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Le presunte tangenti a MessinAmbiente. L’accusa chiede quattro condanne

Coinvolti l’ex contabile, un broker e due imprenditori. L’indagine del 2015 sulla partecipata del Comune per la gestione dei rifiuti

L’inchiesta sulle presunte tangenti a MessinAmbiente deflagrò addirittura nell’ormai lontano novembre del 2015, ovvero otto anni fa. Nel frattempo il processo è stato come inghiottito nei meandri giudiziari, e solo ieri pomeriggio s’è celebrata la penultima puntata, con le richieste di condanna della Procura e l’avvio della arringhe difensive. Il giorno della sentenza, già fissato, sarà invece il 5 dicembre prossimo. E già una parte dei reati è prescritta, rimangono in piedi solo le ipotesi di corruzione.
Si tratta dell’ultima inchiesta che in ordine di tempo s’è occupata di MessinAmbiente, il “pozzo senza fondo” di parecchie amministrazioni comunali che s’è occupata di gestione dei rifiuti per quasi un ventennio.
Il processo è in corso davanti alla seconda sezione penale del tribunale presieduto dalla giudice Maria Eugenia Grimaldi. Riguardava in prima battuta anche Armando Di Maria, l’ex commissario liquidatore dell’azienda, che nel frattempo è deceduto, e riguarda ora l’ex responsabile amministrativo Antonino Inferrera, gli imprenditori Marcello De Vincenzo e Francesco Gentiluomo, e infine il broker assicurativo di Milazzo Antonino Buttino.
Gli imputati sono stati assistiti nell’intera vicenda, sin dalla prima fase, dagli avvocati Giuseppe Carrabba, Tommaso Calderone, Fabio Repici, Tommaso Autru Ryolo, Giuseppe Di Pietro, Giuseppe Forganni e Danilo Di Salvo.
Ieri nel giorno dell’accusa è stata la pm Giulia Falchi a rassegnare le conclusioni per conto della Procura. Ed ha chiesto ai giudici di condannare Inferrera a 5 anni di reclusione, e poi De Vincenzo, Gentiluomo e Buttino a 4 anni. Ha poi preso atto della prescrizione, chiedendo che venga declarata in sentenza, per le ipotesi di truffa e abuso d’ufficio. Da quest’inchiesta congiunta polizia-carabinieri ormai troppo datata, su MessinAmbiente venne fuori uno spaccato parecchio inquietante. La Procura contestò tra l’altro la costante violazione della normativa prevista dal Codice degli appalti sull’acquisizione di servizi e forniture da parte di enti e società pubbliche. E mentre si sperperava il denaro pubblico i bilanci si chiudevano sistematicamente in “rosso”.
Secondo la Procura, che all’epoca approfondì un esposto inviato dal sindaco Renato Accorinti, i vertici di MessinAmbiente nel periodo di gestione, fino al marzo del 2014, avrebbero violato sistematicamente la normativa prevista dal Codice degli appalti per l’acquisto di forniture e servizi da parte di enti e società pubbliche, senza mai espletare alcuna gara.
«Una spaventosa macchina mangiasoldi», la definì in conferenza stampa a suo tempo il procuratore capo Guido Lo Forte. Di Maria e Inferrera avrebbero affidato a De Vincenzo la manutenzione dei cassonetti, procurandogli un guadagno di 2 milioni e 600 mila euro. A Gentiluomo sarebbe stato invece assicurato un guadagno di un milione di euro per la manutenzione dei veicoli. Infine, i due avrebbero affidato a Buttino i servizi assicurativi, per circa 350mila euro, con una commissione del 15%. In cambio i tre imprenditori avrebbero fatturato finte consulenze a Inferrera.

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