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Omicidio Alfano a Barcellona, 31 anni dopo: “La lotta per la verità va avanti”

Nel 1993 la morte del giornalista per mano dei mafiosi. La famiglia sottolinea che l’impegno per individuare tutti i responsabili non si ferma. La figlia Sonia ringrazia tutti gli altri parenti delle vittime di Costa Nostra: «La vostra presenza è segno tangibile di una comunità che continua a credere in un presente di legalità e giustizia»

A 31 anni dalla tragica sera dell'8 gennaio 1993, resta ancora aperto il caso dell'uccisione del giornalista Beppe Alfano, eliminato con tre colpi di pistola per ordine della mafia barcellonese.
La famiglia Alfano, Sonia, con i fratelli Francesco e Fulvio, assieme alla madre Mimma Barbaro, ha assicurato – nonostante l'ultima archiviazione dell'inchiesta ter – che continuerà la lotta per la verità sul delitto e sui depistaggi. Ieri è stata una intensa giornata, preceduta dalla deposizione di una corona di alloro sul luogo del delitto, alla quale, oltre ai rappresentanti delle Forze di polizia e al procuratore della Repubblica Giuseppe Verzera, hanno partecipato anche studenti del Liceo Medi e dell'Istituto Copernico, e di un Comprensivo. Nel pomeriggio la messa in suffragio è stata celebrata per scelta della famiglia Alfano nel Duomo di Pozzo di Gotto da don Santino Colosi e vi hanno preso parte la prefetta Cosima Di Stani, la questora Gabriella Ioppolo, il comandante provinciale dei carabinieri Marco Carletti e della GdF, Gerardo Mastrodomenico, assieme alla vedova, i figli e nipoti. Subito dopo, nella ex chiesa di S. Vito, Sonia, insieme al legale della famiglia, Fabio Repici, all'ex senatore Beppe Lumia e all'ex deputato Fabio Granata, in un dibattito moderato dal giornalista e scrittore Nuccio Anselmo, i relatori hanno ricostruito gli ambienti in cui, nei 31 anni trascorsi, si sono svolte le inchieste.

L'incontro di ieri

Passati al setaccio gli errori e i depistaggi e le interferenze incentivate dalla mafia locale e da rappresentanti istituzionali di cui si sospetta l'infedeltà. In apertura, il giornalista Nuccio Anselmo, ha parlato della «curva della parabola mafiosa che ha ucciso i cronisti. Una strage iniziata il 5 maggio 1960 con Cosimo Cristina, corrispondente dell’Ora e finita con 8 uccisioni. Le morti avvenute in Sicilia sono dei casi unici in Europa. L'aggressione alla nostra categoria si chiude nel 1993 con Beppe Alfano». E oggi «non siamo certi né della causa del delitto e tanto meno di chi ha ucciso Beppe Alfano. Non si tratta di mie fantasie – ha aggiunto Anselmo – basta ascoltare quanto dichiarato da Antonino Merlino l’ultima volta che è stato interrogato dalla Dda in una delle tante riaperture dell’inchiesta sull’omicidio Alfano». Il procedimento “Alfano ter” venne aperto per la prima volta nel 2003 dopo le dichiarazioni che Sonia fece alla Gazzetta. I magistrati della Dda di Messina si sono recati in carcere per ascoltare Merlino che ha risposto così: «Ringrazio per la vostra presenza. A livello umano voglio solo dire che sono un carcerato innocente ma sul resto come ho anticipato e come consentito dalle norme vigenti chiedo di non rispondere. Per favore non mettetemi in difficoltà». Valutate voi – osserva Anselmo – se questa frase, contenuta nel verbale di interrogatorio reso da Antonino Merlino, condannato in via definitiva, possa essere la frase di uno che è colpevole per aver ucciso Beppe Alfano. Merlino, intanto, sarà scarcerato per fine pena il prossimo anno.

Il compianto giornalista

Subito dopo è intervenuta Sonia Alfano, che dopo quasi 10 anni è tornata a Barcellona per riprendere la battaglia iniziato molta anni fa. «In questa giornata – ha detto – ho ricevuto conferma della risonanza della mia presenza qui, evidenziata da un certo chiacchiericcio. Questa commemorazione sembra un po' insolita, forse perché la città si era abituata alla nostra assenza, ponderata e voluta. Desidero esprimere la mia gratitudine al sindaco Calabrò per il suo affetto sincero e all'assessora Viviana Dottore, che ha promosso l'incontro con le scuole. L'incontro con gli studenti è stato un momento significativo, un dialogo improvvisato ma prezioso. Un ringraziamento particolare all'assessore Benvegna e all'on. Pino Galluzzo, che ha inviato un messaggio riguardante un provvedimento di grande importanza in votazione che coinvolgerà gli studenti di Barcellona. «Oggi, mentre si commemora un uomo coraggioso come tuo padre – scrive Galluzzo – mi dispiace non poter partecipare a causa della votazione della finanziaria. Ho presentato un emendamento per istituire un fondo sulla legalità nella pubblica istruzione a Barcellona. Spero vivamente che venga approvato, e ho già ricevuto l'apprezzamento dell'assessora Dottore e del sindaco Calabrò». Sonia Alfano ha risposto: «Ringrazio tutti voi per non avermi abbandonato nella ricerca della verità. Ho fatto questo gesto simbolico per onorare la memoria di Beppe Alfano e dare speranza alle generazioni future. Desidero esprimere la mia gratitudine a coloro che sono qui oggi e che, come me, hanno perso cari nella lotta alla mafia. Monica Iannì, Piero Campagna e Luana Ilardo, sono esempi di coraggio e impegno nella preservazione della memoria dei loro cari, che hanno sacrificato la vita per la giustizia, la loro presenza è un segno tangibile di una comunità che continua a credere in un presente di legalità e giustizia». L'avv. Fabio Repici ha sottolineato che quest’anno l'anniversario dell'omicidio si celebra in una situazione senza precedenti: «Nessun fascicolo è stato aperto, né in fase di indagini né in fase processuale. Un'opportunità per riflettere sui fatti e il ruolo di Barcellona, specie nella transizione tra la prima e la seconda repubblica. Un punto chiave – afferma il legale – è la recente condanna definitiva di Rosario Cattafi, figura di spicco della mafia barcellonese. Al momento dell'omicidio, Cattafi era un autorevole mediatore tra la famiglia barcellonese di Cosa Nostra e le altre province, oltre a mantenere collegamenti con apparati istituzionali, forze politiche, e servizi segreti. Nel periodo di passaggio tra le due repubbliche, grazie a Cattafi, la mafia barcellonese aveva la possibilità di interagire con diverse entità, comprese forze politiche, di polizia, magistratura e imprenditoria. La sua presenza faceva da ponte tra Cosa Nostra e gli aspetti chiave della società dell'epoca. Nonostante teorie stravaganti che chiedono un ulteriore grado di giudizio per Cattafi, è fondamentale trattare la questione con serietà istituzionale. È fondamentale trattare la questione con serietà istituzionale. L'applicazione coerente della legge è un principio fondamentale che non dovrebbe subire eccezioni. Il boss Giuseppe Gullotti, strettamente legato a Cattafi, è stato condannato come organizzatore dell'omicidio, mentre Antonino Merlino è stato identificato come il killer. Le prove contro Gullotti sono abbondanti, tra cui comportamenti che agiscono a suo sfavore. Quanto all'identità del killer – riflette Repici – poiché ci troviamo in un'analisi storica e non in un'aula di giustizia, la mancanza di individuazione dell'arma è degna di nota. Un'ombra di mistero persiste e suscita domande sulla completa comprensione degli eventi». A tratteggiare i contesti storici, sono stati l'ex senatore Beppe Lumia e l'ex deputato regionale Fabio Granata, che hanno presieduto le rispettive Commissioni antimafia, nazionale e regionale, facendo un parallelismo con le vicende nazionali, essendo il delitto Alfano un caso nazionale irrisolto che tocca anche apparati deviati dello Stato.

 

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