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L'eroina caramellata e la mafia etnea: i retroscena degli omicidi sull'altare del cimitero di Barcellona

L’agghiacciante e feroce esecuzione a Barcellona nel gennaio del 1992: la macabra sentenza di morte di due giovani, Antonino Accetta e Giuseppe Pirri

Alla plateale esecuzione ordinata dalla famiglia mafiosa, compiuta nella notte tra il 20 e 21 gennaio del 1992 all’interno del cimitero di Barcellona Pozzo di Gotto, dove fu eseguita una sorta di macabra sentenza di morte ai danni di due giovani, Antonino Accetta e Giuseppe Pirri, avrebbe partecipato anche il contabile della mafia, Giuseppe Isgrò. Che nel giugno scorso ha ottenuto la scarcerazione per aver finito di scontare la pena definitiva inflitta per mafia ed estorsioni ai danni di imprenditori, nell’ambito delle operazioni Gotha.
Le vittime designate furono legate e fatte inginocchiare, per poi essere uccise dinanzi all’altare situato lungo il viale centrale del cimitero. Il duplice delitto scosse la città, al punto che per la prima volta fu organizzata una fiaccolata rappresentò il più grave sacrilegio che la famiglia mafiosa dei “Barcellonesi” abbia potuto riservato ad un luogo considerato sacro.
I cadaveri dei due giovani, Antonino Accetta, 24 anni, e Giuseppe Pirri, 30 anni, furono scoperti all’indomani, riversi davanti all’altare del cimitero nella mattinata del 21 gennaio del 1992. Per questo delitto, i cui mandanti sarebbero i boss Giuseppe Gullotti e Salvatore Di Salvo detto “Sem”, gli autori materiali Carmelo D'Amico e Giuseppe Isgrò, avrebbero agito con altre persone, alcune delle quali decedute.

I due giovani uccisi sarebbero stati legati ai tre presunti complici Filippo Lo Presti Alesci, Rosario Chillemi, entrambi ventenni, di Barcellona, e Salvatore Mirabile, 37 anni, di Bafia di Castroreale, di cui fu denunciata la scomparsa la sera del 17 marzo del 1992. I tre sarebbero stati eliminati in una villetta di Belpasso in accordo con uomini del clan di Nitto Santapaola e fatti sparire forse nel rogo alimentato da una catasta di pneumatici, sull’auto con la quale erano stati rapiti.

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