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Barcellona, i 30 anni di buio sull'omicidio Longo: i nuovi scenari della mafia del Longano

Al “figlioccio” del boss Gullotti, il 50enne Stefano Genovese, viene contestato in concorso l’omicidio di Francesco Longo, ucciso la sera del 28 dicembre 1992

Stefano “Stefanino” Genovese

C’è anche il “figlioccio” del boss Giuseppe Gullotti, Stefano Genovese che compirà 50 anni il prossimo primo febbraio tra i destinatari della misura cautelare. A Genovese, da sempre considerato un sicario a servizio della mafia, si contesta, in concorso con il collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico, l’omicidio di Francesco Longo, ucciso la sera del 28 dicembre 1992 in via Parini.
Gli esecutori materiali hanno utilizzato una pistola calibro 7.65 dalla quale hanno esploso quattro colpi e una pistola calibro 9 dalla quale sono stati esplosi tre colpi.
Si tratta di uno degli omicidi che per oltre 30 anni è rimasto senza colpevoli e del quale all'inizio delle indagini non fu scoperta la motivazione del delitto.

Solo adesso, grazie ai collaboratori di giustizia, si apprende che la vittima sarebbe stata vicina al clan del defunto Pino Chiofalo e ciò sarebbe stata la motivazione alla base della sua eliminazione. Fu lo stesso D’Amico a consegnare sull'auto di Di Salvo la pistola a Stefano Genovese che sta già finendo di scontare la condanna per l'omicidio del suo fraterno amico, l'autotrasportatore Carmelo Martino Rizzo, assassinato all'interno della cabina del suo autoarticolato, poco prima dell'alba del 4 maggio del lontano 1999, a Lauria, in una piazzola di sosta del tratto lucano dell'A 3 Salerno - Reggio Calabria.

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