«Era emersa la natura ambigua del rapporto...». È cominciata così questa bruttissima storia che ha portato in carcere il prof 35enne dell’Istituto superiore Jaci Giulio Chiofalo per gli incontri sessuali con i suoi alunni. È cominciata quando la madre di uno dei ragazzi, che oggi ha 17 anni, allarmata dalla disponibilità finanziaria del figlio e dai bonifici e regali costosi che il docente faceva con costanza al ragazzo, perfino un motorino e una playstation, il 20 ottobre s’è presentata dai carabinieri a raccontare tutto. Non lo dimenticherà mai, quel giorno, quella madre attenta e coraggiosa. Da lì, da quelle prime parole, testimonianza dopo testimonianza, è emerso un quadro sconcertante che la gip Tiziana Leanza racconta per filo e per segno nella sua ordinanza di custodia cautelare. Oggi il docente sarà sentito dalla giudice per l’interrogatorio di garanzia.
Per tre mesi interi i carabinieri della Sezione di Pg e il pm Roberto Conte, e poi anche la Procura dei minori, sono stati impegnati quasi ogni giorno a sentire diversi alunni. Ed è stata come una ragnatela di molestie e rapporti sessuali che piano piano s’è allargata a dismisura, fino a ricomprendere altre vittime e altre scuole, dove il professore aveva insegnato prima dello “Jaci”, in particolare al liceo scientifico Archimede. E di adescamenti continui perfino con l’utilizzo da parte del 35enne di un profilo fake di una donna su Instagram, per attirare i ragazzi.
Nell’ordinanza di custodia oltre al caso del ragazzo dello “Jaci”, che aveva 16 anni al momento dei fatti, che il docente faceva addirittura accomodare sistematicamente vicino a lui, alla cattedra, per palpeggiarlo, sono contestati altri casi specifici del 2022 con altre due vittime: la prima aveva 15 anni e la seconda solo 13 anni al momento del fatto.
Andando avanti con le indagini il 25 ottobre è arrivato poi il giorno dell’interrogatorio del docente, che ha tentato una difesa - «alcune foto i ragazzi me le hanno mandate spontaneamente» -, e ha tentato anche d’insinuare tra gli inquirenti una presunta storia d’estorsione ai suoi danni, alla quale però la gip Tiziana Leanza dice chiaramente di non credere («... vale a smentire l’assunto difensivo per cui il Chiofalo sarebbe stato vittima, suo malgrado, di condotte estorsive da parte del...»).
Pochi giorni dopo l’interrogatorio del professore è stato sentito l’alunno, ed è emersa «... una diversa ricostruzione della vicenda... era stato il Chiofalo a chiedergli, inizialmente, l’invio di foto e video delle sue parti intime in cambio di denaro, e successivamente, a pretendere, dietro corrispettivo, il compimento di atti sessuali consistenti in palpeggiamenti, avvenuti anche all’interno della scuola, e rapporti orali...». Gli screenshot dei messaggi su Whatsapp acquisiti dai carabinieri non lasciano dubbi secondo la gip Leanza, in uno il docente scrive per esempio “Facciamo 200 tondi”.
Ecco ancora il racconto dei ragazzi sentiti durante le indagini, descritto nella sua ordinanza dalla giudice Leanza: «... aggiungeva di essere a conoscenza che altri due compagni di classe, ... erano stati contattati sempre tramite whatsapp dal Chiofalo che in alcune occasioni aveva chiesto loro di incontrarsi al fine di consumare dei rapporti sessuali di gruppo con delle ragazze e che un altro studente, ..., era stato “importunato” dal docente che gli aveva inviato la foto di una ragazza nuda chiedendo in cambio una sua foto intima, al che il ..., sospettando che l’autore dell'invio del messaggio fosse il professore, aveva provato durante la lezione di inglese a contattare il titolare del profilo Telegram e in tale occasione era squillato proprio il telefono cellulare del Chiofalo. Menzionava, infine, proprio ..., che sapeva aver ricevuto dal Chiofalo cinquecento euro tramite bonifico bancario». C’è infatti un altro ragazzo - hanno accertato i carabinieri -, al quale il docente ha concesso parecchio denaro. È stato ascoltato anche lui e ha confermato tutto.
Nell’ordinanza di custodia è raccontato anche il caso di un allarme della struttura di controllo scolastica, forse sottovalutato, lanciato a gennaio del 2023. Ed è quando i carabinieri sentono come “persona informata dei fatti” una operatrice del Centro “Coperta di Linus”: «... al fine di un più completo inquadramento della vicenda - scrive la gip Leanza -, veniva sentita ..., collaboratrice del Centro “Coperta di Linus”, che il ... (lo studente dello “Jaci” vittima degli abusi sessuali, n.d.r.) aveva indicato come colei che per prima lo aveva messo in guardia dal Chiofalo (“... ricordo in particolare che la signora mi ha convocato nel suo ufficio dicendomi che il professore Chiofalo era conosciuto e che era un pedofilo. Mi ha altresì detto che aveva adescato un ragazzino di tredici anni il quale dopo avrebbe tentato il suicidio per questa situazione”). La donna riferiva che nel mese di gennaio 2023 un operatore della comunità aveva notato un messaggio di un uomo sul telefono di ... (è sempre lo studente dello “Jaci” vittima degli abusi sessuali, n.d.r.), al che il minore gli aveva riferito che l’autore del predetto messaggio era il suo professore d’inglese, ragion per cui l’operatrice della comunità ... si era recata presso l’Istituto Jaci al fine di rappresentare l’accaduto al dirigente scolastico. Rappresentava, infine, di aver appreso dalla collega ... che un minore frequentante l’Istituto Archimede che analoghe condotte erano state tenute dal Chiofalo nei confronti di uno studente del liceo Archimede dove l’indagato aveva prestato servizio fino al 2021».
Ecco infine cosa scrive la gip Leanza quando valuta le esigenze cautelari e la personalità dell’indagato.
Il primo punto: «... nel caso in esame nessuna seria perplessità può formularsi in ordine alla piena attendibilità delle emergenze sopra esaminate, atteso che le diverse rappresentazioni operate dai minori sentiti in sede d’indagine - e in primis quelle di ... -, appaiono meritevoli di elevatissimo credito in quanto qualificate da coerenza interna, puntualità e logicità. Del tutto priva di verosimiglianza si atteggia, per contro, l’ipotesi che intenda ricondurre il compendio in atti a un intento calunniatorio maturato ai danni dell’indagato, anzi, a cagione dell’indiscutibile autonomia che connota le diverse fonti di accusa, proprio la piena convergenza contenutistica che qualifica il narrato del quale tutti i ragazzi sentiti si sono resi latori (laddove, in particolare, costoro hanno dato contezza con disarmante comunanza di toni dell’insinuante modus procedendi del Chiofalo), costituisce ulteriore riscontro in ordine alla fondatetezza del giudizio appena formulato il quale, trova, peraltro, ultronea riprova nell’inequivoco contenuto dei messaggi inviati dal professore al suo studente, che vale a smentire l’assunto difensivo per cui il Chiofalo sarebbe stato vittima, suo malgrado, di condotte estorsive da parte del ...».
Il secondo punto: «... il Chiofalo non ha, infatti, esitato ad indirizzare le proprie morbose attenzioni nei riguardi non solo del ..., ma di un elevato numero di soggetti minorenni, cui era, peraltro, legato da un rapporto di affidamento e cura, essendo il loro professore di scuola. Così facendo ha dato contezza del fatto di essere soggetto totalmente incapace di tenere a freno le proprie pulsioni sessuali, peraltro connotate da inquietanti profili di perversione. In altri termini, l’acclarata ripetitività delle condotte impongono di qualificare l'indagato come un soggetto particolarmente pericoloso, attesa l’allarmante pervicacia denotata nel ricercare e blandire le sue vittime».
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