Jesus Piccolo 4 anni e 6 mesi; Gjergj Preci 8 anni e 6 mesi; Giuseppe Puliafito 8 anni e un mese; Sebastiano Puliafito 15 anni e 4 mesi; Carmelo Quattrocchi 4 anni; Antonino Recupero 10 anni; Giuseppe Scalia 12 anni e 2 mesi; Carmelo Tindaro Scordino 3 anni e 4 mesi; Santo Tindaro Scordino 4 anni e 4 mesi; Antonino Signorello 6 anni e 8 mesi; Sergio Spada 4 anni e 4 mesi;  Andrea Villini 8 anni e 4 mesi. Quattro furono le conferme delle condanne di primo grado, decise per Giovanni Crinò, Bernardo Mendolia, Lucia Bilardo e Lorenzo Mazzù.

Diversi i legali impegnati nei vari gradi di questo complesso maxiprocesso, gli avvocati Tino Celi, Sebastiano Campanella, Alessandro Trovato, Salvatore Silvestro, Antonio Spiccia, Tommaso Calderone, Giuseppe Lo Presti, Filippo Barbera, Tommaso Autru Ryolo, Rita Pandolfino, Guido Contestabile, Diego Lanza, Gaetano Pino, Salvatore Leotta, Franco Bertolone, Armando Veneto e Pinuccio Calabrò.

L’indagine

La “Dinastia” dei carabinieri del Ros focalizzò gli aggiornamenti delle organizzazioni tirreniche sotto il controllo di Cosa nostra barcellonese, tra i “rampolli” dei vecchi capi tutti al 41 bis dopo le varie operazioni “Gotha”, e qualche vecchia conoscenza che era fuori dal carcere. Attività criminali spesso “tramandate” da padre in figlio, da zio a nipote, tra droga, social e slot, con la generazione dei ventenni che aveva il comando del narcotraffico nell’area tirrenica della provincia di Messina e alle Eolie, rifornendo altri gruppi criminali satelliti. Con la droga che arrivava da Catania e dalla Calabria. Uno smercio in grande stile, utilizzando i social network e un codice per evitare di finire intercettati.

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